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CORSO DI ART SEMIOLOGY A LUGANO

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Come si realizza un artefatto visivo, nel Web, nella pubblicità, nei video, efficace dal punto di vista comunicativo? Partendo dal linguaggio dell’arte dal punto di vista stilistico, simbolico e coloristico, e tenendo conto dell'uso oculato di forme, colori, simboli, inquadrature e codici visivi.

Ars Europa, con molti anni di apprezzata e fortunata collaborazione con i maggiori Istituti di Fashion, Arte, Design e Management, in tutta Europa,  organizza un micro training course intitolato “Art Semiology: potenziare l'efficacia dei testi visivi“.

Fra i vari argomenti:
  • simboli, icone e indici
  • le strutture discorsive
  • le categorie visive
  • la forma e il colore
  • le inquadrature
  • il punto di osservazione
  • il modello attanziale
  • il quadrato semiotico
  • le figure retoriche
  • i codici prossemici, cinesici, mimetici, linguistici
  • le funzioni comunicative e i messaggi subliminali
Partendo dall'analisi dei grandi capolavori dell’arte figurativa, dei film e delle pubblicità, per comprenderne la simbologia e i significati, si illustreranno gli elementi vincenti della progettazione visiva.

La spiegazione di ogni concetto, fatta con un linguaggio semplice e con esempi accessibili a tutti, renderà chiaro non solo il principio e la relativa descrizione, ma soprattutto la sua applicazione pratica.

Durante il corso saranno proposti ai partecipanti analisi di case history ed esercizi.

Il corso è progettato per graphic designer, registi, art director, responsabili comunicazione visiva aziendale, studenti di comunicazione visiva.

A tutti i partecipanti sarà offerto il testo di riferimento:


Docente: Cinzia Ligas, semiologa e autrice tv, con esperienza pluriennale in varie case di produzione video e docente in master nelle più prestigiose università private europee, fra cui IFA, PSB, IESEG, IESA e ISCOM a Parigi, Istituto Marangoni a Parigi e Milano, IED, RM Raffles, Domus Academy a Milano e Università di Bologna.

Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione al corso in cui verrà evidenziata la qualifica in Art Semiology Specialist.

Il corso si terrà al centro di Lugano, in Svizzera, venerdi 12 aprile 2019 dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18

Il costo per partecipare è di 250 CHF. Il corso è a numero chiuso.

Per ulteriori informazioni e per procedere all'iscrizione inviare una mail a informa@arseuropa.org

TATSUYA TANAKA E L'ALLEGORIA DEL CALENDARIO DELLE MINIATURE

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Raccontare ogni giorno una storia che vede come protagonista un'umanità in miniatura, alle prese con gli oggetti della nostra quotidianità che diventano le fantasmagoriche scenografie delle loro vicende. Questa è la filosofia degli originali scatti fotografici di Tatsuya Tanaka.

"Volevo catturare queste sensazioni e fotografarle, quindi ho iniziato a mettere insieme un "calendario delle miniature".

Un approccio che ricorda da vicino quello tante volte sperimentato nella nostra infanzia: quello di trasformare, con il potere della fantasia, qualsiasi oggetto e attribuirgli un nuovo significato.

Tatsuya Tanaka non è il primo artista a sperimentare piccoli diorami giocando con gli oggetti – e gli ingredienti – di tutti i giorni, ma alcune delle sue opere, a differenza di quelle di altri colleghi, sono davvero sorprendenti da un punto di vista semiotico.

L'artista impiega quotidianamente le famose miniature della Preiser, quelle che si utilizzano di solito per "animare" i plastici dei trenini o i diorami. Figurine in scala H0, vale a dire "icone" rimpicciolite di 87 volte rispetto agli originali.

Una confezione di personaggi in miniatura di Preiser
Un'iperboleinversamente proporzionale. a ben pensarci. Signore con il carrello della spesa, bambini intenti a mangiare un gelato, anziani seduti su una panchina a leggere il giornale, tutti in rigorisa scala 1:87.

Fin qui niente di strano. Se non che a un certo punto queste icone vengono accostate a oggetti quotidiani.

Facciamo subito un esempio: alcune icone di contadine vengono collocate sopra le patatine grigliate (sì proprio quelle decantate da Carlo Cracco).

L'inferenza generata dall'accostamento degli oggetti fuori scala
Ed ecco che magicamente si genera un'inferenza: le scanalature delle patatine, su cui stanno lavorando con i loro attrezzi in miniatura le nostre icone, diventano magicamente i solchi di un campo arato. 

L'accostamento di due oggetti fuori scala ha generato una nuova conoscenza che, nell'atto dello scatto fotografico, diventa una scena di vita quotidiana plausibile, un momento del processo di accumulazione del calendario digitale dell'artista.

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Non solo: il nuovo significato, in questo caso la coltivazione di un campo, è sempre associata al significato originario dell'oggetto rappresentato, in questo caso le patate. Ne scaturisce una allegoria.

Lo stesso avviene per le icone dei Beatles che attraversano la mitica Abbey Road, costituita da un disco in vinile. La strada diventa in questo caso allegoria della produzione musicale dei talentuosi fab four, qui rappresentati dalle loro icone.

La ricostruzione della mitica scena di Abbey Road
Per non parlare dell'allegoria presente nell'immagine di copertina dei questo articolo: il mondo digitale, con i suoi tasti, funge da tomba al mondo analogico, rappresentato dalle icone dolenti in miniatura.

Gli eventi quotidiani osservati da una diversa prospettiva possono portare a risultati sorprendenti e Tatsuya li racchiude tutti nel progetto Miniature Calendar e potete dare un occhio al resto del suo lavoro sul suo sito web, oppure guardare una rassegna dei sua scatti sul nostro video.

LOVE STORY, L'AMORE, LA MORTE E IL MODELLO ATTANZIALE

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Non esiste una storia interessante e coinvolgente senza la presenza, nella narrazione di un ostacolo, che può essere sia superabile che insuperabile.

Su questo concetto è basato il principio del modello attanziale.

Love Story è un film drammatico del 1970 diretto da Arthur Hiller.


La storia drammatica racconta di un amore spezzato dalla sventura.

Il giovane Oliver Barrett, ricco studente di Harvard si innamora di una semplice italoamericana Jennifer Cavalleri, studentessa di musica.

I due contravvenendo alle condizioni imposte dal padre di Oliver  decidono comunque di sposarsi e vanno a  vivere insieme in severe ristrettezze economiche.



Quando finalmente Oliver viene assunto da un prestigioso studio legale di New York, la coppia decide di mettere su famiglia ma non riescono ad avere figli. Dopo accertamenti clinici si scopre che Jenny è affetta da una forma di leucemia e che le resta poco da vivere. Il film termina con la morte della ragazza.

Il soggetto sono Oliver e Jennifer
l'oggetto è vivere insieme una lunghissima storia d'amore
l'aiutante è il sentimento profondo e la volontà di stare assieme
l'opponente è prima il padre di Oliver e poi la leucemia e la morte della ragazza
il destinante è lo sceneggiatore del film, Erich Segal,insieme al regista  Arthur Hiller.
il destinatario il pubblico di spettatori



Abbiamo anche un quadrato semiotico, nella narrazione, legato sul binomio di opposti vita/morte:

Vivi sono i due ragazzi che si amano
morta è Jennifer alla fine della vicenda
non vivoè Oliver dopo la perdita del suo amore
non mortoè il padre di Oliver, chiuso alle emozioni e quindi virtualmente morto, con la sua aridità d'animo.


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Se i due ragazzi dopo essersi sposati avessero avuto bambini e fossero vissuti felici per sempre non ci sarebbe stata una storia che è tale solo in presenza di sventure, ostacoli o difficoltà.

SENSO COMUNE VA ALLA RICERCA DEL SEGNO PERDUTO

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Senso Comuneè un'inchiesta sulla ricerca del senso perduto della comunicazione nell'odierna società in cui con  interviste a intellettuali, scrittori, filosofi, artisti e pensatori, si cerca di comprendere come e se sia possibile porre rimedio all'insostenibile inconsistenza del segno, delle parole, dei messaggi e delle immagini che ci circondano e ci bombardano quotidianamente.

Intervistati da Cinzia Ligas di Polisemantica, hanno partecipato alla discussione Marcello Veneziani, Marco Guzzi, Simone Perotti,Pietro Ratto e Rocco Bruno.


Nella nostra società stiamo assistendo a un progressivo perdersi di senso?

La comunicazione attuale si è inserita in un vicolo cieco in cui è impossibile comunicare?

Stiamo assistendo, nella comunicazione verbale e scritta, a un processo temporale fisiologico della lingua o a intromissioni da parte di una sorta di neolingua "polically correct”?




A queste e ad altre domande rispondono, con competenza e profondità alcuni fra i più impegnati intellettuali italiani.

