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I CODICI DELLA RINUNCIA

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Continua il nostro viaggio nell'arte alla scoperta delle scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, dipinte da Giotto.

San Francesco rinuncia ai beni terreni è la quinta delle ventotto scene, dipinta tra il 1295 e il 1299.

Si tratta del momento in cui Francesco, a Foligno, fu chiamato in causa dal padre Pietro di Bernardone, che non tollerava la condotta disdicevole del figlio, che con le sue idee originali sull'uguaglianza e l'amore metteva in ridicolo il nome di famiglia.



Pietro di Bernardone lo portò dinanzi al vescovo e gli intimò di comportarsi in modo consono alla sua condizione, dimenticando le sue folli idee di povertà e ridistribuzione dei beni ai miseri,  pena il ripudio.

Francesco allora decise di rinunciare ai beni paterni.



La vicenda è narrata nella Legenda maior di san Francesco: "Quando restituì al padre ogni cosa e, deposte le vesti, rinunciò ai beni paterni e temporali, dicendo: «Di qui in avanti posso dire con certezza: -Padre nostro che sei nei cieli-, poiché Pietro di Bernardone m'ha ripudiato.»"

La scena è divisa in due da una profonda antitesi: da una parte sta la ricca famiglia di Francesco, attorniata da altri mercanti e da nobili, dall'altra la Chiesa.

Una frattura antitetica tra passato e presente di Francesco, tra vita profana e vita spirituale, tra ricerca di guadagno e ricerca di trascendenza.



I codici dell'acconciaturasimboleggiano la condizione benestante dei ricchi mercanti e quella clericale dei sacerdoti con tonsura. Francesco è in un momento di passaggio: ha i capelli lunghi alle spalle, come un giovane laico, senza tonsura.

L'aureola sul capo è simbolo della sua santità.

I codici dell'abbigliamento, oltre a permetterci di riconoscere le cariche o il censo dei vari personaggi, vista la loro assenza in Francesco, che è nudo, sono il simbolo della sua rinuncia alle ricchezze, alla proprietà e il suo abbraccio a "Madonna Povertà", sua amata sposa.



Tale mistico matrimonio è celebrato dinanzi a Dio, che per sineddoche appare attraverso la mano benedicente dal cielo, che crea con le mani giunte di Francesco, simbolo di preghiera, una diagonale che invia inconsciamente un'idea di elevazione, di crescita spirituale e rappresenta anche l'intima unione fra l'operato di Francesco e il volere di Dio.

I codici mimetici e gestuali ci raccontano la rabbia, il rancore e lo sdegno di Pietro di Bernardone, che vorrebbe slanciarsi a picchiare il figlio per la sua scelta che egli giudica scellerata e che viene fermato da un parente che in tal modo lo invita a "non compromettersi"



Interessante l'abito giallo indossato da Pietro di Bernardone che invia la sensazione di un cambiamento in atto, una transizione... infatti è il padre stesso, suo malgrado, con la citazione in giudizio, a dare l'avvio alla nuova vita di Francesco, che in questa occasione fa la sua scelta, pubblicamente e definitivamente.

Il gesto del vescovo che copre Francesco con il suo mantello è stato inteso sia come simbolo della Chiesa che accoglie e protegge Francesco, sia come segno di pudicizia.



Lontano dal centro della scena, in cui avviene la "nascita" del poverello di Assisi, fra i ricchi mercanti, appaiono due ragazzi che nei vestiti sollevati tengono dei sassi da lanciare, in segno di disprezzo e ludibrio, contro il pazzo che rifiuta le regole della società.

I due sono prosopopee della incapacità da parte del mondo di accettare la scelta di chi volontariamente rinuncia alle ricchezze materiale perché interessato a quelle spirituali.




IL BISCIONE DI MILANO: L'ICONA CHE DIVENTA SIMBOLO

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Tutto inizia con il biscione dei Visconti di Milano. Infatti l'iconografia che appare più comunemente, è quella di un rettile con un uomo fra le sue fauci, e si ritrova come stemma dei Visconti a partire dall'XI secolo.

Il biscione visconteo

Nei bestiari e nelle leggende greche ed europee, il biscione è in realtà un basilisco (dal Greco basileus, che significa "re") ed è una creatura mitologica.

Il basilisco nelle Serpentum et draconum historiae libri del 1640
Il nome stesso, da basileus, si rifà all'idea di potere, politico ed economico (e anche mediatico al giorno d'oggi).

Icona di Basileus
I simboli derivati da esso, come quello dell'Alfa Romeo, dell'Internazionale, di Canale 5, di Mediaset e di Banca Mediolanum, sono in effetti icone dello stemma/simbolo del biscione.

Il diagramma del biscione nello stemma Alfa Romeo

Come ricorderete, l'icona è un segno che somiglia a ciò a cui si riferisce. Siccome sono icone stilizzate, il loro nome esatto è in effetti diagrammi.


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Inoltre, sono icone solo di una parte dello stemma, cioè mostrano una parte per richiamare alla mente il tutto, l'intera immagine del Biscione. Sono quindi sineddoche, ovvero quella particolare figura retorica che viene utilizzata proprio a questo scopo, ovvero, paradigmaticamente, per evocare una idea mostrando un particolare (come dire: "faccio vedere la coda per evocare un gatto nella mente dei miei spettatori").

La sineddoche del biscione di Mediaset: una parte per il tutto

Avete notato l'evoluzione del simbolo della Banca Mediolanum?

La prima release del marchio della Banca Mediolanum
Nella prima edizione del marchio il simbolo del biscione evoca anche la sinistra della facciata del Duomo di Milano, estremamente stilizzato e la lettera M, iniziale di Milano (e di Mediolanum, nome della banca e antico nome del capoluogo lombardo).

Alla prima stesura ne è susseguita una seconda con il simbolo di esclusività stabilito dal cerchio di Ennio Doris, qui rappresentato come icona di se stesso.
Ennio Doris nella versione intermedia del marchio
La terza versione in ordine temporale prevede l'abbandono del simbolo del biscione in favore del cerchio, che da chiuso è diventato semiaperto: dal concetto di esclusività a quello di accoglienza (anche se parziale). Tale accoglienza viene ribadita dalla "m" minuscola e dalla "e" di mediolanum che in corrispondenza dell'apertura del cerchio diventa una congiunzione: "m" e...

La terza versione del marchio: il biscione è scomparso
Un caso lampante di sostituzione del simbolo pluri-fase: una strategia per non stravolgere, con un cambiamento improvviso, l'immagine sedimentata nel target di riferimento.

I PROMESSI SPOSI E IL PARADOSSO DELLA PROVVIDENZA

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Nel celebre romanzo storico di Alessandro Manzoni, pubblicato nella forma definitiva fra il 1840 e il 1842, la figura protagonista è la Divina Provvidenza, la mano di Dio che tutto volge verso il bene, e ancor più la sua variante, la paradossale, a prima vista, "provvida sventura".

Tale ossimoroindica infatti il dolore che redime, che purifica ed eleva spiritualmente l'animo.

Nel romanzo, ambientato tra 1628 e il 1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo si narrano le peripezie di due giovani fidanzati, angariati da un tirannello locale e dalla sorte, che desiderano sposarsi ma che dovranno superare molte disavventure prima di riuscirci.

Il bellissimo frontespizio dell'edizione del 1840, illustrato di Francesco Gonin
Troviamo una miriade di strutture semionarrative. Documentarle tutte sarebbe impossibile. Ci limitiamo quindi alle più appariscenti, come l'uso continuo dell'antitesi tra buono e cattivo, bene e male, salute e malattia, potente e umile e così via.

Sono interessanti le antitesianche fra il prima e il dopo, in relazione al comportamento dei personaggi, alla loro redenzione o dannazione: ecco quindi la conversione dell'Innominato, che prima era malvagio e poi diviene buono; la trasformazione di Fra Cristoforo, che quando era giovane uccide e da adulto si redime diventando santo. La Monaca di Monza, che da ragazza era una vittima e da adulta, per vendetta, si comporta da carnefice e molti altri casi.

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Il modello attanziale, con i suoi consueti sei attanti, è:
  1. Soggetto - i due fidanzati
  2. Oggetto - sposarsi e vivere felici
  3. Opponente - Don Rodrigo e le innumerevoli successive traversie
  4. Aiutante - Fra Cristoforo, l'Innominato redento, il cardinale Borromeo, ma soprattutto la Provvidenza
  5. Destinante - interno, la brama di Don Rodrigo, esterno, il Manzoni
  6. Destinatario - interno, Renzo e Lucia, sposi felici ed esterno i lettori.
Fra Cristoforo e Don Rodrigo, aiutante e opponente del modello attanziale, in questo appunto al recto di Luigi Sabatelli
Di quadrati semioticice ne sono in gran quantità. Uno di essi è:
  • Prepotente - Don Rodrigo
  • Remissivo - Don Abbondio
  • Non prepotente - Padre Cristoforo
  • Non remissivo - Renzo
Un altro è:
  • Buono - cardinale Federigo
  • Cattivo - Griso
  • Non Buono - Don Abbondio
  • Non Cattivo - Innominato
O ancora:
  • Corrotto - Egidio
  • Innocente - Lucia
  • Non Corrotto - Renzo
  • Non Innocente - Monaca di Monza
La Monaca di Monza, nell'interpretazione di Giovanna Mezzogiorno
Vi sono poi personaggi che sono prosopopeedi vizi o virtù umane: fra loro, il Griso, della scelleratezza e del tradimento; Perpetua del pettegolezzo; Don Abbondio della vigliaccheria, grettezza ed egoismo; Don Ferrante del nozionismo fine a se stesso; Donna Prassede della finta compassione.

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Nell'Italia del 1600 narrata dal Manzoni la violenza e l'ingiustizia erano diffuse, come appare dalle intimidazioni dei bravi a don Abbondio. Fra i potenti era diffusa la corruzione morale e le leggi erano inefficienti, come le grida promulgate contro i bravi. Le istituzioni pubbliche erano incapaci e spesso complici dei violenti e dei potenti.

Alessandro Manzoni, immortalato da Francesco Hayez nel 1841
Il romanzo è dunque chiaramente metaforadell'Italia di sempre, dei tempi manzoniani e di quelli odierni.

Il senso di tutto il romanzo sta nelle parole di fra Cristoforo a Renzo e Lucia, quando finalmente si rincontrano, contro ogni possibilità o umana speranza, al Lazzaretto: «Ringraziate il cielo che v'ha condotti a questo stato, non per mezzo dell'allegrezze turbolente e passeggere, ma co' travagli e tra le miserie, per disporvi ad un'allegrezza raccolta e tranquilla».

È allegoriaquindi della necessità, per raggiungere la serenità, di un percorso individuale di crescita spirituale e di dolorosa purificazione, e dell'abbandonarsi nelle braccia della Provvidenza, che tutto vede e a tutto provvede, e che offre i suoi benefici solo a coloro che liberamente e fiduciosamente vi si affidano.

