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IL WARPFRAME PER L'OTTIMIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE VIDEO

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Il termine warpframeè formato dalle parole warp (ordito) e frame (struttura o anche fotogramma) e si riferisce a tutte quelle tecniche comunicative visive e concettuali che agiscono a livello profondo nella stesura di una narrazione video e che ne sostengono la vicenda.

Infatti, proprio come in un telaio, per realizzare un tessuto, occorrono i fili dell'ordito a cui si intrecciano quelli della trama, così anche nella realizzazione di un video di advertising che voglia suscitare una risposta affettiva o emozionale, ottenere dal pubblico il comportamento che si intende indurre, insinuare nella mente del destinatario determinati desideri e influenzare scelte e comportamenti, suggerendo all'inconscio del ricevente relazioni indotte, bisogna tenere conto delle strutture narrative e percettive profonde.

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Il warpframe, tecnica del semiomarketing per ottimizzare la business communication video, è composto da dieci voci che possono essere tenute in considerazione PRIMA di iniziare a produrre lo storyboard o scrivere la sceneggiatura (che non sono che le espressione più visibili e superficiali derivate da un buon lavoro di warpframe).

Questi gli elementi che compongono la griglia:
  • identità (determina il ruolo che l'emittente intende assumere nel flusso comunicativo nei riguardi del destinatario)
  • relazione (stabilisce che tipo di rapporto è utile instaurare tra emittente e destinatario per raggiungere lo scopo previsto dal video)
  • stile (declina la comunicazione nello stile necessario a far percepire l'identità e la relazione decise)
  • segni (indica quali simboli, icone o indici è necessario inserire per il conseguimento dello scopo)
  • codici (indica quali codici mimetici, prossemici, cinesici o di altra natura è necessario inserire per il conseguimento dello scopo del video)
  • figure (inserisce le figure retoriche visive più adatte alla vicenda narrata per stimolare un feedback positivo)
  • radici (sono i modelli archetipici che devono essere inseriti in ogni narrazione visiva per renderla più efficace e che si rifanno all'inconscio collettivo)
  • ruoli (si tratta dei modelli attanziali che occorre usare per strutturare la narrazione in modo coinvolgente per il pubblico)
  • equilibri (sono forze che imprimono dinamismo alla vicenda attraverso la costruzione di equilibri fra i vari attanti e che comportano elementi di contraddizione, di contrarietà e di complementarietà che agiscono tra di essi)
  • sub-limen (Si tratta di tutti quei messaggi reconditi visivi e testuali, formati da inferenze, denotazioni e connotazioni, impliciti, presupposizioni che influiscono profondamente nella percezione del video da parte del pubblico)
Ecco quindi che per realizzare un modello di businnes communication video, specialmente nell'advertising digitale su web non bastano le soluzioni tecnologiche sia pur avanzate o gli effetti speciali. Occorre innanzitutto riuscire a giungere oltre la griglia percettiva del target insinuandosi tra le sue maglie in modo profondo e determinante.

Come al solito trovate più info sul semiomarketing su http://semiomarketing.blogspot.com/

ITALO CALVINO E LA COMUNICAZIONE DELLO SCOIATTOLO

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Italo Calvino fu definito da Pavese “lo scoiattolo della penna” a causa delle sue doti di agilità, facilità e scioltezza di stile.

Come è noto, Calvino aveva individuato le qualità del bravo scrittore nella Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità. 




La Leggerezza consiste nello scrivere con vivacità, costruendo un universo letterario diverso da quello reale, percepito come “lento e pesante”.

La Rapidità, è tale per cui il racconto, attraverso il ritmo, deve diventare “un incantesimo”, che agisce sulla percezione del tempo, contraendolo o dilatandolo a piacere, in modo tale da suscitare nel destinatario il desiderio di ascoltare il seguito.

L’Esattezza, che si ottiene attraverso il disegno ben definito dell’opera e l’uso di un lessico preciso e cristallino deve trasmettere chiaramente l’idea che lo scrittore vuole comunicare.

La Visibilitàè la capacità di rendere visivamente le proprie emozioni, evocando tali immagini nella mente dell’interlocutore.

Infine vi è la Molteplicità, ovvero la produzione di un artefatto comunicativo che nasce da una visione plurima del mondo, con la capacità di tessere insieme, in una trama ordinata, i diversi segni e codici.



Ogni buon comunicatore deve agire proprio come lo scoiattolo che si arrampica rapido e leggero tra i rami del grande albero della comunicazione, saltando con esattezza da ramo a ramo, visualizzando nella sua mente le immagini delle nocciole/messaggi di cui la pianta è ricca e imparando dall'osservazione del bosco a riconoscere i frutti/segni“commestibili” da quelli che non deve usare.



Quindi qualunque forma espressiva e comunicativa, non può che migliorare prendendo spunto da tali indicazioni: un qualunque testo (linguistico, grafico, video) sarà più godibile se apparirà allo spettatore leggero e vivace, rapido e tale da non annoiarlo, esatto, quindi capace di comunicare efficacemente l’intenzionalità dell’Emittente; visibile, ovvero in grado di evocare i concetti con immagini nella mente del Destinatario e infine molteplice, cioè nato dalla conoscenza e dall’uso consapevole dei vari segni e codici più adatti e quindi comunicativamente efficace.

IL CAFFÈ DI NOTTE DI VAN GOGH E I SIMBOLI NELL'ARTE

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I capolavori dell'arte possiedono significati che si nascondono fra colori, forme, oggetti, segni.

La nostra webserie, "I simboli nell'arte" rivela la trama misteriosa che si dipana nelle più famose opere, raccontando in modo semplice e veloce i messaggi che i grandi artisti di tutti i tempi ci hanno inviato, celati tra le immagini dei dipinti.

Il primo capolavoro di cui scopriamo i significati nascosti nella sua simbologia è "Il caffè di notte" di Vincent Van Gogh.

L'opera, con i suoi contrasti cromatici, la scelta di tonalità cupe, i codici gestualie mimetici dei personaggi, i codici prossemici, che dispongono gli oggetti e le persone in un determinato ordine, quasi che gli esseri umani siano prigionieri tra mobili e pareti, è allegoria di decadenza, angoscia e oppressione.


Il caffè è popolato da icone di bohémien, barboni addormentati o in procinto di esserlo, prostitute, emarginati istupiditi dall'alcol, metafora e sineddoche di un'umanità disfatta, perduta, decaduta a uno stato di abbrutimento.

La sedia vuota in primo piano, una similitudine con quella dipinta da Van Gogh nello stesso periodo, è il simbolo dell'assenza.


Lo specchio a destra, torbido, offuscato, in perfetta antitesi con la vivacità degli specchi impressionisti come Il bar delle Folies-Bergère di Édouard Manet, è simbolo dell' incapacità di vivere il presente e immaginare il futuro.

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L'orologio in alto denota la tarda ora notturna, evoca il concetto dei memento mori, ed è simbolo del tempo non sfruttato per costruire, ma perduto inutilmente.


Le bottiglie di alcolici, sul bancone in fondo, simbolo del vizio del bere, sono il punto di inizio della fine, rappresentata magistralmente dalle diagonali discendenti che da qui dipartono, scivolando sul tavolo da biliardo, per perdersi sul pavimento e poi nel nulla, ove simbolicamente tale comportamento umano conduce.


Il caffè di notte diviene metafora di un mattatoio con i suoi colori cupi e opprimenti, tra  il rosa tenero e il rosso sangue e feccia di vino, tra il verdino Luigi XV e il Veronese, con i verdi gialli e i blu intensi, tutto ciò in un’atmosfera di una fornace infernale di zolfo pallido, simbolo della potenza tenebrosa come un girone dantesco che attanaglia questi scampoli di umanità.

Ecco di seguito la prima puntata della webserie "I simboli nell'arte"


IL RE SALAMONE DI ESSELUNGA E LE CATEGORIE TOPOLOGICHE

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Nell'esaminare semioticamente un testo visivo, o nel comporne uno, occorre tenere presente una serie di categorie visive atte a facilitare il compito di analisi della significazione, attraverso l’uso dei segni figurativi e plastici presenti o pensati nel testo medesimo.