Senso Comune affronta tematiche scomode e pone domande difficili, al fine di comprendere meglio la realtà che ci circonda, i suoi innumerevoli volti e i cambiamenti comunicativi e antropologici in atto.

ZABRISKIE POINT, MICHELANGELO ANTONIONI E L'ESPLOSIONE DELL'ATTUALE SISTEMA DI VALORI

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Zabriskie Point è un film del 1970 diretto da Michelangelo Antonioni.

Si tratta di una storia nata per accostamento con vari episodi modulari, che per inferenza fanno generare allo spettatore un senso compiuto che di per sé, linearmente, il film non avrebbe. E' in effetti una sorta di polisindeto visivo in cui vari episodi tra loro apparentemente distanti vengono accostati senza effettivi legami semantici.

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Metafora della vita dei giovani ribelli degli anni '60/'70, il film è allegoria della ribellione al sistema capitalistico americano, percepito come ingiusto, alienante, disumanizzante.

Il fulcro della vicenda si svolge a Zabriskie Point, nella Valle della Morte, nome dall'efficacia evocativa e metaforica, in cui i due giovani si baciano e fanno l'amore.

La contraddizione dell'amore nella valle della morte

I due giovani, nella scena in cui appaiono, come nate dalle pietre del deserto, innumerevoli altre coppie nude impegnate nella medesima occupazione, ne sono la sineddoche, una parte per il tutto, intendendo con la tale scena di sesso collettiva (ma non orgiastica), la successione temporale di tutti quanti coloro, in ogni tempo, hanno utilizzato quel luogo deserto e di morte per fare l'amore: un'antitesi visiva fra eros/thanatos, amore e morte di indubbia efficacia.

Sineddoche del sesso nel mondo, una parte per il tutto o il tutto per una parte

Alla fine del film il giovane viene ucciso dalla polizia. Essendo lui prosopopea della ribellione e desiderio di uscire dagli schemi precostituiti di una società finta e basata solo su denaro, consumo e apparenze, lo scontro con le forze dell'ordine è allegoria dell'eterna battaglia fra nuovo e vecchio, fra status quo dei potenti e voglia di cambiamento di tutti gli altri.

La metafora della esplosione dei valori

La scena finale in cui nell'immaginazione della ragazza che aveva amato il protagonista la lussuosa villa nel deserto (metafora della contaminazione della purezza della natura da parte dell'artificialità inquinate dell'Uomo) esplode facendo vedere al rallentatore saltare in aria in mille pezzi suppellettili, librerie, vestiti, elettrodomestici, cibarie e altri beni di consumo, presentati agli occhi dello spettatore per accumulazione, è metafora dell'esplosione del sistema economico capitalistico e delle sue storture, disumane e disumanizzanti.

SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - PRIMA PARTE

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Continua il nostro viaggio alla scoperta della simbologia degli affreschi della cappella degli Scrovegni, a Padova.

Dopo i cicli della vita di Gioacchino e Anna e di Maria, nel secondo registro, parete sud, troviamo altre cinque scene del ciclo dedicato alla vita di Gesù, ovvero

Natività di Gesù e annuncio ai pastori
Adorazione dei Magi
Presentazione di Gesù al Tempio
Fuga in Egitto
Strage degli innocenti

In realtà la prima scena di questo ciclo si trova nel registro centrale superiore sulla parete dell'arcone, ed è la Visitazione.



Maria incontra la cugina Elisabetta che, miracolosamente, in tarda età era in attesa del suo primo figlio, che sarebbe stato Giovanni il Battista.

L'anziana donna ha un veste gialla, a simboleggiare il grande cambiamento che era avvenuto nella sua esistenza e anche per alludere al fatto che per la prima volta un essere umano, il figlio che ella ha in grembo, ha percepito la presenza di Dio fatto uomo sulla Terra.

Maria, con una veste inferiore candida, simbolo della sua purezza e una sopra, smanicata, rosso porpora, a simbolo della sua regalità, in quanto madre di Dio, abbraccia affettuosamente la cugina.

Una donna in abito azzurro, dietro Elisabetta, è incinta, simbolo della condizione delle due donne e del fatto che essa è di origine celeste, divina, sia pure in modalità diverse.

Dietro Maria due donne, una delle quali con dei panni bianchi, allusione ai nascituri che avranno bisogno di essere fasciati.



Nella scena seguente, Natività di Gesù e annuncio ai pastori, nella parete sud, Maria osserva rapita il bambino e gli tende le braccia, amorevole.

Il suo gesto ha un significato duplice: da una parte di accoglimento e protezione, ma dall'altra di offerta del proprio Figlio al mondo, rappresentato per sineddoche dalla levatrice, che con cura tocca il Neonato.

Ai piedi del letto, trasognato, in disparte, seduto, sta Giuseppe, per simboleggiare la sua partecipazione passiva all'evento, non solo della Nascita ma soprattutto del concepimento, essendo solo il padre putativo di Gesù ma non quello vero.

La presenza degli angeli, riconoscibili dall'elemento sia iconografico che simbolico delle ali, per significare la loro leggerezza, incorporeità, essendo spiriti, la loro libertà, velocità e il loro ruolo di messaggeri divini, è un implicito riferimento al fatto che il Bambino è speciale, è sovrannaturale, è divino.

I loro gesti, che rappresentano la preghiera al Cielo e al Bimbo, sottolineano questo legame tra la materia, il corpo umano del Bimbo e la Spiritualità divina che Gli vengono direttamente dal Padre, Dio Creatore.

Il quinto angelo è invece il tramite tra la Divinità e l'Umanità, simboleggiata dai pastori, ammirati e sbigottiti dinanzi a tale manifestazione luminosa e spirituale.

Anche gli animali presenti sono simbolici, oltre che iconografici: il bue e l'asinello rappresentano Ebrei e Gentili che assistettero alla venuta di Cristo senza comprenderla, come ottusi animali.

Il piccolo gregge simboleggia la Chiesa novella, l'umanità che verrà redenta dal suo Buon Pastore, seguendo le sue indicazioni e venendo da Lui guidata e protetta.

La greppia in cui il Bambino sta per essere deposto è simbolo della povertà in cui ha deciso di calarsi, ma non intendendo con questo termine la miseria economica (Giuseppe era un artigiano, lavorava e manteneva agevolmente la famiglia), quanto piuttosto la misera condizione umana in cui si era inserito volontariamente per riammetterla, con il Suo sacrificio, alla gloria immortale da cui proveniva e che aveva perduto con il Peccato Originale.

Anche i colori sono adoperati non solo per l'appagamento della vista, ma per simboleggiare determinati concetti.

L'azzurro lapislazzulo del manto di Maria, ormai quasi scomparso, simboleggia la Grazia divina, il mondo sovrannaturale che la Vergine ha deciso di accogliere nella sua vita, la sua calma e imperturbabilità, il rosso della sua veste il sangue di Gesù che sarà versato per l'umanità e il dolore che Lei dovrà sopportare.

Il giallo di cui è vestito Giuseppe evoca che lì, in quella stalla, è appena avvenuto un cambiamento epocale, che trasformerà la Storia e il destino dell'Uomo, o almeno di coloro che lo accetteranno. Il giallo è in effetti il colore del cambiamento, della trasformazione, e questo elemento rende lo statico Giuseppe uno degli elementi più dinamici dell'opera.

Infine le aureole intorno al capo degli angeli, di Maria e di Giuseppe simboleggiano la loro santità, la loro condizione perfetta, superiore, quasi ormai completamente proiettata in una dimensione altra, sovrannaturale.

Quella del Bambino è cruciforme, per evidenziarne la natura e il futuro, sia di mortale sacrificio cruento ma soprattutto di sfolgorante vita gloriosa ed eterna.



Nella scena seguente, l'Adorazione dei Magi, la Sacra Famiglia è seduta sotto l'edificio ligneo, icona della stalla in cui è nato il Figlio di Dio ma anche simbolo della Chiesa di cui Egli sarà il fondatore.

Il luogo dove il Bimbo accoglie i tre Magi è simbolo della povertà che Dio ha scelto per condividere la sua esistenza terrena fra gli uomini, scegliendo la libertà che essa assicura. Tale povertà è anche metaforica, intendendo con essa la condizione umana rispetto a quella divina che Gli appartiene.

I colori delle vesti indossate sono ricchi di simbologia: Maria, è vestita con  una veste rosso intenso con bordature d'oro, che richiama insieme l'idea di regalità della Madre di Dio ma anche il sacrificio di sangue che le sarà richiesto nella persona di Suo Figlio. Un manto blu oltremare (quasi completamente perduto), la ricopre, simbolo del suo destino celeste, ultraterreno e della sua condizione privilegiata.

Il Bambino, in fasce, è coperto da una mantellina verde, simbolo della speranza che Egli porta nel mondo.