IL MERCATO DEL COTONE DI EDGAR DEGAS E IL QUADRATO SEMIOTICO

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È necessario, affinché un’opera, una pubblicità, una narrazione, un qualunque testo comunicativo, abbiano una forza dinamica capace di organizzare i propri equilibri endogeni e acquisire una migliore efficacia comunicativa e incisività agli occhi dello spettatore, realizzarla tenendo conto di una sorta di forza di coesione interna, propria di qualunque opera d’arte.

In altre parole, occorre in un’opera costruire una serie di relazioni non solo tra emittente e destinatario, ma anche tra gli elementi che concorrono a comporla, tra i vari personaggi dell'opera stessa.

Per fare ciò non basta solo l’utilizzo del modello attanziale, ma occorre utilizzare un ulteriore
modello costruttivo relazionale.


Per migliorare la struttura comunicativa realizzata attraverso il modello attanziale e fortificare le varie relazioni che intercorrono all'interno del testo visivo, scritto o sonoro, Greimas ideò il quadrato semiotico.

Il quadrato semiotico è in effetti la rappresentazione visiva degli equilibri che devono esistere
all'interno di un testo comunicativo affinché esso sia ancora più efficace.

Lo schema generico del quadrato semiotico
Questo intreccio di rapporti (il quadrato semiotico mette infatti in relazione coppie di concetti
presenti nell'opera, opposti e complementari) è voluto e quindi creato dall'autore del testo per
mettere in contrapposizione, in relazione complementare, contraddittoria o contraria delle forze, rendere più avvincente l’opera e di conseguenza per inviarci un messaggio che non viene immediatamente percepito a livello cognitivo ma che viene assimilato implicitamente a livello inconscio, e che quindi, per venire alla luce esplicitamente, ha bisogno di un minuzioso lavoro di analisi della comunicazione.

Cominciamo quindi a osservare in una famosa opera d’arte, Il mercato del cotone a New Orleans, di Edgar Degas, come l’autore sia riuscito a dare maggiore forza alla sua opera, organizzandone le spinte interne e creando un dinamismo maggiore nell'opera stessa.

Il mercato del cotone a New Orleans, di Edgar Degas
Siamo in un luogo di lavoro (ce lo dice sia il titolo che l’atteggiamento e l’abbigliamento dei
personaggi). Deduciamo molti altri particolari che suffragano questa nostra idea, grazie alle
categorie discorsive, ai simboli, agli indici e ai codici che compongono il quadro.

Essendo un luogo di lavoro, è evidente che la coppia di concetti da mettere in rapporto sarà relativa al lavoro e all'ozio, quindi, riferito ai personaggi del quadro, ai lavoratori e agli oziosi.

Ecco quindi un possibile quadrato semiotico del Mercato del cotone:

Alla destra dell'opera appare il lavoratore. Si tratta del dipendente dell'ufficio del cotone. È in
maniche di camicia, senza giacca, per connotare il fatto che si trova nel suo abituale luogo di lavoro, mentre gli altri sono clienti.
Quindi lui, a differenza degli altri non può far ciò che desidera, non può entrare e uscire, leggersi un giornale o appoggiarsi senza far niente, è colui che lavora più di tutti: il lavoratore.

Il lavoratore nel quadrato semiotico del dipinto di Degas
Sulla sinistra dell'opera ecco la forza in contrarietà rispetto al concetto del lavoratore: si tratta del cliente in cilindro che rimane in atteggiamento rilassato, appoggiato al muro, con le gambe incrociate. Forse ha già finito la sua scelta dei campioni di cotone, oppure è entrato nell'ufficio solo per curiosare, comunque non sta facendo niente, si riposa, perde tempo, non è attivo, è l’ozioso.

L'ozioso nel quadrato semiotico del dipinto di Degas
Passiamo alla seconda coppia di contrari. In primo piano vediamo un vecchio con il cilindro,
seduto, cliente dell'ufficio, che osserva da vicino un campione di cotone per valutarne la qualità.
Non è un ozioso come il giovane appoggiato alla parete, ma non si può dire che sia lavorando come il dipendente in gilet e maniche di camicia. Lui può entrare e uscire quando desidera, non è sottoposto a nessun datore di lavoro e a nessuna regola, nell'ufficio in cui lo vediamo. Infatti è seduto, attento ma anche non in tensione, rilassato ma all'opera. Lui è il non ozioso.

Il non ozioso nel quadrato semiotico del dipinto di Degas
Al centro della composizione vi è un uomo seduto, rilassato, che legge il giornale. Non valuta la qualità della merce da acquistare come il vecchio in primo piano, ma si fa beatamente gli affari suoi. Però non è completamente inattivo come l’ozioso, qualcosa fa, legge il giornale, magari le notizie di borsa, oppure è un giornalista che pur non lavorando in quel momento in qualche modo si dà da fare, legge un articolo di economia da lui redatto. Lui è il non lavoratore.

Il non lavoratore nel quadrato semiotico del dipinto di Degas

È contrario al concetto connotato dal vecchio perché chi non ozia fa qualcosa al contrario di chi non lavora.

Il quadrato semiotico nel capolavoro di Degas
Ora possiamo notare che il vecchio che non ozia, fa qualcosa di complementare al dipendente che lavora ed è contraddittorio rispetto al giovane ozioso in cilindro appoggiato alla parete a gambe incrociate.

Il non lavoratore che legge il giornale è complementare al giovane ozioso, è in contraddizione con il dipendente lavoratore.

Ecco come una scena che pare rubata alla realtà così come è, ripropone invece una sorta di trama nascosta, in cui ogni personaggio ha un ruolo ben preciso in relazione agli altri.

Il video illustra al meglio tali relazioni.


Così viene aumentata la forza dinamica dell'opera, che altrimenti sarebbe stata troppo statica e forse un po' meno significativa.

JESUS CHRIST SUPERSTAR E L'OSSIMORO DELL'ANTITESI

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Jesus Christ Superstar è un film del 1973 diretto da Norman Jewison, trasposizione sul grande schermo del musical omonimo di Tim Rice.

Ben lontano dallo spirito divino che aleggia nei Vangeli, è comunque un'interpretazione originale della vita di Gesù dall'inedito punto di vista di Giuda e un'opera d'arte bellissima e che continua a mantenere intatto il suo fascino a oltre quarant'anni dalla sua prima presentazione al pubblico.

Il vero protagonista è Giuda a cui Jesus fa da coprotagonista. E' un punto di vista molto umano, molto razionale e per niente mistico quello di Giuda.

Lui razionalmente analizza, intelligentemente considera, è pieno di umano buon senso ma assolutamente privo della visione ultraterrena riguardo alla missione del suo maestro.

Non comprende il comportamente di Jesus, che lui prima tanto ammirava... secondo Giuda la situazione gli sta sfuggendo di mano. Acutamente intravede le conseguenze della sua azione: Jesus rischia di fare una brutta fine.

Carl Anderson interpreta Giuda Iscariota nel film di Norman Jewison.
Nel film, questa antitesitra Jesus e Giuda, tra trascendente e immanente è molto forte, anche se Tim Rice non ha mai creduto alla divinità di Gesù Cristo.

Non per niente alla fine del film Jesus rimane sulla croce, muore e non risorge e durante il periodo narrato non fa mai nemmeno un miracolo.

Un'altra antitesi è il potente e micidiale rapporto di amore ed odio che  lega Giuda a Gesù. Il tradimento è il risultato di un’amara delusione che Giuda prova nei confronti dell’amico prediletto.

Oltre che di antitesi il film è ricco di ossimori: Gesù è un dio troppo umano, è un guerriero remissivo; Giuda un traditore dalle buone intenzioni, un amico malefico;

Aggiungi Josh Mostel interpreta Erode nel film di Norman Jewison.
Nell'opera quindi solo un grande dualismo: Bene e Male, traditore e tradito, amore e odio, Gesù e Giuda, con tutti gli altri personaggi a far da comparsa.

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Talvolta divisi per antitesi, altre volte uniti in ossimori, i concetti dicotomici si alternano, si sovrappongono in un ossimorodell'antitesi, in un odio amoroso o in un amore odioso rivelando infine una similitudine che non sfugge allo sguardo esperto: Giuda disperato dopo il tradimento ricorda Caino dopo l'uccisione del fratello Abele.

La scena dell'Ultima Cena tratta dal film di Norman Jewison.
Giuda/Caino che versa il sangue di Gesù/Abele e che ripristina i giusti valori: chi usa violenza e chi è mite e non reagisce, chi sparge il sangue e chi cura e perdona, chi odia e chi ama, reinserendo, malgrado la visione molto poco escatologica di Tim Rice, ognuno dei due protagonisti nella loro giusta collocazione.

Si può anche non credere, ma non si può confondere il Bene con il Male.

I SEGNI DELLA FEDE

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Il nostro viaggio alla scoperta dei simboli delle virtù continua con la Fede, dipinto a olio su tavola di Piero del Pollaiolo, del 1470, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

L'icona di una giovane donna in trono è prosopopea di questa virtù teologale, cioè infusa direttamente all'Uomo da Dio. La Fede regge in una mano il calice e la patena , mentre nell'altra brandisce una croce. Il suo colore caratteristico è il bianco, simbolo di purezza e apertura.



Il trono è simbolo del dominio che tale virtù ha sui cuori dei credenti.

Il calice, il sacro Graal, coppa con la quale Gesù celebrò l'Ultima Cena e nella quale Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione, è simbolo della Nuova Alleanza di Dio con l'Uomo, in seguito a quella sancita con un arcobaleno dopo il Diluvio Universale e tale per cui Dio promise che mai più avrebbe cercato di annientare l'Uomo per la sua malvagità e ulteriormente ribadita con le tavole della Legge a Mosè, che venivano custodite nell'Arca dell'Alleanza.

Scopo di tale Alleanza è il patto di collaborazione tra Dio e l'Uomo, tale per cui Dio promette la sua vicinanza e aiuto durante la breve esistenza umana e la felicità nella vita eterna post mortem in cambio dell'osservanza dei suoi precetti. Si tratta di uno scambio, di una sorta di contratto d'onore.



Il calice è anche simbolo dell'unione della natura divina a quella umana di Gesù, figlio di Dio e dell'unione della nostra vita mortale a quella immortale di Gesù. Tale unione genera l'ossimoro del concetto di divinità umana o di umanità divina.

Nel Rito romano (Novus Ordo), dopo la preghiera Universale, il celebrante versa il vino con una goccia di acqua recitando sottovoce questa formula: "L'acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita Divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana"

Il calice è simbolo però, antiteticamente, anche dell'amarezza della vita, che deve essere bevuta fino all'ultima goccia, per conquistare la felicità: «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18,11). «Padre, se vuoi, allontana da me questo Calice» (Lc 22,42). Tale sacrificio, che anche l'Uomo deve impegnarsi a fare, a pagamento della felicità eterna, viene ribadito dal Cristo stesso nell'ultima cena: «Da ora non berrò più di questo frutto della vita fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi nel regno del Padre mio» (Mt 26,29).

La patena è un piccolo piatto metallico di forma circolare, utilizzato dal celebrante, durante la Messa, per posarvi l'ostia, icona del recipiente in cui venne spezzato il pane, durante l'Ultima Cena. Il termine patena deriva dal latino patina che significa "piatto, scodella". Simbolo dell'eterna presenza di Gesù, è icona del trono celeste su cui siede accanto al Padre.