Fra le categorie visive di un testo figurativo e plastico abbiamo le categorie topologiche che,
partendo dal presupposto che lo spazio in un'immagine possiede un suo ordine di lettura, indica i due possibili percorsi che gli occhi fanno, di fronte a una immagine.



- sequenziale, per il quale l’occhio tende a seguire un percorso a Z. È usato quando l’autore intende guidare lo sguardo del suo destinatario attraverso una serie di elementi per far sì che il messaggio arrivi dopo aver, per così dire sommato, un certo numero di concetti visivi.

Nel caso di questa pubblicità di Dolce & Gabbana, per scoprire tutti i suoi elementi, l'occhio è costretto a seguire un percorso a Z
- assiale, quando l’oggetto di interesse visivo è collocato al centro di una composizione di colore neutro. Questa è la soluzione ottimale quando si vuole concentrare immediatamente l’attenzione su un unico concetto basilare.

La prosopopea proposta da Esselunga usa, come categoria topologica, un percorso assiale
Nel caso delle storiche pubblicità di Esselunga, dove ritroviamo le prosopopee dei vari personaggi, il percorso è assiale, con lo schema simile alla bandiera giapponese (centro colorato con sfondo di colore omogeneo).

La bandiera giapponese, uno degli esempi più ricorrenti per spigare il percorso assiale
La pubblicità in genere tende a utilizzare utilizzare il percorso assiale quando vuole concentrare l'attenzione degli utenti su un unico concetto, ma se si vuole costruire un artefatto comunicativo polisemantico, è quasi sempre meglio preferire un percorso sequenziale.

LA SCUOLA DI ATENE E LA CELEBRE ANTITESI DI RAFFAELLO

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Cinquantotto personaggi, la maggior parte filosofi, sullo sfondo di un'architettura tardo-antica, discutono a gruppi su vari argomenti.

Il celebre affresco di Raffaello, collocato nelle Stanze Vaticane, si basa su un'antitesi tra il pensiero aristotelico e quello platonico che trova il suo equilibrio, concetto evidenziato dai codici prossemici.

Infatti i due filosofi si trovano al centro della composizione, a volere indicare che la verità abbia caratteristiche sintetiche, di conciliazione tra quelle intuite dall'uno e dall'altro.

Le figure antitetiche di Platone e Aristotele nel capolavoro di Raffaello
Platone, raffigurato con il volto di Leonardo da Vinci, regge il Timeo e solleva il dito verso l'alto alludendo che, l'oggetto della ricerca filosofica è l'idea di bene, secondo un processo che va dalla percezione delle cose sensibili a un pensiero intorno "ciò le cose sono in verità", oltre le apparenze.

Il suo processo cognitivo è ascensionale, mistico e va dalle forme al contenuto.

Aristotele, invece, con il volto di Bastiano da Sangallo regge l'Etica Nicomachea e stende il braccio destro tenendolo sospeso a mezz'aria, per indicare il processo opposto e complementare a quello indicato da Platone, ovvero il ritorno dal mondo del pensiero al mondo sensibile, in modo da trasformare la realtà e farla divenire il più possibile vicina all'idea di bene.



Il suo processo di pensiero è quindi quello discendente, politico, che va dal contenuto alle forme, per trasformarle.

Pitagora è seduto più avanti, in primo piano, mentre legge un grosso libro e Telauge gli regge una tavoletta in cui si leggono segni simbolici delle concordanze musicali, ovvero la suddivisione pitagorica dell'ottava musicale e la forma simbolica della tetraktýs, cioè la successione aritmetica dei primi quattro numeri positivi che geometricamente si poteva disporre nella forma di un triangolo equilatero, in modo da formare una piramide, che simboleggia l'unità, l'armonia e quindi la perfezione.

Pitagora in primo piano nella complessa rappresentazione
Il personaggio sulla sinistra, di fianco a Parmenide, dai tratti efebici, vestito di bianco e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore è icona dell'efebo greco e simbolo della bellezza/bontà, della Kalokagathia.

Al centro sta sdraiato sui gradini Diogene, riconoscibile dai codici gestuali, mimetici e dell'abbigliamento, ovvero l'abito lacero, l'atteggiamento di ostentato disprezzo del decoro e la ciotola.

Diogene, riconoscibile dai codici gestuali, mimetici e dell'abbigliamento
La presenza di Raffaello tra i filosofi è simbolo del godimento supremo del bene e del vero mediante il bello e l'implicazione che l'arte è alta filosofia, come esplicazione delle armonie numeriche del bello visibile.

Armonie che costituiscono in ultima analisi la struttura dell'essere.

Le raffigurazioni di Michelangelo, nell'interpretazione di Eraclito, Leonardo da Vinci come Platone e Bramante come Euclide, alludono all'elevazione del "mestiere" degli artisti tra le Arti Liberali, secondo lo spirito pienamente rinascimentale.

L'opera è allegoria del quadro completo della storia del pensiero antico, dalle sue origini, incorniciata dalle prosopopee in primo piano: a sinistra la Grammatica, l'Aritmetica e la Musica; a destra Geometria e Astronomia e in cima alla scalinata Retorica e Dialettica.

L'analisi completa dell'opera nel video su Ars Europa Channel.

PIRANDELLO E LA SIMBOLOGIA DE I SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE

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Si tratta del più famoso dramma dell'artista siciliano.

I sei personaggi sono simulacri di ruoli attanziali,  prosopopee degli attanti, rappresentazioni iconiche di determinati comportamenti, identità, atteggiamenti.

Abbiamo quindi i sei ruoli della madre, del Padre, della Figliastra, del Figlio, del Giovinetto, della Bambina e infine addirittura un settimo ruolo, quello di Madama Pace, direttrice di un atelier e maitresse di appuntamenti clandestini.

Madama Pace è iperbole della volgarità, della ruffianeria, della sordida ipocrisia e dello sfruttamento e pervertimento dell'innocenza.

Madama Pace, iperbole della volgare e sordida ipocrisia con la Figliastra, simbolo di innocenza perduta


Il Padre è simbolo dell'ipocrisia borghese

La Madre lo è della condizione femminile di soggezione dovuta alla vedovanza e ai problemi economici.

Il Figlio è simbolo della rabbia, dell'impotenza e della frustazione.

La Figliastra è simbolo di innocenza perduta e di perversione acquisita dalle tristi esperienze.

Il Giovinetto lo è dell'alienazione e della disperazione

La Bambina è icona della vittima innocente e simbolo della purezza che viene perduta nell'indifferenza.
La Figliastra, archetipo del Martire, con la Bambina, archetipo dell'Orfano

I sei personaggi ricoprono ruoli archetipici:

Il Padre è il ruolo del Viandante, che segue solo le sue regole e le sue convinzioni, senza curarsi delle conseguenze che le proprie scelte hanno sugli altri.

La Madre è il ruolo dell'Orfano che ha perduto il nuovo amore che aveva trovato dopo aver lasciato il Padre.

Il Figlio è il ruolo del Guerriero (inibito) che si consuma di rabbia perché sa di essere il figlio legittimo del Padre e non sopporta i fratellastri intrusi e la madre che ha lasciato il Padre per formare una nuova famiglia con il segretario, che poi è morto.

La Figliastra è il ruolo del Martire (si sacrifica pr aiutare la famiglia in difficoltà economica, perdendo se stessa) e dell'Orfano (figlia illegittima del segretario, che è morto)

Il Giovinetto  e la Bambina interpretano l'archetipo dell'Orfano (figli illegittimi del segretario, che è morto)

Il ruolo del Mago viene interpretato sia da madama Pace, anche se in veste negativa, sia dal capocomico.

Il Padre, archetipo del Viandante

Dal punto di vista del modello attanziale abbiamo

Soggetto: i sei personaggi
Oggetto : vivere il dramma per il quale sono stati creati
Aiutante: capocomico
Opponente: l'autore che non li ha mai messi in scena dopo averli creati
Destinante: l'Autore
Destinatario: il Pubblico


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Il dramma, fra le altre cose, è anche metafora di una delle perdite più drammatiche dell’epoca contemporanea, quella del concetto di Padre, e allegoria del fatto che l’umanità senza "padre", ovvero tradizione, radici, origine, Dio, perde la sua identità e smarrisce la strada. Rischia, così, l’autodistruzione.