Giuseppe ha come sempre l'abito giallo, per sottolineare il cambiamento epocale dovuto alla nascita di quel Bambino.

I tre Magi appaiono in tre età differenti, grazie agli indici dati dal colore del capelli, dai lineamenti del viso e dall'invecchiamento della pelle: rappresentano quindi i diversi periodi della vita dell'uomo: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia.

I Magi porgono adoranti i loro doni al Bambino. si tratta di oro, incenso e mirra.

I tre doni hanno precisi significati: l'oro è simbolo di regalità, che i tre saggi riconoscono a Gesù; l'incenso rappresenta la Sua divinità, la dimensione  soprannaturale da cui Egli proviene; la mirra, rappresenta l’umanità, alludendo  alla morte che la affligge, e alle ferite che tale resina cura. Allude anche alla morte di Gesù, prova della Sua reale umanità e mezzo attraverso il quale è destinato a far trionfare la Vita, risorgendo.

Inoltre, essendo l’incenso il profumo che ancora si utilizza in oriente per purificare l’aria e, nella liturgia, intorno all'altare, è simbolo di purezza.

L'oro rappresenta la regalità, il potere, che si riveste qui di caratteristiche divine.

La mirra è simbolo della cura, del medicamento, della carità.

Il numero tre  allude all'omaggio a Gesù Cristo delle tre parti del mondo allora conosciute: l’Africa simboleggiata da Baldassarre, l’Asia da Melchiorre e l’Europa da Gasparre.

Essi sono quindi sineddoche dell'Umanità intera o almeno di quella parte che intende riconoscere e adorare Gesù come Figlio di Dio.

I calzari rosso porpora simboleggiano la loro condizione regale, insieme alle corone d'oro che hanno sulla testa. Il fatto che essi si inginocchino dinanzi al Bimbo simboleggia che Egli è il re dei re.

I cammelli sono simbolo del fatto che i Magi venivano da luoghi esotici.

La presenza degli angeli simboleggia la sovrannaturalità dell'evento.



Nella Presentazione di Gesù al Tempio, la scena si svolge presso la medesima architettura, già adoperata da Giotto nelle scene di Gioacchino e di Maria, per rappresentare il Tempio di Gerusalemme.

Si tratta del rito della circoncisione di Gesù, otto giorni dopo la sua nascita, in ossequio alla Legge ebraica.

L'offerta rituale di due colombe,  portate da Giuseppe, come il rito prescriveva, intende sottolineare la ragione della presentazione del Bambino al Tempio.

Gesù è affidato da Maria a Simeone, il sacerdote con l'aureola, per simboleggiare il fatto che lo Spirito Santo e la grazia di Dio erano in lui, per permettergli di riconoscere in quell'infante il Signore dell'Universo.

Dato che l'icona del Tempio è prefigurazione della Chiesa che verrà, il gesto di Maria che offre Gesù al ministro del Tempio, è simbolo della sua offerta del Figlio alla Chiesa.

Quando qualcuno riceveva dall'Imperatore bizantino un dono, doveva nascondere le mani sotto in lembo del mantello. Ecco perché Giotto rappresenta il vecchissimo Simeone che accoglie Gesù in braccio con le mani coperte da un drappo di stoffa.

Ciò implica che il dono che Maria fa alla Chiesa è dono imperiale e che come tale deve essere riverito.

La Profetessa Anna è riconoscibile dal cartiglio con la profezia "quoniam in isto erit redemptio mundi" cioè "poiché in costui vi sarà la redenzione del mondo".

Un angelo appare in cielo con una verga dorata col trifoglio in cima, simbolo della Trinità.



Nella scena seguente, la Fuga in Egitto, è narrato l'episodio in cui la Sacra Famiglia, avvisata in sogno, per sfuggire alla rabbia di Erode e salvare la vita al Bambino, fuggì oltre confine.

L'asina era nell'Antico Testamento, la cavalcatura dei re e ciò simboleggia la natura regale e soprannaturale del Bambino e di Sua madre.

L'animale è guidato da un giovane dalla veste nera, colore simbolo della morte che attende il Bambino, quando sarà adulto, ma il giovane indossa una corona di edera, simbolo dell'immortalità, della vita eterna che Gesù con il suo sacrificio donerà a chiunque crederà in Lui.

Il giovane conduce l'asino là dove l'angelo, in cielo, indica, certo di percorrere la strada giusta per giungere a destinazione senza correre pericoli.

Il significato è chiaro: il viaggio della Sacra Famiglia è non solo simbolico di quello che attende Gesù nella sua età adulta, ma anche quello che ogni Uomo deve compiere, attraverso i pericoli e le difficoltà della vita (simboleggiate dallo strapiombo che l'asina costeggia) per raggiungere la salvezza.

Per farlo ogni uomo sa, come il giovane conduttore, che la morte incombe ma è certo anche che essa non può fare realmente paura a chi si lascia guidare da Dio ed è incoronato per vivere una esistenza eternamente felice.

La Sacra Famiglia quindi apre la via, seguita dai tre giovani, sineddoche della Umanità in cerca di luce e salvezza e le cui vesti rimandano ai colori simbolici delle tre Virtù teologali, fede, speranza e carità, necessarie per affrontare il viaggio pericoloso.



Infine, nella Strage degli Innocenti, osserviamo due elementi che connotano percettivamente la scena: il colore viola e le linee diagonali discendenti, che sottolineano l'angoscia, la rovina, la perdita, la crudeltà della decisione presa dal tiranno Erode, sulla terrazza, che appare a braccio teso verso il basso.

I codici mimetici delle donne esprimono disperazione, dolore, impotenza.

Quelli dei sicari, indifferente disumanità.

Quelli dei passanti pietà e compassione.

La scena è quindi tripartita tra chi fa il male, chi lo subisce e chi si astiene dal compierlo.

Le icone dei cadaveri scomposti dei bambini, ammassati sul terreno, simboleggiano le fondamenta della Chiesa che sorgerà, che si basa sulla testimonianza e il sacrificio degli innocenti di tutte le età che soffrono per le scelte scellerate di quanti preferiscono le tenebre alla luce.


IL MEDIUM E IL MESSAGGIO - CRISTOFORO GORNO

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Nuova puntata della serie di interviste "Il medium e il messaggio", inchiesta sul rapporto tra cultura e televisione, ispirata alla rivisitazione del celebre motto di McLuhan, tratto dal suo saggio, "il medium è il messaggio", con l'intervento di esponenti della Tv, della cultura e del Web.



Oggi  partecipa alla discussione  Cristoforo Gorno, autore televisivo che si è dedicato alla divulgazione storica e scientifica, tra i suoi programmi Gaia (Raitre) Atlantide e Impero (La7) Il Tempo e la Storia (Raistoria).

Ha ideato e condotto per Raistoria il programma Cronache dall’Antichità, Cronache dal Medioevo, e Cronache dal Rinascimento.

Ha pubblicato due romanzi, In me io mi salvo e Nelle mani di un Dio qualunque



1) E' ancora possibile oggi usare la TV per diffondere la cultura, intendendo con questo termine  la divulgazione di sapere relativo all'Arte, alla Storia, alla Letteratura come avveniva negli anni '60 e '70?

Sì, oggi c'è anche più offerta, più canali e  più strade per accedere alla divulgazione. Per esperienza personale vedo che le cose che faccio dopo la messa in onda si trovano nelle piattaforme, nei social per poi finire nelle scuole come materiale didattico.

Secondo me il passo indietro rispetto a quegli anni è stato fatto nelle fiction storiche, spesso fuorvianti rispetto alla realtà dei fatti e dei personaggi.

L' invenzione, specie se dichiarata e comunque fedele al contesto, è una buona cosa, la mistificazione no.



2) Perché da oltre vent'anni i volti italiani in Tv che si occupano di cultura sono sempre gli stessi? Non c'è spazio per nuovi esperti divulgatori culturali o proprio non ce ne sono più in Italia?

Ma non è del tutto vero, ogni tanto qualcuno nuovo ne appare!




3) Per "fare cultura" la televisione è un mezzo valido o è preferibile usare le nuove tecnologie, il Web in primis?

Con il diffondersi delle smart tv la televisione generalista in chiaro così come la conosciamo scomparirà, le nuove generazioni a stento conoscono l'esistenza dei canali tv tradizionali, ma le piattaforme dovranno essere comunque riempite di contenuti.

Penso che in questa fase di transizione la soluzione migliore per raggiungere più pubblico  sia usare tanto la tv quanto il web, cosa che del resto i broadcaster stanno già facendo.

Per fare un esempio, tutti i programmi Rai devono essere completamente privi di vincoli sui diritti per poter andare anche su Raiplay, fino a qualche anno fa la diffusione web e quella televisiva erano separate, ora sono la stessa cosa.