Il crocifisso, icona del Figlio di Dio sofferente nel momento della sua passione e morte in croce per la salvezza del mondo, è simbolo del suo sacrificio e della Chiesa tutta.

Ecco che la Fede, tenendo in mano questi tre simboli, li espone al mondo, per testimoniare la verità di questi fatti, realmente accaduti e che continuano ad avere conseguenze per l'Uomo, credente o no, nel presente e nel futuro.


La Fede guarda verso l'alto, e secondo i codici mimetici, questo sguardo simboleggia l'approccio che deve avere un fedele, ovvero tendente a osservare non solo le faccende materiali, ma attento anche all'altra dimensione, quella sovrannaturale, non visibile all'occhio umano ma non per questo meno reale.

Naturalmente, per i codici prossemici, ciò che in basso, simboleggia la materialità della vita, ciò che è in alto, la spiritualità e la trascendenza.

Sono due concetti in antitesi, che solo attraverso la Fede, possono ritrovare la primitiva sintesi in un ossimoro: la naturale trascendenza o la sovrannaturale contingenza.

IL PRIMO PIANO: L'INQUADRATURA PREDILETTA DA STANLEY KUBRICK

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L’inquadraturaè una limitazione del campo visivo ripreso da un obiettivo o il modo in cui un’immagine o un soggetto sono stati ripresi e l’effetto che ne deriva.

Decidere quale inquadratura scegliere per trasmettere un messaggio visivo, è una scelta fondamentale ai fini della efficace comunicazione, specialmente nelle arti visive e cinematografiche.

Scegliere un primo piano è cosa che dà risultati molto diversi da un campo medio, un piano americano o un primissimo piano.

Infatti, scegliere una determinata inquadratura fa derivare, a livello di percezione umana, un determinato effetto.

Ci sono, per esempio, alcuni tipi di inquadrature che devono essere usate quando l’autore desidera presentare un ritratto a forte connotazione psicologica, smuovendo le emozioni interiori dei destinatari e creando un forte legame emotivo fra essi e la vicenda narrata o il protagonista di tale vicenda. Uno di questi è il primo piano.

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Diversamente, viene preferito l'uso della figura intera quando lo scopo è essenzialmente mostrare, far vedere nell'insieme le caratteristiche generali di un personaggio.

Come amava ripetere Stanley Kubrick, e come ci ricorda anche una delle più grandi costumiste al mondo, Milena Canonero: "Cinema è close up".

Infatti il primo piano genera una forte relazione tra oggetto o personaggio rappresentato e spettatore, fa soffermare lo sguardo del destinatario sul particolare, che genera attenzione e sollecita la partecipazione emotiva da parte del pubblico.

Di seguito alcuni celebri close up tratti dai film di Kubrick.

Shining
Lolita
Arancia meccanica
2001 Odissea nello spazio
Eyes wide shut

LA CITTÀ INCANTATA DI MIYAZAKI: UN CAPOLAVORO POLISEMANTICO

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Una ricchissima simbologia anima la narrazione de "La città incantata", il celebre film d'animazione scritto e diretto da Hayao Miyazaki nel 2001, per la storica casa di produzione Ghibli.

La storia ha come protagonista Chihiro, una bambina di dieci anni che sta traslocando coi suoi genitori e che durante il viaggio si perde in una città magica.

Chirico e i suoi genitori si perdono nella città incantata
Qui diviene schiava di una strega malvagia, Yubaba, che ha una gemella buona, Zeniba, in un'altra località magica collegata da un treno fatato.

Le avventure e le disavventure della bambina la matureranno e le permetteranno, con l'aiuto di Haku, ragazzo della sua stessa età, di liberare e i suoi genitori trasformati in maiali dalla loro ingordigia e dalla magia cattiva.

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Qual è il suo significato simbolico?
  • Yubaba è l'iconadi una yamauba, strega delle montagne dai poteri soprannaturali;
  • Kamaji, che controlla le caldaie della città, ha le fattezze di un ragno, simbolo di operosità e abilità;
Chihiro al cospetto di Kamaji, che controlla le caldaie della città incantata
  • Haku, è iconadella divinità Nigihayahi, che per aiutare l'imperatore del Giappone tradisce il suo ex-alleato;
  • Senza volto è icona di una maschera del teatro Nō.
Vi sono degli indici: le foglie accumulate sopra alla macchina e l'elastico per capelli che Chihiro indossa all'uscita dal parco divertimenti sono una prova del fatto che sia passato del tempo nel mondo reale e quindi testimoniano l'esistenza del mondo "altro", dando un senso a tutta la storia.

La storia è una metafora di rito di passaggio e di iniziazione per Chihiro. Durante le sue avventure, infatti, ella è costretta, per la prima volta nella sua vita, a fare completamente affidamento alle sole proprie forze.

La scena in cui Chihiro, Rin e altri inservienti delle terme liberano lo spirito del fiume dalla sporcizia è metafora dell'inquinamento e allude a un evento vissuto dallo stesso Miyazaki quando fu ripulito  un fiume vicino a dove abitava ebbe modo di vedere quanto era sporco ed inquinato.

Lo spirito del fiume, metafora dell'inquinamento
Il modello attanziale, con i suoi sei attanti è:
  1. Soggetto - Chihiro
  2. Oggetto - liberare i genitori
  3. Aiutante - Haku, Zeniba, Kamaji
  4. Opponente - la strega Yubaba
  5. Destinante - Il trasloco e la sosta fuori programma
  6. Destinatario - la famiglia di Chihiro
Haku, trasfomatosi in drago, è uno degli aiutanti del soggetto Chirico, nel modello attanziale del film
Uno dei vari quadrati semioticipresenti, giocato sui termini opposti maturo e infantile, è il seguente:
  • Comportamento maturo - la strega buona Zeniba
  • Comportamento infantile - il neonato Bo
  • Comportamento non maturo - Senza Volto, i genitori di Chihiro
  • Comportamento non infantile - i bambini Chihiro e Haku
Bo, uno dei capisaldi del quadrato semiotico maturo/infantile, saluta Chirico alla fine dell'avventura
Vi sono poi vari momenti di passaggio con relativa antitesi tra il prima e il dopo (maturo/infantile; cattivo/buono; persona/animale; pulito/sporco).

Abbondano le similitudini e le metafore: i genitori e i maiali ingordi e ottusi; Kamaji e il ragno; Haku e lo spirito del fiume.

Interessante l'uso delle categorie eidetiche e del loro significato inconscio:
  • le linee curve che definiscono dolcezza ( il corpo di Haku quando è drago e desidera proteggere la sua amica Chihiro)
  • le linee rette definiscono virilità (il volo di Haku che afferra Chihiro e volando la trasporta velocemente all'interno delle terme per salvarla)
  • le linee oblique ascendenti verso destra, denotano dinamismo (quando gli spiriti scendono dalla barca e salgono le scale che li porteranno alle terme magiche)
  • le linee oblique discendenti verso sinistra denotano un senso di caduta (le scale in discesa che Chihiro fa per cercare di sfuggire agli spirito, all'inizio del film, prima di ritrovare i genitori trasformati in maiali)
  • le linee circolari aperte danno un senso di confort e accoglienza - (come quando Haku abbraccia Chihiro che si tra trasformando in creatura evanescente, la conforta e la salva, dandole da mangiare cibo della città incantata)
Hayao Miyazaki riceve l'Oscar per La città incantata nel 2003
  • le linee circolari chiuse hanno un significato di chiusura e di élite (le stanze dell'appartamento di Yubaba sono ampiamente decorate con motivi circolari e circolari sono i preziosi oggetti contenuti)
  • le linee che formano un vortice creano un senso di evasione - (il volo di Haku trasformato in drago e inseguito da miriadi di pupazzi volanti di carta, che sono pieni di angoli acuti, che suggeriscono l'idea dell'aggressività)
  • i semicerchi creano un senso di apertura. I triangoli e le piramidi danno un senso di solidità ed equilibrio (il luogo dove vive la sorella buona di Yubaba, Zeniba, è composto in gran parte da linee circolari aperte e triangoli).
Un capolavoro in molti sensi. Quindi, polisemantico.

Nel video proposto l'analisi e qualche fotogramma del capolavoro d'animazione.


SIMBOLOGIA DELLA FINE DEI TEMPI NEL GIUDIZIO UNIVERSALE DI MICHELANGELO

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Uno dei tesori artistici più importanti che l'Italia possiede, parte integrante della sua bellezza e identità, è rappresentato dal Giudizio Universale di Michelangelo, custodito a Roma, nella Cappella Sistina.

Si tratta di un affresco magnifico e terribile, densamente popolato di personaggi, di concetti e di simboli, in un vorticoso avvicendarsi.

La parte che andremo a scoprire è quella nota come "la fine dei tempi" in cui, ai piedi di Cristo Giudice, gli angeli suonano le trombe dell'Apocalisse, si assiste alla resurrezione dei corpi, all'ascesa al cielo dei giusti e alla caduta dei dannati all'Inferno.



Undici angeli, privi di ali, risvegliano i morti con le trombe. Le ali sono simbolo di velocità e libertà di movimento dei messaggeri di Dio. Gli artisti non hanno trovato simbolo migliore per rappresentare la natura spirituale di questi esseri perfettamente liberi e desiderosi di collaborare con il Principio Creatore di ogni cosa per conseguire l'evoluzione finale dell'umanità.

Michelangelo ha voluto rinunciare a questa convenzione e ha preferito rappresentarli antropomorfi e apteri, come accadeva sino al IV secolo, innalzando quindi il valore del corpo umano, di cui Dio stesso rivestì Suo Figlio nell'Incarnazione, per sottolineare quanto la materia, se spinta al Bene, con l'aiuto dello Spirito, possa essere eccelsa e contemplabile.

Inoltre gli angeli, quando si manifestano agli uomini appaiono antropomorfi, come accade nell'episodio biblico dei tre angeli che visitano Abramo o quando l'arcangelo Raffaele accompagna Tobiolo nel suo viaggio.

Le ali erano anche simbolo ai piedi di Mercurio che, non dimentichiamolo, era messaggero dei dei, così come gli angeli (dal greco ἄγγελοςanghelos) lo sono di Dio.

Gli angeli suonano delle trombe, simbolo dell'Apocalisse, della fine del mondo.

Delle sette trombe si parla in Apocalisse 8:6-21.

La prima tromba causa grandine e fuoco che distruggono buona parte della vegetazione.
La seconda tromba scatena una massa infuocata, forse un asteroide gigante, che finisce in mare e causa la morte di un terzo delle creature viventi marine;
La terza tromba fa precipitare un altro asteroide su laghi e i fiumi portando desolazione.
La quarta tromba provoca l’oscuramento del sole e della luna.
La quinta tromba richiama enormi stormi di cavallette che attaccano l’uomo torturandolo.
La sesta tromba fa sorgere dalle profondità orride dell'Inferno un esercito demoniaco che uccide un terzo dell’umanità.
La settima tromba chiama i sette angeli con le sette coppe dell’ira di Dio.