Infatti, senza padre la bambina e il bimbo, sineddochedell'umanità intera, si suicidano, la Figliastra perde la sua dignità di donna.

SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - TERZA PARTE

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Il ciclo di affreschi dedicati alla vita di Gesù nella Cappella degli Scrovegni prosegue nell'Arco trionfale, in cui abbiamo il Tradimento di Giuda

per continuare nel terzo registro, parete sud, dove si ammirano

Ultima Cena
Lavanda dei piedi
Bacio di Giuda
Cristo davanti a Caifa
Cristo deriso

In questo percorso temporale iniziato con la Visitazione, siamo giunti ai capitoli dedicati al Tradimento e alla Passione, Morte e Resurrezione del Figlio di Dio.



Giuda si mette d'accordo con i sacerdoti del Tempio e vende il suo amico e maestro Gesù per denaro.

Vari e numerosi i simboli presenti.

L'icona nera con zampe caprine, orecchie appuntite e mani adunche è simbolo della ispirazione del Maligno che si è impossessato della volontà di Giuda.

Il cambiamento è avvenuto: da amico a nemico, da discepolo a traditore. Tale cambiamento è sottolineato dalla veste gialla, che come al solito evoca il cambiamento (non sempre positivo).

Fra le mani ha un sacchetto ricolmo, simbolo del tradimento appena perpetrato e pagato.

La sua trasformazione è così profonda che la sua aureola viene sostituita da un nimbo scuro, simbolo dell'intenzione malvagia che lo anima.

Inizia il percorso di dolore in cui parrà che il Male abbia il sopravvento, ma sarà solo una vittoria effimera e per un tempo molto limitato, trascorso il quale, la verità e la vita risplenderanno luminose.



La scena seguente, Ultima Cena, è ambientata all'interno del cenacolo, luogo in cui Gesù e i discepoli si riunivano.

Attorno a una tavola imbandita, Gesù mangia con i suoi amici.

Accanto a Lui, con il viso poggiato sul suo petto, appare Giovanni, "il discepolo che Egli amava". La sua posizione, vicino al cuore di Gesù, intende appunto simboleggiarne la condizione di privilegio.

Il tavolo è rettangolare, con Gesù a capotavola, accompagnato da Pietro, che sarà di lì a poco il suo Vicario in Terra, per sottolineare, attraverso i codici prossemici, la gerarchia esistente nel gruppo.

Le aureole dei discepoli appaiono nere solo per l'azione del tempo, non vi sono quindi motivazioni simboliche.

Accanto a Pietro e a Gesù siede Giuda, che quindi era uno fra i discepoli a Lui più vicino .

E' fissato l'istante in cui Gesù rivela a Giovanni chi è il traditore, quello che intinge il suo pezzo di pane nella ciotola insieme a Lui, in un gesto di grande intimità e confidenza.

Tale privilegio e tale condizione di fiducia di cui godeva Giuda (era infatti il tesoriere del gruppo) rendono ancora più grave il suo gesto scellerato.

I codici mimetici di Gesù ci raccontano la sua rassegnazione.

Sa di essere nato per morire in croce e in questo modo restituire la perduta condizione divina a coloro che avessero creduto in Lui.

Sa che sarà necessario un tradimento perché ciò avvenga, ma è rispettoso della libertà di chiunque, anche di chi sceglie di fare il Male e perdere la Salvezza, anche se chi compie tale scelta è uno dei suoi più cari amici.

Il Figlio di Dio conosce il futuro e vede nel cuore degli uomini.

Sa e tace.

Per lui la libertà dell'Essere Umano è più preziosa della sua stessa salvezza.




Nell'episodio della Lavanda dei piedi Gesù riunisce in un singolo atto due gesti simbolici dell'antichità: il primo si rifà a una abluzione rituale ebraica chiamata netilat yadayim, cioè il lavaggio rituale delle mani prima di mangiare il pane, per purificarle e cancellarne l'impurità e poi il gesto di ospitalità di lavare i piedi all’invitato, servizio che veniva svolto dal padrone di casa o da un suo servitore.

Abigail quando le fu chiesto da re Davide di divenire sua moglie rispose: “Ecco la tua schiava come serva per lavare i piedi dei servitori del mio signore” per esprimere la sua sottomissione a colui che amava e che intendeva sposare. Speciale segno di umiltà e di riguardoso affetto verso gli ospiti era che il padrone o la padrona di casa lavasse personalmente i piedi ai visitatori.

Quindi, Giotto, con l'immagine di Gesù con un panno attorno ai fianchi e intento a lavare i piedi dei suoi amici, intende simboleggiarne non solo l'umiltà affettuosa nei confronti di chi è a Lui caro, come quella compiuta da un padrone di casa premuroso con l'ospite gradito, ma anche la sua azione di purificazione spirituale.

Affidarsi alle Sue cure significa diventare puri, grazie al Suo amore umile che fa superare le barriere che dividono umanità da divinità.



Nel Bacio di Giuda abbiamo una serie di antitesi che si esprimono nei concetti traditore/tradito; aggressori/aggrediti; immobili/agitati.

Gesù e Giuda fungono da perno attorno al quale si dipana l'azione concitata di soldati e discepoli: chi si difende, chi attacca, in uno scorrere vorticoso del Tempo, mentre, nell'immota fissità dello sguardo tra Gesù e colui che fu suo amico, si estende l'eterno attimo in cui un uomo si perde per sempre, precipitando e un Altro inizia la sua dolorosa ascesi verso la felicità, non solo Sua, ma di tutto il Mondo.

Quello è l'attimo fatale, nel Tempo, prima del Tempo, fuori dal Tempo, in cui inizia il vero grande cambiamento dell'Umanità che sarà riammessa a godere, se meritevole, dei privilegi divini perduti in seguito al Peccato Originale.

Giotto dipinge di giallo il mantello di Giuda che avvolge Gesù nel vortice della trasformazione: era libero e sarà catturato, Principe della Vita, sarà ucciso.

Giuda, cui Giotto assegna uno sguardo bieco e una turpe espressione, non può sapere però che il Figlio di Dio tramuterà tale letale mutazione in una trasformazione luminosa e gioiosa, e che come la mitica fenice, risorgerà dalle proprie ceneri più forte di prima.



Anche la scena successiva, Cristo davanti a Caifa, è articolata in antitesi: calma/rabbia, impeto/indifferenza, tempo/eternità.

Hanna e Caifa sono seduti su uno scranno, simbolo dell'autorità che esercitano.

Mentre tutti gli astanti si agitano, discutono, aggrediscono verbalmente, si muovono in modo scomposto, Gesù è immobile al centro, lo sguardo che fissa un punto fuori dalla dimensione terrena, indifferente alle grida, alle domande, agli urli intorno a Lui.

Fortissima la comparazione fra Caifa che si strappa le vesti, in perfetta similitudine all'allegoria dell'Ira, nel ciclo dedicato ai vizi e alle virtù, e Gesù, calmo, imperturbabile.

Le mani legate, indice della sua condizione di  prigioniero, sono incrociate, premonizione del suo futuro imminente.



Nell'ultima scena, Cristo Deriso, vi è la rappresentazione simbolica del mondo alla rovescia, in cui il sovrano dell'Universo è denigrato e umiliato, in cui i simboli regali, corona e scettro, vengono sostituiti da oggetti di tortura, e chi è inginocchiato o inchinato non lo fa per onorare ma per schernire.

Giotto lo dipinge sofferente e paziente, ma in un regale abito d'oro finissimo, in attesa che si compia il tempo del dolore, prezzo necessario da pagare per la redenzione dell'Umanità.

LA PRIMAVERA DI SANDRO BOTTICELLI, SIMBOLI E FIGURE RETORICHE

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La Primavera, il celebre dipinto di Sandro Botticelli, realizzato nel 1482 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze, è ricco di simboli e figure retoriche e, proprio per questo, passibile di innumerevoli interpretazioni.

Si tratta del capolavoro dell'artista, ed è una delle opere più famose del Rinascimento italiano.

Autoritratto dell'artista presente nell'Adorazione dei Magi
Sicuramente nella Primavera il mito venne scelto per rispecchiare verità morali, adottando un tema antico, quindi universale, a un linguaggio del tutto moderno.