4) Secondo lei, l'utilizzo degli smartphone, con la visualizzazione in uno schermo piccolo e verticale, rischia di alterare la fruizione dei contenuti? Se sì, i contenuti culturali risultano avvantaggiati o sfavoriti da questo tipo di device?

Dipende dalla situazione,se ci si trova in un museo, davanti a un monumento o a un'opera d'arte lo smartphone è utilissimo per approfondire ciò che si sta vedendo in quel momento, il documentario di grande respiro sarà sempre meglio vederselo su un bello schermo grande.





5) Le emittenti tv, in genere, cercano nuove idee di format culturali o preferiscono adagiarsi su dinamiche consolidate?

Le emittenti tv e i loro dirigenti non sono tutti uguali, ad alcuni piace sperimentare e rischiare, ad altri no.


IPERTOPIA E IPOTOPIA DEGLI SPAZI

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L'antropologo Marc Augè è l'ideatore del concetto di non-luogo, o meglio, in francese, non-lieux.

Si tratta di un concetto determinato da due variabili, ovvero

  1. gli spazi di trasporto, transito, commercio, tempo libero e svago come aeroporti, centri commerciali, stazioni ferroviarie 
  2. il rapporto che viene a crearsi fra gli individui e quegli stessi spazi.

Tali nonluoghi si trovano in contrapposizione ai luoghi antropologici, cioè spazi identitari, relazionali e storici, come chiese, centri cittadini, monumenti o edifici storici.



I non luoghi sono spazi senza storia, senza identità e senza capacità di essere ambiente di relazione fra esseri umani, ma solo di connessione casuale ed effimera.

Tale teoria ha goduto di grande fortuna per la sua capacità di rappresentare la società attuale caratterizzata dalla precarietà assoluta.

A tale interessante teoria se ne potrebbe accostare un'altra, basata invece sul principio dell'ipotopia e dell'ipertopia. 




Partendo da termine greco topos, il cui significato è luogo, possiamo affermare che il luogo, il topos per eccellenza è la casa, l'abitazione.

La casa ha una valenza neutra, nè ipertopica nè ipotopica, ma si può caricare, di caso in caso, di differente semanticità.



Gli elementi ipotopici, ovvero i luoghi a bassa semanticità, e con una forte connotazione esocentrica, centrifuga, sono per esempio la strada, il supermercato, il porto, la stazione, l'aeroporto, la chiesa, la posta, l'albergo, il monumento storico meta di pellegrinaggi turistici, luoghi nati insomma con la naturale vocazione a essere di passaggio, in cui lo scopo è per i fruitori quello di usarli e poi di attraversarli il più velocemente possibile, senza stabile stazionamento. Molti di questi elementi ipotopici si sovrappongono ai non luoghi, ma non tutti.



Vi sono poi, in antitesi, gli elementi ipertopici, luoghi ad alta semanticità e con una forte vocazione endocentrica, centripeta, come per esempio il carcere, la scuola, la fabbrica, l'ufficio o comunque il luogo (chiuso) di lavoro, l'ospedale, la caserma e il cimitero, luoghi in cui i fruitori sono costretti a stare a lungo (talvolta sine die) anche controvoglia.



Sia gli elementi ipotopici sia quelli ipertopici sono organizzati in climax ascendenti o discendenti: vi è una maggiore o minore ipotopia fra una strada che si percorre velocemente o un albergo in cui si stazione per ore o giorni così come fra una scuola in cui si staziona per qualche anno, sia pure muovendosi tra essa e la propria abitazione, e un cimitero.

Paradossalmente vi è una diversa percezione di questi elementi ipotopici e ipertopici da parte dei fruitori e degli addetti, di natura speculare e inversamente proporzionale: l'addetto agli imbarchi che lavora in un aeroporto ci sta stabilmente, il fruitore, viaggiatore diretto altrove, vi transita velocemente.



Lo stesso vale per gli elementi ipertopici: i parenti dei carcerati fanno visita e vanno via, i fruitori dei carceri, coloro per i quali sono stati costruiti vi restano più o meno a lungo, talvolta per sempre.

Al centro tra queste due varianti vi è il topos, la casa.

Anch'essa, pur essendo neutra, si carica di significazione differente a seconda della percezione che di essa ha il suo occupante. Può sembrare ai suoi abitanti una prigione, quindi ipertopica oppure, in antitesi, un dormitorio in cui si va solo a trascorrere la notte, perciò ipotopica.



Tranne eccezioni che non farebbero altro che confermare la regola, il mondo antropico si divide in ipotopie e ipertopie, spazi architettonici con antitetico significato, vocazione e funzionalità, i cui utenti si adattano, per il tempo che devono o vogliono frequentarli, alle caratteristiche semantiche che hanno il potere di trasformare chi li usa ma che, paradossalmente possono essere percepiti in modo diametralmente opposto da addetti e da fruitori.



MISTERI DELL'ANTICA GRECIA - SEMEION, 3A PUNTATA

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La terza puntata di Semeion è dedicata all'antica Grecia e ai suoi simboli misteriosi.

Gli antichi Greci credevano nella presenza di esseri soprannaturali benefiche o malefiche, che potevano influenzare la loro vita. E allora cercavano di proteggersi con simboli magici e apotropaici.

Cosa era l'anathema, il significato del serpente, lo scopo del gorgoneion, i simboli sugli scudi e il valore degli occhi dipinti su navi e coppe del vino.



Quella greca antica, fu una civiltà ricchissima di simbologie, di significati nascosti ma chiarissimi agli occhi dei loro contemporanei.

In questo video tutti i simboli più importanti nell'antica Grecia, dalle pratiche religiose, alla vita di ogni giorno.



SEMEION – i simboli e la Storia” è la nuova serie video che indaga sul significato e le origini dei più famosi simboli dell’antichità.



IL CARNEVALE DI ARLECCHINO DI MIRÓ E L'ACCUMULAZIONE DI ICONE STILIZZATE

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Mille piccoli oggetti ballano in una stanza, in una atmosfera giocosa e rilassante nell'opera "Il Carnevale di Arlecchino" di Joan Miró, dipinta nel 1925.

Si tratta di diavoletti infantili, oggetti strani, piccoli giocattoli fantastici, strani esserini alati che escono da dadi da gioco, chitarre e gatti, pesci e mappamondi, in un vorticare allegro e scanzonato, in una accumulazionegioiosa.

Niente rimanda ad Arlecchino, che dà il titolo all'opera, ma tutto il dipinto è sua icona stilizzata, fatto di colori e forme diverse, come il suo abito carnascialesco.

L'opera stessa è metaforadel Carnevale, della sua allegria, della sua gioia scanzonata.

In tale "bailamme" di luci e suoni, si riconoscono una serie di simboliquali ad esempio la scala che rappresenta la fuga dal mondo e l’evasione,  la sfera nera sulla destra del dipinto simboleggia il globo terrestre.

Le icone stilizzate abbondano:
  • gli animali sono quelli che amava e di cui sempre si circondava, il gatto colorato, ad esempio, è un omaggio a quello che aveva sempre con sé quando dipingeva
Alcuni animali che giocano nel dipinto di Miró
  • il triangolo che appare dalla finestra evoca la Tour Eiffel e Parigi dove risiedeva in quegli anni
L'icona stilizzata della Tour Eiffel nel riquadro della finestra
  • l'uomo seduto che fuma la pipa, al centro della composizione
  • la chitarra che anima la scena, e che inoltre è simbolo della musica e dell'allegria.
L'uomo che fume la pipa e la donna che suona la chitarra
Sembra quasi di percepire la musica che allieta la scena, in una serena giornata parigina, piena di buonumore e di amici, umani e no.

Si canta, si suona, si fa arte, si vive.

Ecco il suggestivo video su Ars Europa Channel. Buona visione!

4 MARZO 1943, GESÙ BAMBINO, LA GUERRA E IL COMPLEANNO DI LUCIO DALLA

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In origine il titolo era Gesù bambino ma per consentire la partecipazione al Festival di Sanremo del 1971, in coppia con la Nuova Equipe 84 e conseguente passaggio televisivo, i censori della RAI imposero il cambio di alcuni parti del testo, scritto da Paola Pallottino e del titolo, che divenne appunto 4 marzo 1943, data di nascita di Lucio Dalla.

La canzone narra la storia di una ragazza madre, il figlio è di un soldato alleato, morto poco dopo.

Presenta le caratteristiche di una ballata popolare, con quattro strofe uguali, introdotte da un orecchiabile refrain di violino.

Il testo originale nell'epilogo della storia doveva essere:"e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù bambino" una breve trattativa e il verso divenne:"e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino".

Ne fu cambiato il titolo prendendo a spunto la sua data di nascita, pur non essendo una canzone autobiografica, tranne per il fatto che Dalla era orfano di padre e che quindi crebbe con la madre.