Due angeli  reggono due libri, uno piccolo e uno grande, indice del numero degli eletti (pochi, stanno in un libretto) e dei dannati (la maggior parte, visto che è necessario un libro enorme per contenerne i nomi), facendo avverare l'ammonimento di Gesù, quando era sulla Terra "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno" (Luca 13,24).



Sotto gli angeli, si intravede una grotta arroventata e cupa, da cui fuoriescono due esseri brutali e orrendi: si tratta dell'antro infernale, da cui si passa per precipitare nel Regno della disperazione eterna.

La grotta è posta esattamente dietro l'altare. Secondo i codici prossemiciquesta posizione è simbolo della manifestazione del demonio e dell'Anticristo proprio all'interno della Chiesa prima della fine dei tempi.



A sinistra di tale grotta, si stende una landa, simbolo della morte corporale, da cui scaturiscono, da sotto terra, numerosi personaggi, icone di cadaveri o scheletri che recuperano il proprio corpo, destinato, insieme allo spirito, o al godimento eterno o all'eterna disperazione.

I codici gestuali e mimetici esprimono il faticoso risveglio e il ritorno alla coscienza.

Talvolta i risorti appaiono durante la metamorfosi che da scheletri li trasforma nuovamente in esseri viventi corporei, ma stavolta muniti di un corpo immortale in una vita eterna, o di dolore o di gioia, a seconda dei loro meriti.

E' la metafora di una nuova nascita, con corpi che vengono alla luce, uscendo dal ventre della Terra che li ha accolti in vista della Parusia, cioè della venuta di Gesù alla fine dei tempi, per instaurare il Regno di Dio. Tale immagine risponde alla domanda di Nicodemo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».



Sulla destra, in alto, due corpi sono disputati tra angeli e diavoli: uno dei due è tenuto per le gambe da un angelo, mentre un diavolo cerca di strapparlo giù tirandogli i capelli; la mano di un diavolo che gli ha legato un serpente alle caviglie lo trattiene, mentre l'angelo lo solleva.

Questi personaggi sono la sineddoche dell'umanità che si è pentita di una vita di misfatti all'ultimo momento della propria esistenza, evitando la dannazione. I demoni li pretendono, considerate le azioni commesse, ma gli angeli sanno che essi non diverranno prede dell'orrore, grazie alla volontà di cambiare vita e del pentimento, nell'ultimo scampolo della loro bieca esistenza.

In questa immagine si evidenzia il principio esplicitato da Gesù nella parabola dei lavoratori nella vigna: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi" (Vangelo secondo Matteo 20,1-16)



All'estrema sinistra in basso, tra i risorgenti, vediamo un uomo barbuto, icona di Michelangelo che osserva meravigliato un uomo col capo coperto, icona di Dante. Poco più in là un uomo col cappuccio sorge da un crepaccio, icona di Gerolamo Savonarola. Come Dante fece nella sua Commedia, anche Michelangelo ha voluto "punire" o "premiare" grandi personaggi del passato o suoi contemporanei, inserendoli nel suo capolavoro.



A destra della grotta diabolica appare la barca che trasporta i dannati. E' chiara l'allusione ai versi di Dante in cui appare Caronte, il traghettatore infernale: "Ed ecco verso noi venir per nave/un vecchio, bianco per antico pelo,/gridando: "Guai a voi, anime prave!" (Inferno, canto III, 82-84)

Il personaggio di Caronte è icona di Carlo III di Borbone che nel 1527 condusse le truppe imperiali fino a Roma che fu saccheggiata; morì proprio durante il famigerato "sacco di Roma" colpito da una palla d'archibugio.

Caronte traghetta le anime malvagie dal giudice infernale, Minosse, anch'esso allusione alla figura demoniaca apparsa nella Divina Commedia: "Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia/essamina le colpe ne l’intrata/giudica e manda secondo ch’avvinghia" (Inferno, canto V, 4-6).



Minosse, con orecchie d'asino, simbolo di ignoranza, è qui icona del Maestro di Cerimonie del Papa, Biagio da Cesena, che, scandalizzato dal turbinio di corpi nudi che "sì disonestamente mostran le loro vergogne" definì l'affresco adatto "da stufe (a bagni termali) e d'osterie" piuttosto che alla cappella del Santo Padre.

Da notare il serpente, che lo avvolge tante volte quanti sono i cerchi infernali che l'anima condannata deve discendere, e che gli morde il pene, per punirne, probabilmente, l'eccessiva brama sessuale.

Nel vorticoso aggrovigliarsi dei dannati appaiono anche Cesare Borgia, di schiena, a capofitto e all'estrema destra in basso, il conte Ugolino e l’arcivescovo Ruggieri.

Il demone con gli occhi che escono dalle orbite, alle spalle di Minosse , è icona di Pierluigi Farnese, figlio di Paolo III, noto per essere un sodomita violento e per aver stuprato un giovane chierico al punto di averne causato la morte.



Al di sopra dei dannati sulla barca e sulle rive dell'Inferno, si sta scatenando una zuffa apocalittica, in cui, vorticando e contorcendosi, i dannati tentano disperatamente di ascendere, mentre gli angeli, con forza li respingono e demoni, in basso, li trascinano verso il loro orrendo destino.

Alcuni dei dannati sono simboli di vizi o di peccati: un dannato seduto si copre il volto disfatto e atterrito, mentre i diavoli lo trascinano in basso. E' il simbolo della disperazione. Il serpente che lo morde è simbolo del rimorso. L'essere mostruoso che gli si avvinghia alle gambe è simbolo dell'impossibilità di salvarsi.

L'uomo a testa in giù che mostra appesi al mantello una borsa con denari e due chiavi, è simbolo di avidità. Il dannato artigliato dai demoni per i testicoli, è simbolo della lussuria.

I codici gestuali e mimetici dei reprobi  rappresentano l'orrore, la disperazione, la percezione della catastrofe repentina, inattesa e imminente.

Quelli dei demoni, l'ingorda voluttà della cattura, il perverso desiderio di far soffrire la creatura tanto amata da Dio e che ha tradito il suo Creatore, ma anche il lato grottesco, osceno, caricaturale, perfino ridicolo del Male.

Le pene infernali non sono visibili, sono all'interno dell'antro, ma il loro solo pensiero evoca tormento, angoscia.



E mentre i dannati precipitano nel Regno dell'immobilità senza fine, della morte, dell'annientamento eterno e cosciente, nel vicolo cieco di ogni divenire, in antitesi,  nel lato opposto schiere di beati stupiti ma lieti, confusi ma sereni, ascendono verso la dimensione del continuo gioioso fluire.

Sospinti da una forza incontrollabile, talvolta aiutati dai santi, dagli angeli e da altri beati iniziano in quel preciso attimo la loro vera vita, piena di novità, di gioia e di infinite possibilità.

SIMBOLOGIA DELLA GLORIA DEI BEATI NEL GIUDIZIO UNIVERSALE DI MICHELANGELO

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Continua il nostro viaggio alla scoperta della simbologia e dei significati del Giudizio Universale di Michelangelo, dopo l'analisi della sezione dedicata alla fine dei tempi.

Tutta la composizione ruota intorno alla magnifica figura di Gesù, nel colmo della Sua gloria, durante la Parusia.



Il suo corpo troneggia massiccio ed elegante, in armoniosa torsione, mentre si erge in avanti e con le mani ordina il flusso vorticoso delle energie che stanno sconvolgendo il mondo, durante l'Ultimo Giorno.

I codici mimetici sono il simbolo della Sua imperturbabile Giustizia, che si limita a far sì che gli eventi seguano il loro immutabile corso, liberando l'energia che attira gli eletti verso la Luce e i reprobi verso l'Oscurità, così come avveniva mentre erano in vita e sceglievano di essere figli della Luce o delle Tenebre.

Il Figlio di Dio non si vendica sul Male, semplicemente porta a conclusione il processo già innescato da ogni anima con le proprie scelte durante il transitorio passaggio sulla Terra.

Accanto a lui la Vergine volge il capo, in attesa che si compia la Divina Giustizia. I suoi codici gestuali e mimetici sono simbolo del fatto che da questo momento, essendo finiti la Storia e il Tempo, la sua funzione di mediatrice tra gli uomini e Dio e la Sua intercessione non ha più ragione di esistere. Da questo momento inizia la Nuova Era in cui coloro che amano Dio godranno della beatitudine eterna e non avranno più necessità del Suo aiuto per salvarsi dal Male che non esiste più e potranno relazionarsi a Dio direttamente, contemplando il Suo volto.



Intorno al Cristo è radunata una folla di apostoli, profeti, patriarchi, sibille, eroine dell'Antico Testamento, martiri, vergini e santi che tutt'intorno formano una doppia e turbinosa corona di corpi. I Beati si baciano e si abbracciano, felici di ritrovare i propri cari, contemplano la bellezza assoluta, osservano i movimenti di Gesù in un vorticare impetuoso e incessante dovuto alla rigenerazione di tutte le cose.

Secondo lecategorie eidetiche, la linea a vortice, come quella che anima l'affresco, invia un inconscio messaggio di dinamismo, cambiamento, mutamento, progresso, rinnovamento.



Molti dei santi che circondano l'icona del Cristo sono identificabili grazie ai loro simboli. Abbiamo così san Lorenzo, con la graticola e san Bartolomeo, con la sua pelle, che gli fu strappata, durante il martirio.

Bartolomeo è anche icona dell'Aretino, poeta e scrittore, e il viso deforme e afflosciato della pelle è icona del Buonarroti.  Tale immagine pare sia ironica allegoria della condizione in cui Michelangelo si sentiva psicologicamente dopo che l'Aretino criticò aspramente il suo Giudizio Universale.



A destra di Cristo si vedono sant'Andrea, il cui simbolo è l'omonima croce che porta, e san Giovanni Battista, con il simbolo del manto di pelo di cammello.


Il simbolo di san Pietro sono le chiavi del Paradiso che vengono restituite a Cristo in quanto non serviranno più, da quel momento in poi ad aprire e chiudere le porte dei cieli.

Nel gruppo di sinistra in cui sono radunate le vergini, le sibille e le eroine dell'Antico Testamento, vi sono due donne di cui una ha un gesto protettivo verso l'altra che le si avvicina abbracciandole i fianchi: si tratta della prosopopea della Chiesa misericordiosa  che accoglie una devota, sineddoche dei fedeli.



Sull'estrema destra un uomo possente regge una croce. Si tratta dell'icona di Simone di Cirene, che aiutò Cristo sulla via del Calvario, oppure di Disma, il buon ladrone. Alcuni hanno scorto in questa raffigurazione il simbolo dell'umanità oppressa dai suoi dolori e dalla prove necessarie per seguire Gesù.

Sotto di lui appare san Sebastiano, che tiene in mano il suo simbolo, le frecce del suo martirio.

Il simbolo di San Biagio sono i pettini chiodati con cui fu martirizzato, quello di santa Caterina d'Alessandria è la ruota dentata spezzata.

San Filippo ha il simbolo della croce e Simone Zelota, della sega.



Nelle due lunette superiori appaiono gruppi angelici che recano gli strumenti usati nella Passione di Cristo.