La scena si svolgerebbe nel giardino sacro di Venere, che la mitologia collocava nell'isola di Cipro, come rivelano gli attributi tipici della dea sullo sfondo (per es. il cespuglio di mirto alle sue spalle) e la presenza di Cupido e Mercurio a sinistra in funzione di guardiano del bosco, che infatti tiene in mano un caduceo per scacciare le nubi della pioggia (anche se egli viene insolitamente raffigurato in una posizione che lo rende estraneo al resto della scena).

Le Tre Grazie rappresentavano tradizionalmente le liberalità, ma la parte più interessante del dipinto è quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con Zefiro, la ninfa Cloris e la dea Flora, divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità. Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.

Oltre alle teorie di Marsilio Ficino e la poetica del Poliziano, Botticelli dovette ispirarsi anche alla letteratura classica (Ovidio e Lucrezio), soprattutto per quanto riguarda la metamorfosi di Cloris in Flora; tuttavia, il centro focale della composizione è Venere, che secondo l'ideologia neoplatonica sarebbe la rappresentazione figurata del suo mondo secondo il seguente schema:
  • Venere = Humanitas, ovvero le attività spirituali dell'uomo
  • Tre Grazie = fase operativa dell'Humanitas'
  • Mercurio = la Ragione, che guida le azioni dell'uomo allontanando le nubi della passione e dell'intemperanza
  • Zefiro-Cloris-Flora = la Primavera, simbolo della natura non tanto intesa come stagione dell'anno quanto forza universale ciclica e dal potere rigenerativo.
Oltre alle classiche interpretazioni possiamo definirne una di natura polisemantica.

Da un punto di vista semiotico si tratta di un testo visivo diacronico, ovvero con un racconto che segue un ordine di lettura, in questo caso da destra verso sinistra.

La Primavera come testo visivo diacronico
Per quanto concerne la spazializzazione ci troviamo nel giardino delle Esperidi, un aranceto.

Un particolare dello splendido aranceto, che definisce la spazializzazione della rappresentazione
Sulla sinistra vediamo Zefiro (o Borea), vento di primavera carico di vita che piega gli alberi e rapisce per amore la ninfa Clori, mettendola incinta.

Clori si trasforma così in in Flora, la personificazione (o prosopopea) della stessa primavera e nella immagine indossa uno splendido abito fiorito mentre sparge a terra le infiorescenze che tiene in grembo.

La prima fase del testo visivo diacronico che culmina in Flora, prosopopea della Primavera
Si capisce che vi è stata la trasformazione e che quindi le due figure femminili sono la medesima persona dalla allusione rappresentata dal filo di fiori che inizia a uscire dalla bocca di Clori durante il suo rapimento e quindi poco prima della trasmutazione.

I fiori  che escono dalla bocca di Clori seguono il percorso diacronico fino a connotare l'abito di Flora

Al centro si erge Venere, simbolodell'amore universale, che dirige gli eventi, quale simboloneoplatonico dell'amore più elevato.

Venere al centro della composizione è simbolo dell'amore universale
Sopra di lei vola il figlio Cupido, simbolodell'amore,  mentre a sinistra si trovano le sue tre tradizionali compagne vestite di veli leggerissimi, le Grazie, che danzano in modo gentile e armonioso, metaforadei cicli naturali.

Cupido, simbolo dell'amore
Le Tre Grazie, metafora dei cicli naturali
Chiude il gruppo Mercurio, coi calzari alati, che  scaccia le nubi col caduceo per preservare un'eterna primavera.

I fiordalisi, le margherite e i nontiscordardimé sono il simbolodella donna amata; i fiori d'arancio sugli alberi e la borrana sul prato sono simbolodi felicità matrimoniale.

Il gruppo di destra è allegoriadell'istintualità e la passionalità, quello di centro e sinistra di amore platonico o comunque elevato, superiore.

Ecco il video con l'analisi della famosa opera d'arte:


IL MONDO DELLE FIGURE RETORICHE: L'ALLEGORIA

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Il termine allegoria deriva dal greco antico ("alla" = altre cose, "agoreuo" = dire, parlare). È una figura retorica consistente nella costruzione di un discorso in cui i significati letterali dei singoli termini passano in secondo luogo rispetto al significato simbolico dell'insieme, che generalmente rinvia a un ordine di valori metafisici, filosofici e morali (es. la selva oscura di Dante Alighieri, nel I canto della Divina Commedia diviene l’allegoria del peccato).

Ecco i versi:

"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita"


Il segno da cui prende vita l’allegoriaè il simbolo.

L'allegoria, oltre che in Letteratura è una figura retorica usatissima anche in altri contesti, sia linguistici che visivi.

In pittura non è raro imbattersi in essa. Ne "La Calunnia" di Sandro Botticelli, databile al 1496 e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze ne troviamo un esempio.

Sandro Botticelli, La Calunnia, 1496, Uffizi, Firenze
Re Mida, riconoscibile per le orecchie d’asino, è l'iconadel giudice cattivo; le due donne che gli stanno sussurrando all'orecchio sono il simbolo e prosopopea di Ignoranza e Sospetto.

L'uomo con un cappuccio nero davanti al re, è il simbolo del livore, cioè il  rancore, che trattiene per il braccio una ragazza, simbolo della Calunnia.

Le due ragazze che stanno acconciando i capelli alla Calunnia sono simbolo e prosopopeadi Insidia e Frode.

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Calunnia sta trascinando per i capelli l'iconadel Calunniato, il quale, con le mani giunte, sembra chiedere clemenza.

Tutta la composizione è allegoriadella mancanza di giustizia nel mondo.

Anche nel cinema è ampiamente usata. Fra gli innumerevoli esempi possibili citiamo Il Gattopardo di Visconti, allegoriadi un mondo in cui: "se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi." Quindi allegoria dell'inanità degli sforzi per migliorare il proprio tempo.

Il Principe Fabrizio Salina, interpretato da Burt Lancaster, ne Il Gattopardo di Luchino Visconti 
Nella pubblicità valga per tutti l'immagine che segue, allegoriadei danni che il fumo può provocare durante la gravidanza al nascituro.


L'allegoriaè una potente figura retorica, estremamente duttile ed efficace per inviare in modo istantaneo messaggi complessi.

I COLLI LUNGHI DI MODIGLIANI FRA IPERBOLE E ALLEGORIA

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Amedeo Modigliani voleva ricercare la cultura esotica in oggetti di fattura molto semplice, di scarso valore economico e alla portata di chiunque nei mercati di Parigi, città in cui si era trasferito e dove sarebbe morto giovanissimo.

Le maschere di legno africane, dai volti caratterizzati da grandi occhi vuoti, nasi stilizzati e schiacciati ed elegantissimi colli lunghi divennero fonte di ispirazione per lui.

Da questi elementi sarebbero nati i ritratti di Modì o le Demoiselles d'Avignon di Picasso.



Ma non dimentichiamo che l'ideale femminile con il collo lungo era stato vagheggiato e dipinto da altri grandi pittori del passato, uno fra tutti, il Parmigianino, con la sua splendida Madonna.

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Quindi, inconsciamente, il pittore voleva, con una iperbole, sottolineare la flessuosità e diversità del genere femminile, che può, attraverso la bellezza, assurgere a mete più elevate, quasi spirituali, e distaccandosi dalla banale realtà di tutti i giorni, raggiungere dimensioni ulteriori, escatologiche.


Perciò, il collo lungo, tanto amato da Modì, altro non è che una allegoriadella perfezione, stilistica, morale e iperumana, tratto connotativodel sublime.

HUXLEY, IL MONDO NUOVO METAFORA DELLA NOSTRA SOCIETÁ

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Il mondo nuovoè un romanzo di fantascienza  scritto nel 1932 da Aldous Huxley. Ambientato nell'anno di Ford 632, corrispondente all'anno 2540 della nostra era, il romanzo descrive una società il cui motto è "Comunità, Identità, Stabilità".

Gli esseri umani in questa società sono divisi in caste, alfa, beta, gamma, delta ed epsilon, ottenute tramite un ritardo controllato dello sviluppo degli embrioni dovuto alla privazione dell'ossigeno, in modo da influenzarne il futuro sviluppo fisico e intellettivo. Le tre caste inferiori sono formate da gruppi di gemelli identici, ottenute indebolendo gli embrioni fino a farli frammentare.