Un fotogramma della storica esibizione al Festival di sanremo del 1971
Paola Pallottino , autrice del testo, racconta: "mi misi a scrivere un testo sul' assenza del padre, poi però scrivi scrivi è venuta fuori una canzone sulla madre".

Quindi il testo è un'allegoriasull'assenza del rapporto paterno e una metaforadell'infanzia di Dalla, insieme a sua madre.

Metaforaanche delle situazioni simili nate durante la guerra, quando molti bimbi nascevano da incontri di giovani italiane con soldati alleati che poi morivano in battaglia e allusioneanche alla vicenda evangelica della nascita di Gesù, il cui vero Padre è 'lontano' e cresce con la sua Mamma.



Tale citazione deriva anche dal nome "Gesù bambino" che la ragazza diede al figlio "del bell'uomo che veniva dal mare".

Si è voluto inoltre creare un contrasto, un'antitesitra il fatto che Gesù bambino giochi a carte e beva vino con la gente del porto, tra cui "ladri e puttane" ma si tratta invece anch'essa di una citazione per coloro che dimenticano che il Gesù storico era solito frequentare peccatrici e pubblicani, poiché diceva «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Nel verso "con l'unico vestito ogni giorno più' corto" vi è l'implicazione che la ragazza è incinta, il pancione cresce e naturalmente questo rende il suo vestito più corto sul davanti e lei non ha abbastanza denaro per comprarne uno più adatto.

"Le strofe di taverna,le canto' a ninna nanna"alludeall'ambiente in cui la ragazzina viveva e in cui nacque il suo bambino.

"Della sua breve vita e' il ricordo più' grosso"implica che la giovane mamma restò per poco tempo su questa terra e che il povero Gesù bambino si ritrovò presto orfano sia di padre che di madre.

Il fatto di aver voluto censurare i versi "incriminati" ha eliminato una forte connotazioneproletaria, oseremmo definire pasoliniana, legata all'ambiente povero, diseredato, problematico ma anche di vera e genuina umanità che l'autrice aveva saputo tratteggiare con le sue parole.

La canzone arrivò terza in quell'edizione del Festival, ma poi ebbe il successo planetario che tutto conosciamo.

IL TESTO

Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare...
parlava un'altra lingua...
però sapeva amare;

e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato..
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l'unico vestito
ogni giorno più corto,

e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
m'aspetto' come un dono d'amore
fino dal primo mese.

Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!

e stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava a far la donna
col bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.

Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
e' tutto in questo nome
che io mi porto addosso.

E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.

E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.

LA CANZONE

LA LOTTA TRA IL CARNEVALE E LA QUARESIMA E LA SUA SIMBOLOGIA

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Il martedi grasso finisce il Carnevale (tranne che nei territori in cui vige il rito ambrosiano), momento di follia, allegria, abbondanza, rovesciamento dei ruoli e tale per cui "semel in anno licet insanire", ovvero "una volta all'anno è lecito folleggiare".

Il giorno dopo, mercoledi delle Ceneri, inizierà un periodo diverso, antitetico al primo, fatto di privazioni, rinuncia, penitenza e purificazione.

Questo passaggio, ora molto poco sentito dalla società secolarizzata, era invece intensissimo nella civiltà medievale e post medievale e fu magistralmente interpretato da Pieter Bruegel il Vecchio nel suo dipinto a olio su tavola del 1559 intitolato "La Lotta tra Carnevale e Quaresima" che è oggi conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

L'opera, brulicante di personaggi intenti nelle loro occupazioni, è organizzata con una dicotomia intensa, in cui le due parti del dipinto si trovano in assoluta antitesi.



In primo piano vediamo un uomo grasso a cavallo di un barile e una donna smunta e pallida su una sorta di carretto con ruote piccolissime, simbolo e prosopopea il primo del Carnevale, la seconda della Quaresima.

Il Carnevale è circondato di prelibatezze. Ha in testa un pasticcio di carne, è armato di uno spiedo con vari pezzi di carne infilzati, fra cui la testa di un maialino e una salsiccia penzolante, cavalca una botte piena di birra o di vino su cui è infilzato un prosciutto, simboli di abbondanza.

La Quaresima, vecchia, pallida e magrissima, combatte contro lo spiedo del Carnevale con una pala che porta due misere aringhe, simbolo della penitenza e dell'astensione dalla carne e ha sul capo un'arnia, simbolo della Chiesa Cattolica, promotrice della Quaresima, a differenza di quella Protestante che l'aveva abolita, lasciando però il Carnevale.

Il Carnevale viene spinto da uomini mascherati, la Quaresima trascinata da un frate e una suora, simboli i primi della società laica che reclama la baldoria, i secondi della Chiesa che raccomanda la penitenza.



Sul carretto della Quaresima si vedono i bretzel tipici pani quaresimali usati nei paesi del nord d'Europa. Infatti, durante questo periodo di penitenza era per i cattolici, era vietato mangiare o bere latte, uova o strutto, mentre i bretzel, privi di queste elementi, erano concessi.

La dicotomia antitetica continua con lo schema sinistra/destra, festa/penitenza, abbondanza/privazione, allegria/dolore, carne/pesce, chiesa/osteria e così via dicendo.

Infatti la folla posta a sinistra, in sinergia con il re Carnevale fa baldoria, si diverte, canta, suona, gioca a dadi, mangia; la folla a destra, coerentemente con la sua smunta guida, fa penitenza, prega, si occupa della opere di misericordia corporale e in un periodo in cui non è lecito suonare le campane richiama alle funzioni religiose con una sorta di tanavella, ovvero un oggetto composto da una tavola di legno, con un manico e un batacchio, tale che scuotendola produce rumore.

La sposa sudicia

Nella parte dedita alle attività carnascialesche si svolgono rappresentazioni dell'antico teatro di strada. Si tratta per esempio, de “La sposa sudicia”, tratta dalla VIII bucolica di Virgilio, in cui la bellissima pastorella Niso sposa il brutto Mopso, e il suo ex fidanzato, Damone, disperato, medita di darsi la morte.

Ursone e Valentino

Viene poi rappresentato in maniera burlesca l'episodio di Ursone e Valentino, dal ciclo carolingio, che narrava l'incontro, anzi, lo scontro tra due gemelli, il primo dei quali, Ursone, era stato rapito da neonato da un'orsa che lo aveva allevato e trasformato in un essere selvaggio mentre il secondo, Valentino era stato ritrovato dal re di Francia Pipino che lo aveva allevato a corte, quale fratello del figlio che sarebbe divenuto l'imperatore Carlo Magno.

Valentino ed Orsone erano entrambi figli di Belisante, sorella del re di Francia, e furono abbandonati neonati nella foresta dalla madre in fuga in quanto ripudiata dal marito,l'imperatore di Costantinopoli.

Anche qui troneggia l'antitesi bellissima/bruttissimo e ferino/raffinato.

"al naviglio blu"

Interessante notare la similitudine tra la barca su cui posa la botte cavalcata dal Carnevale e la taverna, la cui insegna mostra un naviglio blu, che ad Anversa era una confraternita carnevalesca. Il fatto che Carnevale stia su una barca evoca la prassi piuttosto comune nel medioevo, di allontanare i "matti" dalla comunità dei "normali", affidandoli a gente di mare che li portava su barche in luoghi lontani dalla comunità.

Hieronymus Bosch - "La Nave dei folli" - 1494 - Museo del Louvre

 Esistono anche opere letterarie sull'argomento, come il poema De Blauwe Scuut, di Jacob van Oestvoren,  "La nave dei folli" (Das Narrenschiff) opera satirica di Sebastian Brant, pubblicata nel 1494 a Basilea o la notissima "La Nave dei folli" dipinto  di Hieronymus Bosch del 1494 ora al Museo del Louvre.

Ogni personaggio della folla, intento nelle attività del periodo in cui si trova, è spesso anche un simbolo con un preciso significato.



Per esempio al centro della scena una coppia segue un buffone che fa strada con una torcia. La figura maschile ha un rigonfiamento sulla schiena, simbolo dell carico delle colpe umane; con il braccio sorregge la donna, che porta legata in vita una lanterna spenta, che è simbolo della mancanza della luce della ragione. I due sono stati interpretati come simboli del Cattolicesimo e del Protestantesimo che procedono insieme seguendo i lampi di follia, simboleggiati dalla torcia del buffone di corte.

L'uomo che vomita da una finestra dell'osteria, in strada, sopra le teste degli astanti è simbolo delle intemperanze del periodo carnascialesco.

I bambini in corteo dietro la Quaresima, con la fronte segnata dalla croce fatta dalla cenere delle palme e ulivi benedetti durante la domenica delle palme dell'anno precedente, sono simbolo del periodo quaresimale.





Vi è poi uno strano personaggio, a cavalcioni di una finestra, al centro, dove vi è la casa, elemento architettonico intermedio tra taverna e chiesa, spazi ipotopico il primo e ipertopico il secondo.