Sono la croce, la corona di spine, i chiodi, la colonna della flagellazione, la scala per deporre il corpo, il bastone con la spugna imbevuta d'aceto, simboli del suo sacrificio che permette agli uomini di godere, in questo ultimo giorno glorioso e terribile, della salvezza eterna.



I SIMBOLI NELLA SOCIETÀ DELL'ANTICA ROMA

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È disponibile la quinta puntata di "Semeion, i simboli e la Storia", serie video storica prodotta da Ars Europa Channel.

In questa puntata si parlerà del legame indissolubile fra i simbolie la vita quotidiana nell'antica Roma.

Ogni istante della vita romana è scandito dalla presenza di simboli, che variano da quelli usati per esprimere censo e potere attraverso gli indumenti indossati, ai simboli di protezione dalla malasorte, a quelli sacri, a quelli magici sino ai sette talismani che avrebbero assicurato eterna prosperità alla padrona del mondo antico.

Partiamo quindi alla scoperta dell'abbigliamento maschile romano, degli amuleti e talismani usati nell'antica Roma, dei simboli presenti nei famosi e bellissimi mosaici sparsi nelle case e nei luoghi pubblici in tutto l'impero, dei Pignora Imperi, oggetti sacri e simbolici a protezione dell'Urbe, e infine, dei simboli usati dai sacerdoti e dalle sacerdotesse che provvedevano alle sacre funzioni e ai buoni rapporti tra uomini e divinità.

SEMEION – i simboli e la Storia” è la nuova serie video che indaga sul significato e le origini dei più famosi simboli dell'antichità.

Ecco la puntata completa.


LA NUOVA RAI IN CINQUE DOMANDE: ENZO PENNETTA

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Prende inizio da oggi 5 domande, una serie di interviste a intellettuali, giornalisti, comunicatori e pensatori sul futuro della Rai, sulla sua importanza nella vita sociale e politica e sulla sua influenza sulla percezione della realtà da parte del pubblico di telespettatori.

Il primo a rispondere alle nostre domande è Enzo Pennetta, che si occupa di iniziative legate alla didattica delle scienze e di attività di formazione culturale, la cui finalità è quella di mostrare come possa insinuarsi nel pensiero comune una falsa scienza, e confondersi con quella vera, senza che spesso neanche gli addetti ai lavori si rendano conto del fenomeno.



Cura "Critica Scientifica",  un sito di informazione e analisi sui fatti e gli argomenti di attualità sociale e scientifica e ha scritto  Infamia, l’informazione fra manipolazione e repressione edito da Chorabooks.




•Cosa promette la Rai che sta nascendo? Si tratta davvero di un cambiamento o stiamo assistendo a una riproposizione, come da gattopardesca memoria, del "che tutto cambi affinché tutto rimanga così com'è" ?

Che si tratti di un cambiamento vero non ci sono dubbi, conosco personalmente il Presidente Foa e recentemente ho anche avuto modo di conoscere e apprezzare il consigliere Giampaolo Rossi, posso assicurare che non sono persone disponibili ad operazioni gattopardesche. Ma non bisogna essere infantili nell'aspettarsi che il cambiamento di una realtà così grande, complessa e al centro di fortissimi interessi come è la Rai, possa avvenire in modo rapido e con degli strappi. Si tratterà di fare interventi oculati e ben studiati, in realtà la cosa più gattopardesca che si potrebbe fare sarebbe proprio quella di sollevare inutili polveroni che finirebbero col bloccare l'azione innovatrice.



•L'intrattenimento e le fiction rischiano di alterare la percezione della realtà nel Pubblico o è sufficiente agire sulla veridicità e il pluralismo dell'Informazione, gestendo in modo obiettivo i telegiornali?

Fiction, intrattenimento e informazione svolgono funzioni complementari ma distinte per cui vanno trattati separatamente. Negli ultimi anni la capacità di creare e orientare l'immaginario collettivo è passata dai film alla fiction attraverso la quale ormai passano modelli sociali e di comportamento che in parte rispecchiano la società ma che in gran parte sono anche mezzo di orientamento dei comportamenti stessi.

L'intrattenimento è un campo vasto che comprende varie tipologie di programmi, qui forse il rischio maggiore è che venga ad esso concesso troppo spazio finendo per farlo diventare una edizione contemporanea del “panem et circenses”, cioè un modo per allontanare dal pubblico la percezione di problematiche politiche o di altro genere.

Ovviamente i telegiornali da parte loro giocano un ruolo di primo piano, un vero pluralismo dell'informazione si vedrebbe a partire innanzitutto dalla scelta delle notizie prima ancora dal modo in cui vengono date, quello che sfugge è il fatto che l'opinione pubblica può prendere posizione su un determinato argomento ma prima ancora c'è la scelta di quali argomenti portare all'attenzione. Quando i vari TG proporranno diverse scalette di argomenti allora potremo cominciare a parlare di pluralismo.



•L'aspetto culturale, intendendo con questo termine  la divulgazione di sapere relativo all'Arte, alla Storia, alla Letteratura, potrebbe incidere sulla percezione della realtà da parte del Pubblico?

Assolutamente sì. Ci possiamo agganciare alla risposta precedente ricordando come il prevalere dell'intrattenimento rispetto alla formazione culturale e di approfondimento sia stato un fenomeno trainato dalla comparsa delle TV commerciali sul finire degli anni '70 e l'inizio degli '80, in quel momento a mio avviso la Rai ha perso una grandissima occasione per differenziarsi come servizio pubblico e ha invece iniziato a rincorrere le TV private su piano degli ascolti e della raccolta pubblicitaria.

Quello che mi piacerebbe dal nuovo corso Rai sarebbe una graduale ma sicura inversione di tendenza, un cambiamento di rotta che lasci andare le televisioni commerciali per la loro strada e abbia il coraggio di intraprenderne una nuova coraggiosamente non orientata dalla competizione. Sono certo che dopo un po' sarebbero le televisioni commerciali ad iniziare a rincorrere la  Rai perché le persone sono ancora in grado di riconoscere qualcosa di valore e in molti sono stanchi di mediocrità.



•Basterà rinnovare i contenuti o occorrerà ripensare il "modus agendi" dei conduttori e presentatori? In altri termini, è possibile influenzare i telespettatori, oltre che con fake news anche con tono di voce, mimica facciale, uso di sinonimi con differente connotazione semantica e altri trucchi del genere?

Il modus agendiè complementare al contenuto verbale, e non parliamo solo di aspetti come la mimica o l'intonazione della voce ma anche di cose come l'interruzione di un discorso o il lasciare che altri parlino sovrapponendosi, per non dire della tecnica di mettere in minoranza numerica il sostenitore della tesi da screditare. Tutti questi aspetti in una televisione che diventi veramente di informazione e che sia un servizio pubblico dovranno essere affrontati, un modello diverso di fare informazione ad esempio è già riscontrabile nei video di Byoblu dove Claudio Messora ha dimostrato che se si fornisce informazione vera gli spettatori percepiscono il valore dei contributi e lo premiano con ascolti record rispetto a qualsiasi altro canale sul web.


•Che impronta darebbe alla Rai se fosse lei a poter decidere in modo autonomo?

Immaginando di poter dire la mia agirei coerentemente con quanto detto sin qui, per prima cosa vorrei trasmettere l'immagine di di una Rai che abbia smesso di pensare che servizio pubblico e reti commerciali siano realtà analoghe, riformulerei quindi i palinsesti cominciando con un graduale ma evidente incremento di programmi di alto livello culturale e qualitativo e procederei contemporaneamente alla riduzione di spazi per proposte come il Grande fratello e simili.

Punterei alla produzione di format autonomi togliendo spazio a società esterne che costano cifre elevate finendo per diventare soci di fatto con diritto di parola e finendo col rendere le televisioni tutte simili tra loro.

L'autonomia economica assicurata dal canone potrebbe essere usata per osare qualcosa in più, una carta che solo la Rai ha e che quindi potenzialmente la può renderla inimitabile dagli altri. Riguardo ai Tg come ho detto la novità sarebbe una scelta delle notizie autonoma e possibilmente sganciata da quella dettata dai gatekeeper.

Queste, come premesso nella domanda, sono mie idee, non so cosa farà il nuovo CDA ma sono certo che il nuovo corso porterà ad importanti risultati. Ma perché tutti i cambiamenti possano essere attuati il nuovo corso dovrà  avere il tempo necessario per operare e con questo intendo che dovrà poter agire su almeno due mandati, i tempi lunghi sono realistici, quelli brevi sono solo per gli ingenui.

ACTA DIURNA - ANALISI DELLA COMUNICAZIONE GIORNALISTICA IN TV: AGORA

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Inizia oggi  "Acta Diurna", la serie di analisi della comunicazione di programmi di informazione, per scoprire, grazie all'utilizzo di una griglia analitica, quindi in modo scientifico e non partigiano, quali elementi e meccanismi inconsci di persuasione o di influenza della percezione del pubblico di telespettatori sono presenti nelle più note trasmissioni di approfondimento giornalistico.

Spesso i programmi che vengono definiti "giornalistici" o "informativi" sono in effetti di intrattenimento e con pochissima neutralità nel dare e commentare le notizie. In altre parole uno spettacolo che ha come sovrascopo quello di orientare l'opinione pubblica.

Oggi analizzeremo in modo sintetico la puntata di Agorà (Rai 2) del 2 novembre 2018, visualizzabile  a questo indirizzo su RAI PLAY tenendo in conto, per semplicità, di sei aspetti narrativi:




  • SCENOGRAFIA 
Simboli, categorie eidetiche, cromatiche e codici prossemici

Lo studio è organizzato in forma circolare, con gli ospiti seduti in due semicerchi che si guardano. Secondo le categorie eidetiche il cerchio invia la percezione inconscia di privilegio, di gruppo. Tale scenografia invia quindi il messaggio che il "palcoscenico"è occupato dagli esponenti della élite del pensiero.

Il colore predominante è il rosso, che azionando il sistema nervoso simpatico agisce sull'adrenalina ed è quindi percettivamente il colore della rabbia e della passione, ma è anche colore simbolo della Sinistra.

I quotidiani che sono presenti in studio in forma cartacea o appaiono a schermo, sono simboli dell'informazione neutra, puntuale e corretta, dei fatti nudi e crudi da cui prendere spunto. In realtà, il fatto che tutte le testate da cui sono estratti titoli e notizie appartengano grosso modo a schieramenti politici analoghi, svuota di significato il simbolo stesso.

La posizione della conduttrice, al centro ma all'esterno dell'agone, secondo i codici prossemici e topologici è simbolo della sua neutralità e del suo ruolo di arbitro della conversazione. In realtà, come si evince dal resto dell'analisi, tale presunta "collocazione simbolica"è poi disattesa da altri elementi.

Il leggio della conduttrice è simbolo di autorità, di guida, attributo dell'Emittente.

Le immagini cartonate sono icone dei vari personaggi politici italiani ed europei di spicco, simbolo del Potere, sineddoche di chi governa.