La struttura sociale è gerarchica, costruita a climax, da gruppo Alfa a Epsilon

I cittadini del Mondo Nuovo non hanno alcuna nozione della storia passata, salvo sapere, per il condizionamento avuto, che nel passato l'umanità viveva nella barbarie e che quello di oggi è il migliore dei mondi possibili.

Sanno che gli esseri umani in passato erano vivipari e che esistevano nascite e genitori, ma questi concetti sono un tabù, le parole "madre" e "padre" sono usate come insulti.

Vi è uno scollamento tra significante e significato, almeno per come tale connessione era interpretata nei millenni precedenti della Storia umana, antecedenti all'avvento "dell'Era Ford" in cui essi vivono e che corrisponde all'incirca al 2500 dell'Era di Cristo.

Infatti la terminologia "madre"è connotata da elementi di ribrezzo, ignominia, vergogna in quanto assimilata alle fasi di procreazione e allattamento, che vengono percepite come attività bestiali, degne degli animali e non certo degli esseri (post)umani.

Alcuni individui non sono categorizzati nel climax, sono prototipi

Per ragioni economiche una regione del pianeta non è stata civilizzata come le altre. In un'area localizzata nel Nuovo Messico sopravvive in una riserva rigidamente controllata una sacca di società pre-moderna, mantenuta per ragioni di studio sociale e di turismo a beneficio degli abitanti del resto del mondo.

Il romanzo è costruito per antitesi superiore/inferiore

Il romanzo è costruito per antitesi. Vi è il prima/dopo Ford, vi è la civiltà/barbarie, vi sono le caste superiori/caste inferiori, concepimento naturale/concepimento in vitro, e via dicendo.

Vi sono varimodelli attanziali, uno dei quali è rappresentato dal
Selvaggio (soggetto),
essere felice nel mondo nuovo vagheggiato (oggetto),
Bernard (aiutante),
il nuovo mondo civile stesso (opponente),
Ford  (destinante),
gli esseri umani condizionati dell'era post fordiana  (destinatari)

I cittadini dell'era post fordiana sono schiavi nel quadrato semiotico

Innumerevoli i quadrati semiotici presenti; uno è per esempio questo:
libero (John il selvaggio),
schiavo (qualunque cittadino condizionato dell'era post fordiana),
non libero (Bernard Marx, Helmholtz Watson)
non schiavo (Mustapha Mond, governatore Mondiale per l'Europa Occidentale )


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Gli archetipi: John, orfano, martire e viandante; i cittadini condizionati, innocenti; il governatore Mustapha Mond, mago.

Aldous Huxley, autore de Il mondo nuovo

Un romanzo bellissimo, amaro, terribile, spietato e preveggente, purtroppo per noi.

Al tempo di Huxley il racconto era una allegoria del destino dell'umanità se avesse perseverato nei suoi errori, oggi appare più, purtroppo, come una metafora delle condizioni attuali.

IL COLORE COME MARCHIO DI FABBRICA

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Il colore nella rappresentazione di una marca, di un prodotto o di una collezione, è da sempre un elemento cruciale. Non sempre però viene declinato correttamente nella relativa comunicazione.

Per capire il tutto prendiamo come riferimento la campagna di Prada 2011, ispirata alle atmosfere jazz anni'30 alla Josephine Baker, fotografata da Steven Meisel, che è sicuramente un buon esempio di utilizzo di corretti accostamenti cromatici per connotare al meglio la comunicazione e ciò che viene presentato.

La campagna Prada 2011, fotografata da Steven Meisel,
Come possiamo vedere dall'immagine la rappresentazione si basa sull'impiego di colori vivaci molto ben selezionati, non solo per quanto riguarda i singoli modelli, ma la conseguente relazione cromatica che nasce dal loro accostamento, non certo casuale.

Al centro della composizione domina il rosso, vero e proprio colore "simpatico" e "adrenalinico", il "cuore pulsante" della composizione, che separa il contrasto cromatico per eccellenza: quello acromatico bianco/nero sull'asse centrale verticale.

L'asse centrale con il contrasto bianco nero inframezzato dalla "passionalità" sprigionata dal rosso.
Conseguenza di questa impostazione 'rossocentrica'è la relazione che ne scaturisce con gli altri colori presenti a destra e a sinistra dell'immagine, a partire proprio da questo punto focale.

Per relazionare tra di loro i colori si usano solitamente le categorie eidetiche: ai vertici delle ideali linee o forme vengono collocati alcuni elementi chiave "colorati".



Dall'analisi dell'immagine il primo contrasto che si evidenzia è quello in linea a gerarchia attiva (da basso/destra ad altro/sinistra dell'immagine) che collega gli estremi blu (gonna) e rosso (accessorio).

Il contrasto caldo/freddo domina gli estremi della linea a gerarchia attiva.
Un tipico contrasto caldo/freddo, in cui il rosso adrenalinico e passionale viene accostato al blu parasimpatico, più rasserenante, con una doppia valenza: al contrasto cromatico si aggiunge quello emozionale. Una vera e propria linea di forza con colori dalle differenti emozioni.

La seconda diagonale, quella armonica prevede che i valori degli estremi tendano a equilibrarsi e il verde tende così a controllare il gialli i rossi e i blu che emergono dagli accessori nelle sue vicinanze.

I verdi sulla diagonale armonica distribuiscono i tre colori primari connotando "artisticamente" la composizione.

Tale immagine mette in evidenza i principali colori utilizzati nei due principali sistemi cromatici di riferimento:

  • Il sistema dei colori primari: rosso - giallo - blu
  • Il sistema percettivo dei colori fondamentali: rosso - verde - blu

A cui si aggiunge il:

  • contrasto impressivo per antonomasia bianco/nero

Una tecnica molto adottata da diversi brand (pensiamo solo ai marchi universali Microsoft e Google).

Rosso, Verde, Giallo e blu nell'ideogramma, bianco e nero nel logo del marchio Microsoft.


Il sistema colori primari in "Goo" e sistema colori fondamentali in "gle" convivono all'interno del marchio Google.

Nel caso di Prada gli accostamenti cromatici diventano proprio, attraverso un'immagine accuratamente impostata, il "marchio" della collezione stessa, che prevede la compresenza dei principali sistemi cromatici.

Un'immagine, come quella di Prada, che accosta questi colori, diventa il codice visivo rappresentativo della collezione, vale a dire essa stessa un marchio di fabbrica.

IL SETTIMO SIGILLO DI BERGMAN, ALLEGORIA PARADOSSALE AL QUADRATO

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Un cavaliere di ritorno dalla Terrasanta, Antonius Block, è accompagnato dal suo scudiero Jöns.

L'uno idealista, ma sfiduciato, l'altro pragmatico come solo un realistico popolano ha imparato a essere sin dall'infanzia, stanno rincasando dopo anni di sanguinose (e inutili) battaglie contro "gli infedeli".

Improvvisamente, il melanconico e meditabondo cavaliere, simbolo della ricerca del senso della vita, incontra un personaggio enigmatico e agghiacciante, nerovestito, prosopopea della Morte, con il quale ingaggia una partita a scacchi, allegoria della continua battaglia contro l'ignoto che attanaglia l'essere umano di ogni epoca.

Lo scudiero, nonostante tutto il suo cinismo e astuzia è un "non predatore" nel quadrato semiotico
La vittoria è da sempre destinata alla Morte, ma pur consapevole di ciò il Cavaliere vuole prendere tempo per riuscire a capire cosa significhino Vita e Morte, se esista Dio, quale il senso dell'esistenza umana.

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Quando la Morte, alla domanda del Cavaliere risponde che forse Dio non c'è, l'esplosione angosciante che nasce dalla sua anima è "Allora la vita è un atroce orrore. Nessuno può vivere in vista della morte, sapendo che tutto è il nulla (paradosso)."

Il Cavaliere medita sul paradosso dell'esistenza umana senza Dio

Tutto il film è basato dalla continua antitesi Morte/Vita, Fede/Dubbio, Bianco/Nero, Nobile/Popolano, Predatore/Preda e via dicendo, che formano innumerevoli quadrati semiotici 

Il quadrato semiotico del predatore e della preda nel film

(ad esempio predatore/preda/non predatore/non preda espresso nelle figure Morte/Cavaliere/Giocoliere/Scudiero) e con vari modelli attanziali 

Soggetto/Cavaliere,
Oggetto/tornare a casa,
Aiutante/scudiero,
Opponente/Morte,
Destinante/Bergman,
Destinatario/Pubblico).