Indossa una maschera bianca, uno strano cappuccio a corni, un sacco sulla spalla. Si tratta del simbolo medievale della follia, che osserva tutti dall'alto e regola forse la vita stessa.

Bruegel però non dimentica che la vita è ciclica, alternata tra follia e ragione, povertà e ricchezza, abbondanza e penuria, disordine e ordine e per rappresentare questo concetto dispone la folla non in modo casuale ma in forma circolare: chi oggi ride domani piangerà, che gioca, lavorerà, che fa bagordi farà penitenza.



In fondo, alla fine di questa immaginaria linea circolare vi è un falò, acceso dalla folla, su cui si brucia fino a consumarlo, il fantoccio del Carnevale, simbolo della sua fine, come al termine dell'inverno si entra in un periodo di rigenerazione e purificazione della Natura, la Primavera, in cui si percepiva il passaggio vero al nuovo anno di lavori nei campi, alla nuova stagione, fatta di sudore per zappare la terra ma anche di gioia per la vita che si risvegliava, nelle gemme e nei fiori.

In questo momento di passaggio tra Carnevale e Quaresima, si intraveda anche la fine di quest'ultima e delle sue privazioni, per accedere alla Pasqua, e alla sua pienezza di gioia, di sobria abbondanza, di serena esultanza, in un ossimoro di composto entusiasmo o entusiastica compostezza, che è l'essenza della felicità.

Di seguito il video che illustra i vari dettagli dell'opera



I SIMBOLI DELLA QUARESIMA

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In Quaresima e come spesso avviene nell'ambito delle celebrazioni religiose, le istituzioni cattoliche tendono a comunicare con i fedeli attraverso un ampio utilizzo di simboli.

In riferimento alle categorie cromatiche, secondo il rito cattolico la liturgia prevede l'utilizzo di paramenti viola. Questo colore simboleggia il periodo di penitenza che precede la Pasqua, come gli altri colori liturgici rappresentano la gioia (il bianco), la passione (il rosso), la speranza (il verde) e così via, passando dal rosa (breve sosta nel cammino di penitenza), al nero (usato in occasione della commemorazione dei defunti) e via dicendo.

Tale periodo è caratterizzato dall'invito alla conversione a Dio. Sono pratiche tipiche della Quaresima il digiuno ecclesiastico e altre forme di penitenza, la preghiera più intensa e la pratica della carità. È un cammino che prepara alla celebrazione della Pasqua, che è il culmine delle festività cristiane.



Le varie forme di penitenza ricordano e simboleggiano i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo nel Giordano (ambedue simboli di purificazione), prima del suo ministero pubblico. È anche il periodo in cui i catecumeni vivono l'ultima preparazione al loro battesimo.

Le Tentazioni di Gesù nel deserto, mosaico, Venezia, Basilica di San Marco
Interessante è la contrapposizione tra il periodo della Quaresima e il precedente periodo del Carnevale, ben rappresentata dal dipinto di Peter Bruegel il Vecchio "Lotta tra Carnevale e Quaresima", del 1559.

Peter Bruegel il Vecchio "Lotta tra Carnevale e Quaresima", 1559, Kunsthistorisches Museum, Vienna
I personaggi a sinistra sono intenti al mangiare, al bere e alla rappresentazione di scene scanzonate, tipiche del periodo carnevalesco, mentre a destra sono contrapposte scene di sacrifici e sofferenze. Anche l'architettura entra in gioco per identificare i due gruppi: a sinistra si vede infatti un'osteria, mentre a destra è rappresentata una chiesa.


Per comunicare con i fedeli si usavano simboli sin dagli albori della Chiesa: non a caso il pesce era il simbolo più caro ai primi cristiani poiché rappresentava Gesù Cristo (infatti le iniziali in greco del termine "pesce" - iktùs - significavano Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).

Il pesce, uno dei primi simboli cristiani
L'utilizzo dei simboli, pienamente condivisi dai fedeli, diventava quindi una sorta di codice (segreto all'inizio) attraverso il quale comunicare la propria fede.

Una particolarità: per i credenti l'ostia consacrata non è un simbolo e nemmeno una icona di Gesù, (quindi una rappresentazione) ma è invece una realtà, in quanto per il fedele cristiano, una volta consacrata, l'ostia subisce la transustanziazione, ovvero diviene veramente corpo di Cristo, anche se appare ancora ai sensi come un comune impasto di acqua e farina.

SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - SECONDA PARTE

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Nuovo episodio del nostro viaggio alla scoperta dei simboli della Cappella Scrovegni a Padova.

Il ciclo della vita di Gesù continua sul secondo registro, nella parete nord, con le seguenti scene:

Cristo tra i dottori
Battesimo di Cristo
Nozze di Cana
Resurrezione di Lazzaro
Ingresso a Gerusalemme
Cacciata dei mercanti dal Tempio



Nella prima scena, Cristo tra i dottori, un giovanissimo Gesù, vestito di porpora, colore dei re, siede al centro della scena, circondato dai dottori della Legge, il cui simbolo è la lunga barba, indice di età matura e in similitudine con gli antichi filosofi.

Il divino dodicenne discute di teologia, filosofia e leggi ebraiche con i più saggi del tempo che rimangono sconcertati e ammirati per la sapienza del ragazzo.

La scena si svolge all'interno del Tempio di Gerusalemme.

I codici gestuali di Gesù e del sacerdote accanto a lui, raccontano, grazie alle linee ascendenti diagonaliformate dalle braccia, che la loro discussione si incentra su concetti elevati.

I codici gestuali di Giuseppe e Maria, ci raccontano il loro sgomento e il sollievo di aver finalmente ritrovato il figlio perduto.



Segue Il Battesimo del Cristo, in cui Gesù, immerso nelle acque del Giordano, ha appena ricevuto il battesimo da Giovanni il Battista.

Al centro della scena il Figlio, al di sopra del suo capo la colomba ad ali spiegate, simbolo dello Spirito Santo, e su in cielo, che si sporge dalle nuvole il Padre, che tiene in mano un libro, simbolo della Sua parola scritta nella Bibbia.

Il Battista, riconoscibile dalla veste di peli di cammello, è ricoperto da un mantello rosa, colore simbolo di virile spiritualità, in quanto sintesi del rosso maschile, determinato, volitivo e il bianco, colore della spiritualità.

Accanto al Cristo due angeli Gli sorreggono le vesti, una purpurea, simbolo di regalità, l'altra azzurra, simbolo di divinità.



Si passa poi all'episodio delle Nozze di Cana, prima manifestazione pubblica di Gesù che opera un miracolo.

Questo affresco è uno dei più ricchi di significati misteriosi dell'interno ciclo.

Occorre infatti tenere presente che Giotto, per affrescare le storie che appaiono alla Cappella degli Scrovegni, ebbe come consulente Alberto da Padova, un teologo, predicatore apostolico da Papa Bonifacio VIII  che aveva un forte interesse per le antiche leggende.

Una di queste raccontava che gli sposi di Cana altri non fossero che l'evangelista Giovanni e Maria di Magdala.

Vediamo infatti che lo sposo, seduto accanto a Gesù, è proprio Giovanni, il suo discepolo prediletto, che viene rappresentato anche negli affreschi successivi.

La vicenda viene così narrata da due testi notissimi nel Medioevo e indicati a Giotto dal teologo Alberto, ovvero la «Legenda aurea» del beato Jacopo da Varagine  e le «Meditazioni sulla vita di Gesù Cristo», dello pseudo-Bonaventura.

La madre dello sposo ritratta da Giotto sarebbe Maria Salomé, madre degli apostoli Giovanni e Giacomo. Secondo questi testi, impressionato dal miracolo, Giovanni lasciò la casa e la moglie appena sposata per seguire Gesù.

Le sei giare che contengono l'acqua che sarà trasformata in vino, sono simbolo delle sei età dell'Uomo e delle sei età in cui sant’Agostino divide la storia: da Adamo a Noè, da Noè ad Abramo, da Abramo a Davide, da Davide alla deportazione degli Ebrei a Babilonia, da tale deportazione alla nascita di Gesù Cristo, dal Natale al Giudizio Universale.

L'intera vicenda di trasformazione poi è simbolo della metamorfosi che avviene nell'Uomo quando incontra Dio, quella che attraverso l'intervento divino trasforma una unione terrena in sacramento e quella che Gesù ha operato trasformando l'Antica Alleanza in Nuova.



Nella Resurrezione di Lazzaro sono i colori e i gesti gli elementi principali della significazione.

L'apostolo che scioglie Lazzaro dalle bende, in giallo, per significare il grande cambiamento che è appena avvenuto, dalla morte alla vita.

Marta e Maria, in verde e bianco una e in rosso l'altra, colori simbolici delle tre virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, necessarie per ottenere il miracolo dal Figlio di Dio.