La puntata finisce con l'immagine di un testimone prestigioso della cultura di sinistra, Pier Paolo Pasolini, ricordato nell'anniversario della morte, avvenuta il 2 novembre 1975 per omicidio. Un simbolo che intende essere di superiorità intellettuale della Sinistra italiana, una bandiera.




  • DINAMICHE PRESENTI IN STUDIO
Soggetti, aiutanti, opponenti

Oltre agli ospiti in studio, (in questa puntata Antonello Caporale de Il Fatto Quotidiano, Giovanna Vitale di Repubblica, un geologo, Benedetto della Vedova, esponente di + Europa, Alan Sorrenti, cantante e Antonio Maria Rinaldi,economista filogovernativo) ci sono ospiti collegati da esterno.

Soggetto protagonista è la conduttrice, che ha lo scopo non tanto di presentare e commentare le notizie per ricercare e comprendere i fatti, ma intende sostenere e veicolare ai Destinatari, il pubblico a casa, una particolare visione della realtà, la propria o perlomeno quella dell'Emittente. Per farlo ha una serie di aiutanti, dal co-conduttore agli ospiti invitati in studio, tre esponenti di una parte politica, affine alla trasmissione (+ Europa, Repubblica, Il Fatto Quotidiano).

Dato che per creare interesse in un dibattito è necessario che vi sia la figura dell'opponente, vi è un ospite con una visione non necessariamente opposta, ma di sicuro non allineata al pensiero dominante durante la trasmissione, che in questo caso è l'economo Rinaldi.




  • CODICI PARALINGUISTICI
Tono e volume di voce, velocità di dizione, sovrapposizioni, codici mimetici, gestuali e prossemici.

Le notizie presentate e commentate sono estrapolate da titoli e articoli di quotidiani che appartengono più o meno alla medesima parte politica (La Stampa, il Corriere, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica).

Molto forte e frequente è apparso, durante lo svolgersi della trasmissione, l'uso di codici paralinguistici.

I codici mimetici dei conduttori, quando parlano del fatto che Salvini ha aperto la busta proveniente dalla Procura di Agrigento in diretta Facebook, intendono ridicolizzare tale scelta di condivisione via social.

La conduttrice interrompe spesso l'ospite quando esprime concetti non graditi o non in linea con la direzione concettuale che lei vuole raggiungere, con una sovrapposizione di frasi sulla sua esposizione.

Frequente presenza di codici tonali, vocali, pause e interiezioni per inviare inconsci messaggi di dubbio ai telespettatori quando ci sono elementi che potrebbero indebolire il messaggio globale che la trasmissione intende supportare... per esempio dopo intervento video di qualche anno prima del magistrato Zuccaro, relativo a sue perplessità e sospetti sul fatto che alcune ONG fossero finanziate dai trafficanti di migranti.

Alla fine degli interventi di esponenti che portano avanti idee differenti da quelle alla base della trasmissione, (per esempio Salvini) la conduttrice commenta spesso, in modo apparentemente improvvisato con frasi brevi e incisive, che tendono a sminuire il senso di quanto precedentemente enunciato nell'intervento video, diventando quindi opinionista. Accade per esempio con l'espressione "Hastag abbassiamo i toni" da lei pronunciata dopo l'intervento in video di Salvini che presenta la manifestazione nazionale dell'otto dicembre a Roma. Ovviamente, dato che il video è registrato, non esiste possibilità di replica o contraddittorio alla frase di chiusura di questo blocco narrativo della conduttrice.

La tendenza a interrompere il discorso non gradito è ripetuta. Lo troviamo per esempio al minuto 46 e seguenti.

I codici gestuali e prossemici ( avvicinarsi all'ospite, toccargli la spalla) che a prima vista potrebbero sembrare di vicinanza fisica ed emotiva, sono invece usati dalla conduttrice con finalità opposte a quelle canoniche: si avvicina e tocca la spalla all'ospite quando intende tacitare e bloccare Rinaldi nella sua esposizione. Tale gestualità aumenta poi la percezione di calmare un bambino quando diventa troppo irrequieto e straparla, a causa della sua immaturità. E' quindi un gesto che pare innocuo ma è gravemente lesivo.

L'altra ospite, giornalista di Repubblica, tende ad alzare o sovrapporre voce per non far esprimere Rinaldi, usando anche coerenti codici mimetici, così come anche l'altro ospite, esponente di +Europa impedisce a Rinaldi di parlare e la conduttrice si guarda bene dall'intervenire. Questo fa apparire Rinaldi in minoranza e la percezione è che abbia torto e non abbia argomenti, quando in effetti non ha la possibilità di esprimerli perchè non gli viene data. Tutto ciò avviene intorno all'ora e 49 minuti di trasmissione.

Quando Rinaldi, alzando la voce, comincia a parlare e a dire la sua, la conduttrice prontamente interviene e lo interrompe.




  • CONTAMINAZIONE DI GENERI
Presenza o meno di contaminazione, quindi di infotainment

La presenza del comico Bertolino, all'interno di una trasmissione giornalistica, è usata per denigrare gli avversari senza temere ritorsioni, in quanto egli si può trincerare dietro lo scudo della satira.

Anche il codice dell'abbigliamento del comico, sobrio, pacato, serissimo in antitesi alla professione del comico che ha lo scopo di far ridere, tende a confondere lo spirito critico di chi assiste alla trasmissione, che pur sapendo che si tratta di satira, assimila le notizie collegandole inconsciamente a uno stile sobrio, serio e giornalistico.

Ecco quindi il commento a notizie politiche tratte dai titoli delle stesse Testate che abbondano in studio che influenza ulteriormente il telespettatore, superando le sue barriere inconsce e legittimando, in un crescendo di humor (talvolta insipido, ma ricco di calembour, similitudini e altre figure retoriche molto efficaci) la denigrazione dell'avversario piuttosto di replicare criticamente alle scelte politiche, in una perfetta contaminazione di generi information e entertainment.

Vi è poi la sezione dedicata all'intervista ad Alan Sorrenti, in quanto autore e interprete di "Figli delle Stelle" chiamato in causa, si presume, per assonanza del titolo della sua famosa canzone con il nome del Movimento 5 stelle. Ancora commistione fra spettacolo e informazione.




  • USO FIGURE RETORICHE
Metafore, similitudini, allegorie per rendere più efficace la veicolazione del proprio messaggio.

La conduttrice, con una similitudine, fa un accostamento ironico tra l'apertura della busta con el comunicazioni della Procura da parte di Salvini all'apertura della busta con il nominativo del vincitore dell'Oscar.

Uso di altra figura retorica quando commenta sarcasticamente un intervento di Rinaldi (usa la prosopopea affermando che appare come se fosse L'Europa, all'improvviso alle sue spalle)

Anche parlando con Alan Sorrenti la conduttrice usa spesso figure retoriche, come la metafora "ma ora siamo più in aria o a terra?" accennando alla situazione del Paese (in aria, con ideali; a terra, senza speranze) con una similitudine alle stelle che stanno in cielo, in "aria".

Il co-conduttore insiste con le metafore "ultima puntata della serie Italia contro Europa" per parlare delle esternazioni del Ministro Salvini, continuando a usare anche ulteriori codici paralinguistici come espressione facciale e tono di voce.




  • USO DI MESSAGGI SUBLIMINALI
Inferenze, impliciti, presupposizioni

Il titolo stesso della puntata, Maltempi moderni, sembra intenda alludere alle violente precipitazioni che hanno creato allagamenti e rovina in tutta la Penisola, di cui si tratterà durante la trasmissione, ma evoca nella mente dei telespettatori sia il famoso film di Chaplin, Tempi Moderni, sia il detto latino "Mala tempora currunt" corrono brutti tempi, creando un'inferenza (conoscenza generata in modo inconscio e automatico dall'accostamento di altre conoscenze) per cui quelli moderni, che stiamo vivendo, sono brutti tempi, quelli attuali sono tempi grami.

L'inferenza si raddoppia e assume una ulteriore profondità ed efficacia a causa dell'immagine di sfondo al titolo, in cui appaiono gli esponenti dell'attuale governo in carica. Il significato finale che viene generato nella mente dei telespettatori è quindi, senza mai proferirlo, "i tempi che viviamo sono grami a causa di coloro che ora stanno al governo".

L'inferenza per cui il governo attuale è portatore di tempi grami viene riproposta, in seguito, accostando il concetto di maltempo e danni gravi sull'Italia all'archiviazione dell'imputazione di sequestro di persona sulla nave Diciotti fatta a Salvini.



  • USO DI MAXISCHERMI METATESTUALI
Interventi ospiti da esterni, sovradimensionati e quindi iperbolici. Si sottolinea la bontà o l'inanità delle opinioni degli ospiti inquadrando i maxischermi per catturare spesso le loro espressioni facciali o i gesti.

In questo programma sono presenti interventi di ospiti esterni, che vengono presentati su monitori sovradimensionati, che incombono sugli altri ospiti in studio e appaiono quindi iperbolici.

Per similitudine, gli stessi concetti espressi da tali ospiti appaiono sovradimensionati, in positivo o negativo. Si sottolinea la bontà o l'inanità delle opinioni degli ospiti, a secondo della loro sequela o meno al pensiero dominante in studio, che viene fatto apparire come l'unico realistico e razionale,  inquadrando i maxischermi per catturare spesso le espressioni facciali o i gesti di coloro che sono collegati.





  • CONCLUSIONE

Il vero grande problema di Agorà è che non vi è un effettivo contraddittorio.

Lo scopo dichiarato di qualsiasi trasmissione di approfondimento è quello di scavare a fondo per cercare la verità, esaminare i fatti, cercare la cause e le conseguenze delle scelte e degli eventi.

A rigore di analisi, tutto pare concorrere,  in questa trasmissione, alla difesa ad oltranza del proprio punto di vista, della propria visione della realtà, fingendo di accettare anche quella altrui, con un confronto, che è però fittizio, per quantità e qualità delle opportunità offerte "all'opponente" (ruolo indispensabile per creare qualsiasi narrazione con un minimo di coinvolgimento da parte del destinatario) di far intravedere, senza essere zittito o tacciato di malafede o ingenuità, la propria visione.

Grande preparazione da parte degli autori e della conduttrice relativamente alla conoscenza dei migliori escamotage comunicativi e alle strutture narrative più efficaci.

Notevole competenza, inoltre, nella costruzione della simbologia e nei ruoli attanziali del programma.

LA SIMBOLOGIA DEL PANTHEON E DI CAMPO MARZIO

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Il Pantheon non è solo una sublime opera architettonica, ma anche uno scrigno ricco di codici e simbologie, evidenti ma non immediatamente comprensibili.

Fu concepito come spazio contemporaneamente aperto e chiuso che rappresentasse l’unione di concetti complementari,  architettura creata dal connubio tra materia e luce. La sua realizzazione "a sfera"è simbolo di compiutezza in quanto la filosofia greca la considerava il solido geometrico perfetto.



Al centro di tale sfera, che rappresenta la volta celeste,  si incrociano l'asse terrestre, orizzontale e l'asse celeste, verticale, simboli dell'incontro tra l'umano e il divino, tra l'immanente e il trascendente, tra la terra e il cielo.