La famiglia che si ama rappresenta la "non preda" del quadrato semiotico
Un capolavoro estetico, cinematografico e comunicativo, ricco di strutture semionarrative profonde, metafora della ricerca del senso dell'esistenza di ciascuno di noi e di grande umanità.

L’ORFANELLA AL CIMITERO DI DELACROIX E L’ALLEGORIA DELL’ABBANDONO

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Quante volte ritroviamo ancora lo sguardo della ragazza rappresentata da Delacroix nelle mille storie di abbandono, di vulnerabilità e di indifferenza sociale, che contraddistinguono la nostra epoca?

Il forte e toccante testo visivo dell'artista è collegato, per il tema trattato, ad un altro: viene infatti ritenuto un lavoro preparatorio ad olio per la successiva rappresentazione del massacro a Chios.

Per l’intensità della composizione, il dipinto, conservato presso il Louvre di Parigi, è comunque considerato un capolavoro a sé stante.

Uno dei capolavori di Eugène Delacroix, nato il 26 aprile 1798, è senza dubbio l’Orfanella al cimitero, dipinto nel 1823-1824 circa e conservato presso il Louvre di Parigi.
Grande rilievo viene dato ai codici mimetici: la ragazza volge lo sguardo verso l’alto, mentre dal volto, rigato dalle lacrime, scaturisce un'espressione di tristezza e paura.

I capelli raccolti (codici acconciatura) contribuiscono a concentrare l'attenzione dello spettatore sullo sguardo della ragazza.

L'oscurità del cielo e il cimitero abbandonato sono in consonanza con la sua espressione di malinconia.

Il linguaggio del corpo (codici gestuali) e l'abbigliamento della ragazza evocano la tragedia e la vulnerabilità dell'essere umano. I dettagli dell'abito che scende dalla sua spalla, una mano posata debolmente sulla gamba, le ombre sopra la nuca, l'oscurità alla sua sinistra e la colorazione fredda e algida del suo abbigliamento, sono tutti elementi combinati per enfatizzare un senso di perdita e al contempo di speranza irraggiungibile.

Ne consegue che la ragazza diviene allegoria dell'isolamento, dell'abbandono, della vulnerabilità e dell'assenza di qualsiasi forma di aiuto da parte del genere umano.

SKY E IL CALEMBOUR DELL'OTTIMA ANNATA

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Riproponiamo la pubblicità di Sky Calcio del 2007, con i calciatori più famosi pigiati e trasformati in grandi vini, in quanto presenta molti spunti polisemantici: è ricca di figure retoriche e non manca di evidenziare un simpatico ed efficace calembour.

Gli autori hanno saputo infatti coniugare il loro talento creativo con le ben note e collaudate regole della comunicazione.

La figura retorica (più evidente) su cui si regge lo spot è la metafora e qua e là si intravedono altre raffinatezze, tra cui l'uso di una presupposizione.

Vediamo come la metafora usata è quella della buona annata di vendemmia, in cui i frutti, amorevolmente coltivati, curati e selezionati, sono i campioni di calcio delle varie squadre, da Buffon a Materazzi, passando per Kakà.

La metafora dei campioni pigiati per ottenere l'ottima annata
La metafora si sposta dalla vigna alla cantina, dove sono "imbottigliate" le migliori squadre della stagione in corso.

Alla fine dello spot Lippi, icona dell'allenatore di calcio e simbolo dell'accorto vignaiolo, esclama a tutti i contadini/tifosi "questa è la migliore annata di sempre", giocando sul calembour
  • annata della vendemmia
  • annata-stagione di campionato
L'implicito scherzoso si ha quando Lippi, come per saggiare la maturazione del frutto, dà una benevola manata sulla testa di Materazzi (la presupposizioneè quella di parlare a chi conosce i trascorsi del giocatore ai Mondiali del 2006 e la celeberrima faccenda della "testata").

Ecco la versione integrale dello spot:


Bello quando la professionalità si coniuga alla fantasia, vero?



IL NOME DELLA ROSA DI UMBERTO ECO E I LETTORI MODELLO

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La polisemia presuppone l'esistenza di una serie di lettori modello di vari livelli e quindi l'esistenza di altrettanti relazioni tra lettore e emittente.

Il nome della rosa, celeberrimo romanzo di Umberto Ecoè costruito tutto intero su questo principio.

È previsto un lettore di primo livello, che si appassiona alla vicenda.

C'è poi un lettore di secondo livello, che riconosce le citazioni più o meno colte.

Iniziare il romanzo con "era una bella mattina di novembre" strizza l'occhio con una antitesi alla classica frase di incipit dei romanzi dello Snoopy scrittore (era una notte buia e tempestosa) che è a sua volta una citazionedi Edward George Bulwer-Lytton.


Un lettore di terzo livello, naturalmente ipotizzato da Eco in fase di stesura, saprà apprezzare in quanto amante dell'arte le varie descrizioni dei monumenti e dei manufatti artistici descritti nel romanzo.

Un lettore di quarto livello, amante della storia, apprezzerà la natura di romanzo storico del "nome della rosa" mentre un appassionato di gialli lo ammirerà per la costruzione poliziesca e per la capacità del protagonista di scovare gli indizi...



E così via via, in una nutrita serie di "lettori modello", sino a giungere al "lettore semiologo" al quale Eco, più che a tutti gli altri, ha fatto una bella strizzatina d'occhio.

Il nome della rosa è una apoteosi di inferenze, presupposizioni, simboli, icone, indici,codici e chi più ne ha più ne metta.


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Signa sunt nomina aut nomina signa sunt?

IL MONDO DELLE FIGURE RETORICHE: L'OSSIMORO

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Un' interessante parola chiave del glossario di Polisemantica è "ossimoro". Si tratta di una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro, o meglio ancora nella loro giustapposizione, sino a fonderli uno nell'altro al punto da creare un concetto nuovo.

Diversamente dall'antitesi due termini opposti non sono solo contrari tra loro ma si fondono in un unico concetto, producendo una realtà nuova.

"Ghiaccio bollente"è l'ossimoro coniato come soprannome da Alfred Hitchcock  per definire la bellezza algida e la sensualità dell'attrice Grace Kelly. Come la sensazione del cubetto di ghiaccio che pare stia bruciando la mano quando lo si tiene sul palmo, pur essendo gelido.

Grace Kelly, "ghiaccio bollente" secondo la felice definizione di Hitchcock  
Altri esempi di ossimoro sono disgustoso piacere, Paradiso infernale, illustre sconosciuto, silenzio assordante, buio luminoso, lucida follia. Lo stesso termine "ossimoro" (dal greco antico composto da oxis «acuto» e moros «ottuso») è un ossimoro, in quando significa in senso letterale "acutamente ottuso" o ottusamente acuto".

In Letteratura troviamo svariati esempi di ossimoro. Uno dei più elevati e belli è stato usato da Dante Alighieri nel XXXIII canto del Paradiso, terza cantica della Divina Commedia.

Ecco i versi:

"vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio"

Maria, vergine madre, nella Madonna del Magnificat di Sandro Botticelli
È evidente che il concetto di "vergine madre"è di per sé impossibile, in quanto i due termini si contraddicono, essendo uno l'opposto dell'altro, ma servono a Dante per esprimere il dogma cristiano della perpetua verginità di Maria divenuta madre per grazia dello Spirito Santo, quindi in modo sovrannaturale.

In Pittura abbiamo un ossimoro nel dipinto "L’impero delle luci" di René Magritte (1954) in cui vediamo un cielo azzurro intenso percorso da nuvole bianche e una casa in un parco immersa nel buio cupo della notte, con solo la luce di un lampione. Nell'ombra c’è la luce del lampione, nel cielo azzurro spicca l’albero scuro. L'ombra è luminosa, la luce è oscurata.