Gesù, in porpora regale e blu sovrannaturale.

I gesti di coloro che si coprono il viso per evitare il miasmo mortale proveniente dalla tomba aperta che odora di putrefazione,  implicano che Lazzaro fosse davvero morto e da parecchi giorni.

Le due linee diagonali ascendenti formate dalle sorelle di Lazzaro e dalla pietra tombale che viene rimossa, inviano inconsciamente un messaggio di ascesa, miglioramento, rinnovamento, che è ciò che il Cristo è venuto a portare a Lazzaro che qui è sineddoche dell'Umanità.



Nell'Ingresso a Gerusalemme il Cristo in groppa a un asino avanza benedicente mentre il popolo festante agita rami di palma e stende i mantelli al suo passaggio.

I rami di palma erano un simbolo festoso della festa delle capanne, una delle tre grandi feste di pellegrinaggio del giudaismo. Nel salmo 118, è scritto "Dio, il Signore è nostra luce/Ordinate il corteo con rami frondosi /fino ai lati dell'altare".

I mantelli erano un simbolo di incoronazione: nel libro dei Re c'è scritto "Allora essi si affrettarono a prendere ciascuno il proprio mantello e a stenderlo sotto di lui sugli stessi gradini; poi suonarono la tromba e dissero: «Jehu è re!»."

Il re Davide, al momento dell'incoronazione del figlio Salomone, disse «Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon. Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d'Israele.

Quindi questi gesti, riportati da Giotto, sono simboli della regalità e divinità di Gesù, così come i colori porpora e azzurro della sua veste.

Profonda l'antitesi con il viaggio della Fuga in Egitto in cui il bambino fuggiva dal suo persecutore che voleva farlo morire mentre ora, adulto, affronta volontariamente la morte che lo attende e per la quale è giunto su questa terra, per trasformarla, con il suo sacrificio in vita eterna per tutti gli uomini.



Abbiamo quindi l'episodio della Cacciata dei mercanti dal Tempio. In questa scena sono i gesti ad avere forte valore simbolico.

Gesù è al centro della composizione e con una corda in mano, frusta e scaccia dal Tempio i mercanti che lo hanno infestato.

Il significato è limpido: la misericordia divina non contempla l'accettazione del Male, simboleggiato dal mercante con la veste livida, ma lo espelle dal Tempio, simbolo del regno di Dio.

Come tante volte ripetuto dal Cristo, non tutti saranno accettati nel Regno dei Cieli, i malvagi saranno esclusi.

Ecco quindi una serie di antitesi evocate dall'affresco: dentro e fuori, buono e cattivo, inclusi ed esclusi.

Al centro di tale dicotomia cosmica, escatologica, è posto Gesù, Figlio di Dio, giudice dell'Umanità.

Da un lato i santi, i discepoli, gli innocenti, dall'altra i malvagi, gli ipocriti, i colpevoli.

In questa scena, mentre è evocato il ricordo della ingiusta cacciata di Gioacchino e dell'entrata nel tempio di Maria adolescente è anche prefigurato il medesimo tema del Giudizio Universale, quando come egli afferma nel Vangelo di Matteo "Quando il Figlio dell’uomo verrà tutte le nazioni saranno radunate davanti a lui, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. E metterà le pecore alla sua destra, ma i capri alla sua sinistra” e dirà ai capri alla sinistra "Via da me, voi che siete stati maledetti! Andate nel fuoco eterno preparato per il Diavolo e per i suoi angeli."

La Misericordia divina è accogliente, ma contempla anche l'esclusione.

8 MARZO: LA FESTA DELLA DONNA E IL SIMBOLO DELLA MIMOSA

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Come sappiamo la giornata internazionale della donna (comunemente definita, anche se in maniera impropria, festa della donna) ricorre l'8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo.

Questa celebrazione si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922.

Le origini risalgono al 1908, quando un gruppo di operaie dell’industria tessile Cotton di New York scioperarono per protestare contro le condizioni in cui lavoravano.

La tragica prima pagina del New York Herald del 9 marzo 1908

Dopo alcuni giorni di conflitto con le maestranze, l’8 marzo il proprietario, per ritorsione, bloccò tutte le porte di uscita dello stabilimento. Quel giorno scoppiò un incendio che uccise 129 di loro.

Successivamente questa data fu proposta da Rosa Luxemburg come giornata di lotta internazionale a favore delle donne.

Rosa Luxemburg

Con la fine della guerra, l'8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l'Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, secondo un'idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e di Teresa Mattei.

Teresa Mattei con il simbolo della mimosa




IL TEMPO DELLA MODA E LE CATEGORIE DISCORSIVE

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Come sappiamo un testoè definito, in semiotica, "una serie di enunciati coerenti e ordinati tra due interruzioni marcate della comunicazione".

Quindi, quando parliamo di testo, intendiamo non solo riferirci a quello formato dalle parole, ma anche da altri segni, che insieme, formano un codice e danno origine a un linguaggio, con il quale si produce, appunto, un testo.

Può, perciò, essere un testo, un romanzo, un film, un dipinto, un sito web, o il nostro abbigliamento, che usiamo per comunicare con il mondo.

L'abbigliamento comunica sempre qualcosa.

Può essere usato come simbolo (ad esempio gli accessori dorati, o un corpino in lamè possono essere simboli di ricchezza, un tubino nero di eleganza, un paio di sandali altissimi e particolari, di eccentricità e trasgressione), come icona (un travestimento è icona di ciò a cui si vuol assomigliare... se a carnevale mi maschero da gatto, il mio abbigliamento diviene icona del gatto) o come indice (indosso calze spaiate, e ciò - a meno che non rappresenti una scelta stilistica da parte di chi li indossa - è indice che sono sbadato).

Ecco quindi che come indice, l'abbigliamento comunica anche quando io non vorrei far sapere niente a nessuno della mia sbadataggine, ma anche quando le icone o simboli sono usati a sproposito (uso un accessorio quale simbolo per apparire trendy, ma non scelgo bene e comunico invece agli altri un'idea di ineleganza).

Occorre tenere presente che la moda si colloca in un preciso periodo, dunque può essere considerata per il suo stretto legame con il tempo, divenendo chiave di analisi della dimensione diacronica di un certo tipo di fenomeni.

Il tempo è quindi essenziale per la comprensione degli eventi della moda, poiché essi sono sempre legati ad esso, nel loro svolgersi e mutare.

Vi sono le categorie discorsive che ci indicano oltre a spazializzazione (DOVE) e attorizzazione (CHI) anche la temporizzazione di un testo, ovvero QUANDO esso avviene.

Il tempo nella moda può essere espresso attraverso il calendario di Laver

E partendo da questa presupposizione che diviene interessante il calendario di Laver, che ci sottolinea come un oggetto di moda, viene percepito molto diversamente, ovvero, comunica idee differenti, a seconda del periodo in cui si colloca rispetto al "suo tempo", momento dell'hic e nunc in cui "è di moda", è trendy, è elegante.

Eccolo quindi, il calendario dello "spirito del tempo" con le relative connotazioni:
  • indecente - 10 anni prima del suo tempo
  • spudorato - 5 anni prima del suo tempo
  • audace - 1 anno prima del suo tempo
  • elegante - l'anno del suo tempo
  • inelegante - 1 anno dopo il suo tempo
  • orrendo - 10 anni dopo il suo tempo
  • ridicolo - 20 anni dopo il suo tempo
  • divertente - 30 anni dopo il suo tempo
  • originale - 50 anni dopo il suo tempo
  • incantevole - 70 anni dopo il suo tempo
  • romantico - 100 anni dopo il suo tempo
  • meraviglioso - 150 anni dopo il suo tempo
Il che dimostra, tranne debite eccezioni che il tempo della moda è il presente.

LA DAMA CON L'ERMELLINO. QUANDO LEONARDO RIVOLUZIONA IL RITRATTO

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Il dipinto la Dama con l'ermellino, col Ritratto di musico e la cosiddetta Belle Ferronnière del Louvre, rinnova profondamente l'ambiente artistico milanese, segnando nuovi vertici nella tradizione ritrattistica locale.

L'opera è uno dei dipinti simbolo dello straordinario livello artistico raggiunto da Leonardo da Vinci durante il suo primo soggiorno milanese, tra il 1482 e il 1499.

Il dipinto, del quale si ignorano le circostanze della commissione, viene di solito datato a poco dopo il 1488, quando Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell'Ordine dell'Ermellino dal re di Napoli.

Leonardo da Vinci, La dama con l'ermellino, 1488-1490, castello del Wawel, Cracovia
L'identificazione con la giovane amante del Moro Cecilia Gallerani si basa sul sottile rimando che rappresenterebbe, ancora una volta, l'animale: l'ermellino infatti, oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità (annotava lo stesso Leonardo che "prima si lascia pigliare dai cacciatori che voler fuggire nell'infangata tana, per non maculare la sua gentilezza", cioè il mantello bianco), si chiama in greco galḗ (γαλή), con un'allusione al cognome della fanciulla.