In questo tempio, secondo le indicazioni di Adriano, la luce solare, sospesa come uno scudo d'oro,  si rifletteva nella piscina sul pavimento, mentre il fumo delle candele, simbolo delle preghiere, si innalzava verso gli dei.

“Pantheon” in greco significa “di tutti gli dei” anche se nella riedificazione di Adriano fu dedicato alle 7 divinità planetarie (Apollo, dio del Sole, Diana, della Luna, Venere, Saturno, Giove, Mercurio e Marte) che simboleggiavano le dinamiche cosmiche dell’armonia celeste.



I cassettoni sulla cupola sono disposti in file di 28 riquadri ciascuna, cifra  considerata perfetta, in quanto somma dei primi 7 numeri, simbolo  della compiutezza che il Pantheon intende evocare. Sette erano i pignora imperi, sette i colli di Roma, sette i primi re e naturalmente, sette le meraviglie del mondo.

Ci sono sette nicchie sulle pareti, che contenevano le immagini delle sette divinità cosmocratores, ovvero dominatrici del Mondo, ci sono sette anelli sulla volta: i cinque anelli a cassettoni, l'anello che circonda l'oculus, e l'oculus stesso.



Le colonne corinzie della Basilica di Nettuno, accanto al Pantheon sono ornate, sopra i capitelli, di fregi che riportano i simboli del dio Nettuno, spesso rappresentato ritto su di un carro, formato da una conchiglia trainato da delfini o cavalli marini, e con un tridente nella mano destra come simbolo di comando.



Saepta Julia significa in latino “i recinti iulii”, a causa dalle recinzioni in legno usate per organizzare all’interno il passaggio dei cittadini durante le operazioni di voto. Vista la somiglianza con i recinti delle pecore, il luogo fu ironicamente chiamato 'ovile'



Infine, secondo i suoi costruttori egizi, l'obelisco in granito rosso che segnava l'ora sulla meridiana in Campo Marzio, detta Horologium Augusti, rappresentava un raggio pietrificato del sole, simbolo di vita e potere divino.

Quindi Campo Marzio era esso stesso un immenso orologio solare, simbolo del ciclo incessante del tempo durante il quale sarebbe continuato il dominio di Roma, per tutti i secoli a venire.



LE ANTITESI DELL'AMORE

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Tiziano dipinse questo splendido quadro, conosciuto come "Venere che benda Amore" o anche " Le tre grazie" nel 1565, quando aveva 80 anni, 11 anni prima della morte.

Nella affollata scena appaiono le icone di Venere, dei due figli Eros e Anteros e di due ninfe, Dori e Armilla.

Questi personaggi sono rispettivamente le prosopopee della bellezza, della passione e dell'amore celeste, del piacere coniugale e della castità. Si tratta quindi di una serie di antitesi che cercano una sintesi.

Cosa accada nella scena, che fissa un'azione in un solo istante, non è dato comprenderlo con certezza..


La madre sta bendando o togliendo la benda al più piccolo di casa, l'istintivo e irrazionale Eros?

Le due ninfe a chi dei due fanciulli stanno portando l'arco, simbolo della capacità di regolare la passione terrena, e moderare le pulsioni istintive dopo aver preso la mira? Al piccolo capriccioso e per il momento bendato amore profano o al più grande, il saggio, accordo e vedente amore sacro? Tra l'altro le misure dell'arco sembrano poco verosimilmente fare pensare alla capacità di Eros di imbracciarlo e tenderlo.



Le frecce sono il simbolo degli sguardi che colpiscono il cuore di chi è desiderato, facendo spesso perdere la ragione e inducendo l'amore. Come la poesia di Cavalcanti, "voi che per gli occhi mi passaste il core" evocano la capacità di Amore di raggiungere e conquistare l'anima attraverso gli sguardi ardenti.

La faretra è simbolo della capacità di custodire gli sguardi ammalianti e usarli solo quando e come opportuno, non alla cieca. Simbolo di moderazione è anche il fermaglio sull'abito di Venere, mentre il suo orecchino è simbolo di vanità, di amor proprio e cura della propria persona.

Venere e le due ancelle sono state anche interpretate come icone delle tre grazie e simboli di voluttà, amore e bellezza.

Venere è la bellezza; Armilla o forse Diana, con l’arco, è la Castità e Dori è la Voluttà, il piacere coniugale.



Il messaggio contenuto nell'opera è un ammonimento ai giovani amanti da parte di un vecchio che conosce la vita: solo quando si raggiunge un'armonia fra passione, voluttà, moderazione, ragione, tenerezza, sentimento e abbandono al piacere dei sensi, si trova la vera bellezza, la felicità.

In Ovidio si legge che le piccole ali di Cupido lo possono far volare sopra l’erba ed i fiori mentre quelle più mature e robuste di Anteros possono portare in alto, verso l’amore  sacro.

Venere, il simbolo della bellezza, che è sposa e madre, aiutata dal Piacere e la Castità, saprà cogliere il momento migliore per far volare o l’amor sacro o l’amor profano




EMOJI ED EMOTICONS: SEGNI PER FUNZIONI

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Il lemma «emoticon» è una parola formata dall'accumulazionedei termini inglesi «emotion» e «icon» (in italiano, «emozione» e «icona»), proprio per indicare una piccola immagine che esprime emozioni.

La paternità delle emoticon è da ricondurre all'informatico statunitense Scott Fahlman che usò le emoticon :-) e :-(, per rappresentare rispettivamente una faccina sorridente e una triste, in un documento pubblicato il 19 settembre 1982 su un BBS dell'università Carnegie Mellon, in cui era insegnante.

Scott Fahlman "in posa" con la sua celebre invenzione
Gli emoticon sono segni pittografici.

Il segno grafico detto pittogramma rappresenta l'oggetto visto e non il suono usato per identificarlo (come invece avviene nelle scritture sillabiche, consonantiche ed alfabetiche). In pratica si tenta di riprodurre l'oggetto e non il suono.

Se si disegna un "piede" per indicare la parola "piede", il segno viene definito pittogramma. Si tratta di un'icona del piede, in quanto il significante del segno (il disegno del piede) assomiglia alla realtà (il piede vero e proprio), sia pure in modo stilizzato.

I vari disegni di piedi qui rappresentati, sono il loro pittogramma
Se invece si disegna un "piede" per indicare la parola "camminare", allora il segno viene definito ideogramma dal momento che il significato è un concetto. In tal caso il disegno del piede è un simbolo del concetto di camminare, in quanto il significante (il disegno del piede) non assomiglia al significato di camminare.

Il disegno del piede diventa simbolo del concetto di camminare: un ideogramma

Quindi :-)è icona di una faccia sorridente ma anche simbolo dell'allegria, della serenità, mentre :-(è icona di una faccia triste e simbolo del concetto di tristezza.

Esistono due stili di composizione delle emoticon, quello occidentale e quello giapponese.

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Nello stile occidentale usando i segni di interpunzione si compongono espressioni facciali: ciascuna di esse può essere trasformata mediante rotazione oppure con l'aggiunta o rimozione di un trattino, in rappresentanza del naso. Si possono caricare di ulteriori nuovi significati attraverso l'aggiunta di piccole variazioni, quali il cambiamento di un carattere, così da esprimere un nuovo stato d'animo, :( significa triste e :(( significa molto triste.

Nello stile giapponese gli emoticon sono interpretabili senza dover ruotare la testa. Per esempio come in e_e oppure in (^.^).

Le virgolette ", l'apostrofo ', o il punto e virgola ; possono essere invece aggiunti per suggerire uno stato d'animo teso, preoccupato o imbarazzato.

Lo stile differente degli emoticon giapponesi


Gli emoji sono simili ad emoticon, divenuti popolari in Giappone a fine degli anni 1990. La prima emoji è stata creata tra il 1998 e il 1999 da Shigetaka Kurita.

Shigetaka Kurita, il "padre" degli emoji

L'emoji si differenzia dall'emoticon in quanto la seconda è molto più stilizzata, formata solo da segni di interpunzione, mentre il primo è più "artistico"

Il nome deriva da "e" (immagine),  "mo" (scrittura) e "ji" (carattere).

Gli emoji vengono utilizzate prevalentemente su Internet e negli SMS, per aggiungere componenti extra-verbali alla comunicazione scritta mediante l'utilizzo stilizzato di codici mimetici, relativi alle espressioni facciali.

Ultimamente stanno conoscendo un periodo di enorme popolarità e uso, specialmente da parte del pubblico più giovane, che ne fa un utilizzo sfrenato nella comunicazione interpersonale, al limite dell'abuso.

La collezione 2017 delle emoji Apple

Infatti, pur essendo segni simpatici, carichi di emozionalità, semplici da usare e in grado di arricchire la comunicazione scritta di "pathos",(sono quindifunzioni emotive e metalinguistiche) rischiano loro malgrado di produrre un'involuzione nella capacità di esposizione scritta dei ragazzi, limitando il loro già ridotto bagaglio lessicale e sintattico, inducendoli a comunicare solo con il comodo utilizzo di pittogrammi per esprimere situazioni ed emozioni base, come al tempo di Sumeri ed antichi Egizi.

L'esasperazione di tale modalità di scrittura, come spesso accade nei messaggi inviati dai più giovani, potrebbe ridurre la loro capacità di elaborare frasi complesse che esprimono pensieri elevati.

Il riassunto in emoji de I Miserabili di Victor Hugo
L'abitudine a esprimersi per pittogrammi potrebbe alterare la capacità di pensare oltre a ciò che è rappresentabile visivamente per similitudine, come  le icone. Potrebbe rendere le persone troppo "materialistiche" inibendo le capacità cognitive più elevate, la speculazione, la razionalità.

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In un'iperbole, come si potrebbe descrivere lo struggimento di Ugo Foscolo nel sonetto "Alla Sera" o il pensiero di Umberto Eco riguardo la semiosi illimitata senza adoperare le strutture morfologiche, sintattiche e lessicali di una scrittura fonetica ma solo i pittogrammi?

In pratica l'esagerazione dell'uso dell'emoji, come proposto sempre più spesso dalle grandi case informatiche come la Apple, potrebbe rendere parte della popolazione più giovane incapace di evoluzione spirituale, cognitiva e mentale.

In pratica sarebbe meno capace di pensare in modo autonomo a realtà escatologiche, filosofiche o astratte, quindi meno libera.


HARRY POTTER, I MITEMI E GLI ARCHETIPI

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Ricordate Harry Potter, il giovane mago creato dalla fantasia della Rowling ? Cosa ha reso questo racconto fantastico così affascinante per i più piccoli?

In effetti, al di là della trama accattivante e della poderosa promozione commerciale che ne hanno fatto un evento, la narrazione è costruita su ottime basi comunicative e fa incetta, a piene mani, di stratagemmi efficaci e sempre funzionali, quale ad esempio l'utilizzo dei mitemi e degli archetipi.

Ricordiamo che i mitemi, teorizzati dall'antropologo francese Lévy-Strauss, sono le unità primarie della struttura mitica.

Levy-Strauss e la teoria dei mitemi
Si tratta di elementi caratterizzanti che sono riconoscibili, al di sotto di ogni espressione particolare, in ogni mito.