L'impero delle luci di René Magritte
Oppure la celebre “Ballerina alla sbarra”, di Fernando Botero, che contrappone e unisce la leggerezza e la grazia della danza alla costituzione obesa della protagonista stessa del quadro. La ragazza di Botero è un'agile obesa o se si preferisce è una danzatrice dotata di una pesante grazia.

La danzatrice, agile obesa di Botero
Nel Cinema potremmo parlare di "Piccolo Grande Uomo" del 1970, diretto da Arthur Penn, basato sull'omonimo romanzo di Thomas Berger e interpretato magistralmente da Dustin Hoffman, in cui a causa della sua bassa statura e del suo coraggio nella lotta, il protagonista viene chiamato, con un ossimoro, "Piccolo Grande Uomo".

Il piccolo grande uomo interpretato da Dustin Hoffman
Un altro esempio è "Gli amanti del Pont-Neuf" di Leos Carax e l'ossimoro del non-luogo al centro di Parigi. Il ponte è un non-luogo, uno spazio inesistente, una realtà irreale,  un ossimoro posto fra cielo e terra, tra essere e non essere, tra routine e immaginazione, tra avventura e sistema.

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Oppure In "Ultimo tango a Parigi " film del 1972 diretto da Bernardo Bertolucci, interpretato da Marlon Brando e Maria Schneider in cui due perfetti sconosciuti, in un ossimoro portentoso, sono nell'atto sessuale uniti in un'unica entità, consapevoli dei più reconditi segreti dell'altro. Quindi "intimi estranei", fusi in una divisa unità.

Nella Pubblicità un esempio interessante lo troviamo nello spot SKODA in cui il protagonista asserisce di essere "emozionalmente pragmatico".

Il protagonista emozionalmente pragmatico dello spot Skoda
Una figura retorica efficace e versatile, utilissima per aumentare lo spessore comunicativo dei testi e a coinvolgere percettivamente lo spettatore.

LA CULTURA IN TV TRA IL MEDIUM E IL MESSAGGIO

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"Il medium e il messaggio"è la nuova inchiesta sul rapporto tra cultura e televisione, ispirata alla rivisitazione del celebre motto di McLuhan, tratto dal suo saggio, "il medium è il messaggio", che si avvale della partecipazione alla discussione di numerosi esponenti della cultura, della divulgazione, della televisione e del Web.



E' ancora possibile oggi usare la TV per diffondere la cultura, intendendo con questo termine la divulgazione di sapere relativo all'Arte, alla Storia, alla Letteratura come avveniva negli anni '60 e '70?

Per "fare cultura" la televisione è un mezzo valido o è preferibile usare le nuove tecnologie, il Web in primis?

Le emittenti tv, in genere, cercano nuove idee di format culturali o preferiscono adagiarsi su dinamiche consolidate?



Hanno partecipato a questa discussioneSilvia Calandrelli, direttrice di Rai Cultura, Cristoforo Gorno, noto divulgatore culturale di Rai 3, Carlo Romeo, direttore generale di San Marino RTV, Sacha Dalcol, vicedirettore di Tele Ticino, nota emittente svizzera,Barbara Carfagna, giornalista del TG1 e Margherita Furlan, cofondatrice di Pandora TV.



SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - QUARTA E ULTIMA PARTE

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Nel terzo registro, parete nord scopriamo la simbologia dell'ultimo atto della vicenda terrena di Cristo, rappresentata nella cappella degli Scrovegni, esposta nei seguenti episodi:

Salita al Calvario
Crocifissione
Compianto sul Cristo morto
Resurrezione e Noli me tangere
Ascensione
Pentecoste




Nella Salita al Calvario, troviamo la metafora dell'ascesa in triplice significato: da una parte l'ascesa fisica al monte in cui Gesù incontrerà la morte, la sua elevazione sulla croce, infine la sua ascesa, attraverso la passione, la morte e la resurrezione, al Cielo.

Tale concetto è inconsciamente evidenziato da Giotto con l'utilizzo delle linee ascendenti diagonalidella croce che Gesù porta, trascinandola.

Le due linee diritte trasversali formate dal bastone che pungola il Cristo alle sue spalle e dal braccio del soldato che strattona Maria, evocano la forza bruta che intende dividere, mentre la linea che unisce gli sguardi di Maria e di Suo Figlio. formano una linea di collegamento che esprime la forza del loro amore reciproco.

Interessante il martello in mano all'uomo vestito di giallo, posto dinanzi alla Vergine. che non è solo, come si potrebbe supporre un attrezzo che prefigura il fatto che presto Gesù verrà inchiodato mani e piedi alla Croce, ma evoca simbolicamente il concetto della morte.

Infatti Charun, il demone etrusco della morte, che divenne il Caronte latino, portava come simbolo della sua funzione un martello dal lungo manico.

Il giallo evoca come al solito il cambiamento: sta per avvenire l'evento più importante della Storia umana, la morte di Dio che attraverso il suo sacrificio e la sua vittoria sulla morte, dona all'umanità la vita ultraterrena.




Nella scena della Crocifissione, giungiamo all'apice della vicenda terrena del Cristo, la sua morte in Croce.

Tutto è compiuto, il Figlio di Dio è spirato, il suo corpo è appeso al legno cui è stato inchiodato.

La scena si articola in antitesi: da una parte coloro che amano Gesù e che lo piangono, appesantiti dal dolore, dall'altra coloro che hanno provocato la sua morte.

Lui al centro, fulcro dell'Universo.

Ai suoi piedi l'icona della Maddalena, con i lunghi capelli sciolti, simbolo insieme di peccato e di penitenza e perdono, richiamano l'episodio evangelico in cui ella usa i lunghi capelli per asciugare le lacrime con le quali aveva bagnato i piedi di Gesù, pentita per la sua precedente vita dissoluta.

L'immagine della Maddalena si fonde con  quella di Santa maria l'egiziaca, figura nota nel Medioevo, una prostituta che pentitasi, trascorse in assoluta solitudine e penitenza il resto della propria vita, in un deserto, priva di tutto, al punto che copriva la sua nudità e la sua magrezza con i lunghissimi capelli canuti.

Ai piedi della croce, sotto un tumulo di terra simboleggiante il monte Golgota, si vede un teschio e delle ossa.

Il teschio è simbolo polisemantico: rappresenta la morte, ma anche il luogo in cui il Cristo è stato crocifisso, noto con il nome "luogo del cranio", e inoltre è anche icona del teschio di Adamo che, bagnato dal sangue di Cristo, è redento da Peccato originale. Qui Adamo è a sua volta simbolo e sineddoche dell'umanità tutta, quindi la sua salvezza, rappresenta la redenzione del genere umano grazie al sangue di Gesù.

La coppa nelle mani dell'angelo, in cui è raccolto il sangue misto ad acqua che esce dal costato di Gesù, è icona del Sacro Graal, calice usato da Gesù nell'Ultima Cena che alcune tradizioni vogliono sia stato utilizzato poi da Giuseppe d'Arimatea per conservare il sangue sgorgato dal costato di Cristo durante la crocifissione.

Il calice è simbolo dell'unione della natura divina a quella umana di Gesù, figlio di Dio e dell'unione della nostra vita mortale a quella immortale di Gesù. Tale unione genera l'ossimoro del concetto di divinità umana o di umanità divina.

La tunica, tutta intera, senza cuciture, è simbolo del suo corpo, che egli dona all'umanità colpevole, per permettere la sua salvezza, in un atto di iperbolica misericordia.

La tunica è anche simbolo della funzione di supremo sacerdote di Gesù, in quanto evoca la tunica (chitōn) del sommo sacerdote ebraico, che veniva intessuta con un unico filo continuo, senza ulteriori cuciture.

Essa è inoltre simbolo dell’unità indistruttibile della Chiesa.

Sul capo di Gesù morto appare il titulus crucis, ovvero l'iscrizione con il motivo della sua condanna (Gesù il Nazareno Re dei Giudei), o meglio il suo acronimo, con le iniziali in latino, greco ed ebraico. INRI,INBI e YHWH

Le iniziali delle quattro parole in ebraico corrispondono esattamente al tetragramma biblico, il nome impronunciabile di Dio, YHWH.



Nella scena della Lamentazione sul Cristo morto, tutto l'universo piange la morte del suo creatore. Le linee discendenti diagonali del pendio e del corpo di Gesù evocano questa sensazione di perdita, di declino.