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In quest'opera possiamo ritrovare senza dubbio lo schema del ritratto quattrocentesco: la figura a mezzo busto e di tre quarti richiama immediatamente alla mente il "cinematografico" piano ravvicinato.

Ma tale tipo di inquadratura ricorrente in tanta ritrattistica del tempo non blocca l'inventiva geniale di Leonardo.

Infatti il grande  artista concepisce una rivoluzionaria duplice rotazione: il busto della modella rimane rivolto a sinistra, mentre la testa ruota verso destra.

La "rivoluzionaria" rotazione concepita da Leonardo per il ritratto di Cecilia Gallerani 
Vi è inoltre una corrispondenza nella comparazione tra il punto di vista di Cecilia e dell'ermellino. L'animale sembra identificarsi con la fanciulla  non solo a livello simbolico ma anche per una sottile comunanza di tratti e degli sguardi, candidi e allo stesso tempo carichi di intensità. 

La corrispondenza tra lo sguardo di Cecilia e quello dell'ermellino
La figura slanciata di Cecilia trova inoltre il riscontro armonico nella flessuosità dell'animale.

Una bellissima comparazione che rende ancor più avvincente e innovativa la scelta stilistica di Leonardo.

PROSPETTIVE E SCENARI DI APOCALITTICI E INTEGRATI

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"Apocalittici e integrati" indaga sul presente e sul futuro della comunicazione, in Italia e nel mondo.

Il titolo dell'inchiesta prende spunto da un famoso saggio di Umberto Eco del 1964 in cui il semiologo italiano analizzava gli aspetti positivi e quelli negativi della cultura di massa.



Vale ancora la pena oggi, per un giovane, dedicarsi allo studio della comunicazione e ambire a lavorare in questo contesto?

La frase "televisione cattiva maestra"è, considerando la situazione attuale in Italia e nel mondo, condivisibile?



Netflix, la webserie, i reportage su web, i videoblog sostituiranno completamente la fruizione video televisiva o no?

A queste e ad altre domande rispondono personaggi di spicco della TV in Italia e all'estero, tra giornalisti, semiologi, direttori di emittenti e canali televisivi, come Stefano Bartezzaghi, Gianfranco Marrone, Maurizio Canetta, Nerina di Nunzio, Ugo Volli, Barbara Castorina e Piero Alessandro Corsini.



Le interessanti risposte, date da chi conosce bene, dall'interno, il mondo televisivo, aprono nuovi scenari e indicano prospettive per la comunicazione televisiva, web e cartacea.

PRIMO PIANO SU EMANUELE BOFFI

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Parte oggi  "Primo piano", rubrica che intende puntare un riflettore sulle opinioni di personaggi in primo piano nella società civile.

Intellettuali, esponenti politici, direttori di testate, studiosi, giornalisti e filosofi esporranno il loro pensiero, di volta in volta, su tematiche "scottanti" riferite però sempre al rapporto con il mondo della comunicazione.

Oggi è in primo piano il contributo di Emanuele Boffi, direttore di Tempi, periodico di ispirazione cattolica.

Ha scritto "Emilia e i suoi ragazzi. L'opera civile della fede" e ha collaborato con quotidiani come "La Verità" e "Il Foglio".

L'argomento di riferimento è il rapporto tra politica e comunicazione.



1) Dal punto di vista comunicativo, come è cambiata la politica dalla Prima alla Terza repubblica? 

Prima il rapporto tra il leader e l'elettore era mediato da una rete diffusa di consenso, oggi è immediato (cioè non è più mediato). Ciò è dovuto alla scomparsa o rarefazione dei cosiddetti corpi intermedi (tra cui i partiti, appunto).

Non penso sia un bene, anzi. Così, infatti, non c'è più rapporto personale, possibilità di spiegazione, contatto "umano". Inevitabilmente la comunicazione – soprattutto attraverso i social – si deve ridurre a slogan, perché il processo di persuasione delle proprie ragioni per le quali si chiede il voto deve essere rapido, quasi istantaneo e non frutto di un vero confronto.

Certo, la politica della Prima Repubblica aveva le sue liturgie piuttosto noiose, ma credo che questo nuovo modo di comunicare abbia le sue controindicazioni. Lo vediamo anche dalla volatilità dei consensi: leader che parevano sulla cresta dell'onda, in breve tempo, si ritrovano nella polvere.

La comunicazione come il consenso si è fatto volatile: un grave danno per la stabilità di un Paese.



2) Possiamo parlare di story-telling solo riferendoci alla comunicazione politica di Lega e Cinque Stelle o anche delle opposizioni? Quali sono stati gli elementi narrativi vincenti e perché?

Lo storytelling è una delle sciagure del nostro tempo. Ormai ne vanno tutti pazzi, dai 5Stelle alla Lega a tutti gli altri.

Non so quali siano gli elementi vincenti, sono la persona sbagliata cui rivolgere questa domanda.



3) Vi sono essenzialmente ragioni comunicative e di marketing alla base della recente disfatta elettorale dei partiti tradizionali o ritiene che l'avvento dei partiti e movimenti populisti e sovranisti sia parte di un inevitabile e vichiano ricorso storico, come già avvenne al tempo della Rivoluzione Francese o durante i moti libertari nelle guerre d'Indipendenza italiane?

Semplificando molto: i movimenti populisti sono la risposta al globalismo e al politicamente corretto in cui erano ricaduti i partiti tradizionali.

È il tentativo di dare una risposta a una visione del mondo che si ritiene esclusiva. Sì, qualche rimando storico può essere fatto, tenendo conto delle debite differenze.




4) Quanto la rivoluzione digitale ha influito e influisce nella vittoria dei partiti e movimenti populisti e sovranisti in Italia, in Europa e nel Mondo?

Anche qui, semplificando molto: la rivoluzione digitale ha aiutato prima Obama e poi Trump, prima Renzi e poi Salvini.

I secondi hanno imparato dai primi i "trucchi del mestiere" e si sono dimostrati capaci di usarli a loro vantaggio.

CENERENTOLA E OTELLO: L'ESAGONO SEMIOTICO E IL SEMIOGRAMMA

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Gli stratagemmi comunicativi si possono evolvere e rinnovare nel tempo. È il caso dell'esagono semiotico, che mette in relazione archetipi e funzioni comunicative, o del semiogramma, basato sulle emozioni primarie presenti in un testo.

L'esagono semiotico, è la rappresentazione grafica dei rapporti che intercorrono fra archetipie funzioni comunicative, sottolineando le dinamiche di analogia e antitesifra essi e l'intensità ed efficacia di ciascun personaggio nell'ambito del testo narrativo.

Tale intensità è determinata da quanti differenti archetipiriesce a impersonare ciascun personaggio e quindi quale gamma di funzioni comunicative esso può mettere in moto nel testo.

Per ciascun archetipovi è una funzione comunicativa prevalente (il Mago usa sopratutto la funzione metalinguistica, con l'uso di formule magiche o chimiche, o con la conoscenza di codici e simbologia; il guerriero è volitivo e usa specialmente la funzione conativa; il viandante ama entrare in contatto o farsi notare e usa frequentemente la funzione fàtica e così via).

L'esagono semiotico nel testo Cenerentola
L'esagono si divide in due parti, superiore e inferiore, legate tra loro da un rapporto antiteticorelativo all'attitudine attiva o passiva dei protagonisti posti in ciascun settore, in relazione alle vicende del testo che influiscono o influirebbero sulla propria esistenza.

I settori superiori e inferiori sono a loro volta, rispettivamente, legati da dinamiche di analogia, per le medesime ragioni.

Di seguito la rappresentazione animata dell'esagono semiotico di Cenerentola e dei principali personaggi della fiaba.





Tale grafico è integrabile con  il semiogramma, che è la rappresentazione grafica della scala emotiva che ciascun personaggio di un testo narrativo è in grado di rappresentare ed evocare nel pubblico. 

Il semiogramma nel testo Otello
È composto da uno spartito che rappresenta le sei emozioni primarie e da simboli grafici dei personaggi in esame.

Il personaggio sarà tanto più coinvolgente e incisivo nell'ambito dell'azione quanto più saprà esprimere e quindi evocare nel pubblico differenti emozioni, in una gamma armoniosa.


Lawrence Fishburne (Otello) e Kenneth Branagh (Iago) in Othello, del 1995.
Risulterà invece più emotivamente monocorde e meno coinvolgente quando il grafico mostrerà una univocità emotiva o la percorrenza di una gamma limitata di emozioni.

Qui l'animazione del semiogramma dell'opera teatrale Otello di Shakespeare, con le variazioni dello spartito emotivo che i personaggi evocano nel pubblico.


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