La donna vestita di giallo richiama l'idea del cambiamento appena avvenuto: il Figlio di Dio è morto, tutto è finito. Ma l'altra donna accanto, in verde, simboleggia la speranza, anche quando sembra che speranza non ve ne sia più, di fronte alla morte.

L'alberello rinsecchito, in cima al pendio riecheggia ancora la medesima simbologia. Il tronco e i rami paiono secchi e morti, ma le gemme cominciano a sbocciare, la vita si nasconde, non vista, dentro di lui.

Così, Giotto pone in perfetta similitudine, il Cristo deposto: la vita non si vede, ma sta per germogliare nuovamente dentro di lui, rinnovando il suo corpo e tutto il mondo.



Segue la Resurrezione, episodio fatto di alternanze, di antitesi, di prima e dopo, di sonno e veglia, di morte e vita.

Le guardie addormentate sono simbolo del sonno in cui sono immersi gli uomini che non vedono, pur avendo gli occhi e non odono, pur avendo orecchi, ciò che Dio ha loro donato.

Maddalena, desta e attenta, ne è la perfetta antitesi simbolica.

La morte, rappresentata dalla tomba e dagli alberi spogli e secchi, è antiteticamente affiancata alla vita, simboleggiata dal Cristo, vincitore della morte, come appare scritto nel vessillo che porta e dalle fresche verzure che germogliano a contatto con il suo corpo.

Gli angeli, simboli della trascendenza divina in antitesi alle guardie, simbolo dell'immanenza terrena, portano in mano una verga con la punta trilobata, simbolo della Trinità..

Gesù veste in bianco e oro, simboli della spiritualità divina e della regalità.

Le stimmate sui piedi e sulle mani, sono indice che quello che appare agli occhi di Maddalena è il corpo umano risorto del Crocifisso, non il suo spirito.

Giotto mostra che il Figlio di Dio ha vinto la morte, totalmente e definitivamente. Il corpo dell'Uomo vivrà per sempre, dopo il passaggio attraverso l'effimera fine terrena.

L'uomo, tutto intero, anima e corpo, dopo la morte riacquisterà i privilegi divini persi in seguito al Peccato Originale. Sarà pienamente a immagine e somiglianza di Dio.

La missione di Gesù è compiuta.



Nella scena dell'Ascensione è raffigurata l'ultima volta che Gesù apparve visibile ai suoi amici, mentre sale, corpo e spirito, in Cielo, tornando finalmente nel Suo Regno che aveva lasciato per la missione che si era imposto.

Mentre sua madre e i discepoli suoi amici sono inginocchiati e pregano, il capo rivolto verso l'alto, Lui ascende, accompagnato da angeli e anime buone redente, tra le quali vi sono Giovanni Battista e Simeone, il sacerdote che aveva accolto Gesù bambino nella scena della Presentazione al tempio, con barba bianca e a riccioli.

Giotto, con le linee ascendenti diagonali, evoca la sensazione di ascesa, di miglioramento e mostra l'azione salvifica di Gesù che ha aperto ai meritevoli le porte del Paradiso che Adamo ed Eva avevano chiuso.

La Nuova Alleanza tra Dio e l'Uomo è compiuta.



L'ultima scena rappresenta la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sui suoi discepoli che darà loro molti doni sovrannaturali, tra i quali quello delle lingue, per poter diffondere tra tutti i popoli della terra la buona novella.

Il Cenacolo è la perfetta antitesi della confusione di Babele. Lì Dio aveva confuso le lingue degli uomini , per punirli della loro superbia, qui dona nuovamente la capacità di esprimersi in qualunque lingua, superando la punizione precedente.

Appaiono dodici apostoli, anche se ormai il traditore Giuda è morto, in quanto il suo posto appare occupato da Mattia, che veste in giallo, colore usato sempre da Giotto per evocare una novità, un cambiamento, una trasformazione, di ordine fisico o metafisico.

Gli apostoli sono riconoscibili, come al solito, per i colori delle vesti.

La loggia è traforata da archi a sesto acuto trilobati, simbolo della Trinità che agisce all'interno del Cenacolo.

Lo Spirito Santo, simboleggiato dai raggi infuocati che provengono dall'alto, ha fondato la Sua Chiesa sulla Terra

IL COLORE GIALLO E I SUOI SIGNIFICATI

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Il colore è una fonte di energia elettromagnetica, una sua porzione in cui siamo soliti collocare il famoso "spettro del visibile" a lati del quale si piazzano, sui confini opposti, altre due forma di energia: l'infrarosso e l'ultravioletto.

Quindi il colore è un elemento percettivo e come fonte di energia interagisce con il nostro sistema nervoso attraverso il collegamento occhio-nervo ottico-cervello-sistema nervoso e determina l'aumento o la diminuzione di adrenalina e quindi della relativa emozionalità.

Il colore è anche segno. Ha un significante, che è appunto la particolare gradazione di luce e un significato, che varia di caso in caso e che è determinato dalla percezione umana e dalla sensazione indotta da determinate radiazioni luminose, oltre che da convenzioni socio-culturali.

Il giallo è il colore del cambiamento, del movimento, del passaggio.

E' colore di transizione fra rosso e arancione, colori caldi e il verde, colore freddo.

Usato spesso nell'arte per evocare il concetto di mutamento storico, sociale, antropologico, fu utilizzato con questo significato sin dal tempo di Giotto.



E' associato alla luce, soprattutto solare, e rimanda al concetto di illuminazione radiante.

Cosa vi è di più mutabile della illuminazione solare che, gialla durante le ore diurne, colora il mondo di luce arancione e rossa al tramonto per scomparire e poi riapparire, inondando la terra di luce rosata all'aurora?

Tale colore di cambiamento, di novità, di uscita dai soliti schemi, dai comportamenti ordinari, se portato alla sua iperbole, comunica follia, tanto che  nell'antica Grecia, i “pazzi”, per essere riconosciuti, erano obbligati a vestire di giallo.

Giallo come il colore dei movimenti popolari che vogliono "cambiare le cose", come i Gilet Jaunes in Francia o il movimento 5 Stelle, in Italia, il cui colore di brand è, guarda caso, il giallo.



Il giallo in TV fece scalpore negli episodi dei "Simpson. Nelle intenzioni di Groening, ideatore, lo show avrebbe dovuto rappresentare una novità fin dalla prima apparizione. La scelta del colore giallo come colore della pelle dei personaggi animati ne è un esempio.

Come riporta Wikipedia, Matt Selman, sceneggiatore della serie fin dai primi anni, ha affermato in un'intervista che «l'idea è stata di Matt Groening. Voleva che una volta accesi i televisori, il pubblico pensasse che il colore giallo fosse legato ad un problema tecnico. Si sarebbe domandato "Oh, perché sono gialli?" ed avrebbe provato a sintonizzare il canale senza peraltro riuscirci, perché il giallo era reale. Era un tentativo innovativo per far cadere in inganno i telespettatori; è una cosa che facciamo spesso nel mondo dello spettacolo»



I Simpson hanno infatti voluto segnare una rivoluzione nel mondo dei cartoni animati, un tempo luogo di intrattenimento solo infantile, portandoli all'attenzione del pubblico adulto e smaliziato.

Il giallo evoca novità, non sempre e necessariamente positiva, e per associazione, è usato per avvisare del pericolo. In passato, nelle località dove era scoppiata la peste o sulle navi che avevano a bordo gli appestati, era consuetudine issare una bandiera gialla d’avvertimento.



Il concetto di avvertimento di un pericolo lo si ritrova maggiormente quando tale colore è associato con il nero. E' il caso dei segnali stradali, ma anche, in natura, della livrea di insetti talvolta non troppo amichevoli come calabroni e vespe e di serpenti velenosi.



Nello sport è usato per segnalare una infrazione, nel calcio, cioè una variazione rispetto a quelle che sono le regole di gioco, quando l'arbitro alza un cartellino giallo accanto a un giocatore e lo ammonisce del pericolo di essere espulso se continuerà a commettere altre scorrettezze.



In Formula Uno la bandiera gialla in pista segnala un pericolo per i piloti, ovvero una variazione rispetto alle normali condizioni della pista. Insomma, come sempre, un cambiamento.



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