Sono i più piccoli elementi del mito, brevi relazioni della successione degli eventi nella narrazione.

Le varianti dei miti possono essere ridotte a una struttura base, uno schema immutabile qualunque ne sia la declinazione.

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Un esempio di mitema può essere quello dei "fratelli nemici", che è molto comune.

Alcuni celebri episodi sono il mito della fondazione di Roma (Romolo e Remo),  il mito biblico di Caino e Abele, oppure Giuseppe e i suoi fratelli, Rocco e i suoi fratelli (Rocco e Simone). Eteocle e Polinice fratelli di Antigone, Medea e il fratello Apsirto, Cenerentola e le sorellastre e via dicendo.

In Harry tale mitema è utilizzato per raccontare il rapporto fra le sorelle Lily e Petunia, rispettivamente madre e zia di Harry Potter, o il rapporto fra Harry e Voldemort, che essendo entrambi orfani, hanno trovato in Silente un padre putativo e quindi sono, in senso lato, fratellastri.

Caino e Abele di Filippo Vitale, raccontano il mitema dei "fratelli nemici"
Lévi-Strauss considera il mito come un sistema di comunicazione, che, come una partitura musicale, pur essendo suddiviso in sotto-unità, i mitemi, va colto nella sua totalità se si vuole scoprire il suo significato più profondo. Insomma, a un contenuto manifesto del racconto corrisponde il suo corrispettivo contenuto latente, il significato profondo, la sua struttura.

Gli archetipi, invece, secondo Jung, sono modelli profondi, connaturati nella psiche umana, che hanno un potere immutabile per tutto il periodo dell’esistenza. Nelle teorie junghiane gli archetipi rivestono un ruolo fondamentale.

Jung e la teoria dell'archetipo
Jung li chiama anche immagini originarie. Possiamo definirli anche come una sorta di modello, presente in maniera innata nella psiche umana, che funge da produttore e ordinatore di rappresentazioni. Gli archetipi quindi consentono di tradurre in simbolo, gli avvenimenti che l'umanità vive nello sviluppo della coscienza.

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Le opere d’arte sono una miniera inesauribile di simboli e significati che vanno oltre l'immediata fruizione estetica.


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Immagini reali o virtuali acquistano significati nuovi e condivisi. Gli archetipi lasciano le loro tracce nei miti e nelle favole, si trasmettono ereditariamente e rappresentano una sorta di memoria dell' umanità, sedimentata in un inconscio collettivo , presente in tutti i popoli, senza alcuna distinzione di luogo e di tempo.

Albus Silente è l'archetipo del Mago e del Martire
Cosa di tutto ciò vi è in Harry Potter? Innanzitutto l'uso degli archetipi del Mago e del Martire che si concretizzano in un unico personaggio positivo, ovvero Albus Silente, anziano mago buono e preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

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Silente è un mago. Ricerca in sé e negli altri la completezza, l’accostamento degli opposti, la pienezza della conoscenza e della condivisione. Vuole ottenere per sé la gioia e per gli altri la fede. Teme e odia la superficialità. E’ la figura archetipica più complessa e realizzata.

E' però, inoltre, in questo libro, un martire. E’ alla continua ricerca della bontà, di un mondo giusto, caritatevole. Per ottenerlo è disposto anche al sacrificio personale, ha notevole capacità di rinuncia. Deve combattere il male e per riuscirvi e aiutare Harry Potter a sconfiggere Voldemort decide di sacrificare la propria vita.

Voldemort, simbolo del male, è in senso lato fratellastro di Harry
Ecco quindi l'uso del mitemadell'eroe che si sacrifica per sconfiggere il male: dall'episodio evangelico della passione e morte di Gesù, figlio di Dio, che sconfigge la morte, a Neo, «l’eletto» di The Matrix, che muore e risorge per salvare l’umanità, da Superman che si ritrova a dare la vita per la salvezza del mondo, a Aslan il Leone, re di Narnia, che si sacrifica per salvare uno dei quattro bambini.

Neo è archetipo del Martire e riprende il mitema dell'eroe che si sacrifica per il bene degli altri
Qualunque successo di pubblico ha basi profonde. Questo assioma vale per qualunque testo, dal film capolavoro, al sito web, dalla canzone "tormentone" al best-seller del momento.

Anche quando fa arricciare il naso al critico di turno.

LA FIGURA DEL LUPO NELLA COMUNICAZIONE: DA ESOPO A LUCIO DALLA

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Sul sito web dell'Accademia della Crusca è apparso un interessante articolo relativo alla figura del lupo nel linguaggio e nella comunicazione.

L'espressione "In bocca al lupo" sembra risalire ad un'antica formula di augurio rivolta per antifrasi (figura retorica per cui il significato di una parola o di una frase risulta opposto a quello che assume normalmente.) ai cacciatori, alla quale si soleva rispondere, sempre con lo stesso valore apotropaico "Crepi!" (sottinteso: il lupo).

L'aggettivo apotropaico (dal greco αποτρέπειν, apotrépein = "allontanare") viene solitamente attribuito ad un oggetto o persona atti a scongiurare, allontanare o annullare influssi maligni.

L'augurio, testimonianza della credenza nel valore magico della parola, si sarebbe esteso dal gergo dei cacciatori all'insieme delle situazioni difficili in cui incorre l'uomo;



In pratica si tratta di esorcizzare allegoricamente il male, simbolizzato dal lupo, attraverso un finto augurio di morte che deve essere prontamente annullato dalla risposta adeguata.

Nel contesto letterario ha assunto il carattere di rito che allontana il male, dunque esorcizzante ed è stato impiegato, in forme di volta in volta differenti, in molte occasioni. Basti ricordare il celebre "Al lupo! Al lupo!" di Esopo, La Fontaine, il Roman de Renart o il Lupo di Gubbio dei Fioretti di S. Francesco. Di questa visione paurosa del lupo permangono tracce in numerose lingue europee sotto forma di modi di dire e proverbi.

La paura atavica del lupo si ritrova oggi nella medesima espressione, ma usate simbolicamente per descrivere il nostro quotidiano, in tono allarmistico o sarcastico.

E allora, come cantava Lucio Dalla, "Attenti al lupo!"


ACTA DIURNA E OTTO E MEZZO: ANALISI DELLA COMUNICAZIONE GIORNALISTICA IN TV

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Dopo l'articolo dedicato ad Agorà, della Rai, continua con un'altra puntata la rubrica "Acta Diurna" in cui si indaga con analisi della comunicazione, sui programmi di informazione, per scoprire, grazie all'utilizzo di una griglia analitica, quindi in modo scientifico e non partigiano, quali elementi e meccanismi inconsci di persuasione o di influenza della percezione del pubblico di telespettatori sono presenti nelle più note trasmissioni di approfondimento giornalistico.

Stavolta la lente di Polisemantica si posa sulla puntata del 10/11/2018 di Otto e mezzo sabato, il programma di approfondimento quotidiano condotto da Lilli Gruber, con ospiti in studio ed il punto di Paolo Pagliaro.



  • SCENOGRAFIA 

Simboli, categorie eidetiche, cromatiche e codici prossemici


Importante è la sigla iniziale, con un vortice (che invia idea di cambiamento, movimento) all'interno del quale appaiono video con varie scene, fra le quali:

  • baci d'amore fra uomini vestiti da cerimonia, simbolo delle unioni civili omosessuali e dei diritti LGBT;
  • aule universitarie, simbolo della cultura; 
  • giovane musulmana riconoscibile da fazzoletto in testa, simbolo di tolleranza religiosa; 
  • mano con pelle di colore nero che scrive, sineddoche di un individuo di colore e simbolo dell'integrazione dei migranti; 
  • tempio greco, simbolo di cultura che ha antiche radici e simbolo di patrimonio artistico; 
  • ragazze in libreria, simbolo di cultura giovanile; 
  • palcoscenico, simbolo di cultura musicale; 
  • astronauta, simbolo di modernità e di amore per l'avventura e la scoperta, di superamento dei confini;
  • tubatura, simbolo delle capacità ingegneristiche umane; 
  • red carpet, simbolo del cinema; 
  • persone in bicicletta, simbolo di ecosostenibilità; 
  • concerto rock, simbolo di intrattenimento; 
  • bandiere arcobaleno e statua di antico condottiero romano, simbolo del nuovo che avanza e che plasma e modifiche le antiche tradizioni, il modo millenario di intendere la realtà. Si tratta, in questo ultimo caso di un'antitesi che cerca la sintesi in un ossimoro, che potrebbe essere espresso con" tradizione contemporanea".


Tale sigla è un manifesto di quanto la trasmissione intende veicolare, un elenco per accumulazione dei suoi valori fondanti, dei suoi progetti per la società e della sua visione politica, presente e futura.

Il concetto di "cultura" torna più volte, non solo nella sigla, ma anche nella trasmissione. Per esempio all'inizio della puntata, quando alle spalle della Gruber appare l'immagine dei libri, in megaschermo, che sono quelli dell'ospite.

La Politologa ha infatti alle sue spalle una catasta impilata di libri e lo schermo del suo computer è acceso e mostra la home page della università di Bologna (Alma Mater), per simboleggiare sia il fatto che l'ospite è docente in tale università, aumentando il suo prestigio e l'autorevolezza delle sue prossime considerazioni, sia, ancora una volta, simboleggiando la cultura che, si vuole fare intendere ai telespettatori, è il "pane quotidiano" in questo programma giornalistico di approfondimento.

La puntata si svolge in uno studio perfettamente circolare (pedana, scrivania), che secondo le categorie eidetiche invia un messaggio inconscio di élite, di privilegio, di chiusura, di circolo della cultura, del pensiero e delle arti a cui non tutti sono invitati e al quale al massimo si può avere il privilegio di assistere, oltre che di parità tra coloro che vi siedono.

Il colore predominante in studio è il giallo ocra, che è colore che manda inconsci messaggi che evocano l'idea di cambiamento ed è anche colore di brand de la7. Nelle altre puntate quotidiane è usato il blu, colore della autorevolezza (e dell'Unione Europea)



  • DINAMICHE PRESENTI IN STUDIO

Soggetti, aiutanti, opponenti

Oltre alla conduttrice Lilli Gruber, sono presenti in studio o in collegamento, tre altri ospiti, la prof. Sofia Ventura, Politologa; Tommaso Cerno, senatore del Partito Democratico e giornalista; Filippo Ceccarelli, giornalista e saggista.

Il soggetto è Lilli Gruber, il cui scopo dichiarato è quello di cercare la verità nascosta nella foto in cui appare Salvini a torso nudo con la Isoardi in accappatoio, che genera la trasmissione e il conseguente dibattito.

I tre ospiti svolgono però tutti il ruolo dell'aiutante. Manca un opponente, quindi non c'è contraddittorio e nemmeno coinvolgimento effettivo, né da parte degli ospiti, né da parte del pubblico (lo si evince dai commenti su You Tube).

Si cerca di generarlo artificialmente attraverso disquisizioni particolaristiche e accademiche che vedono non perfettamente d'accordo i tre invitati che comunque, fondamentalmente, essendo tutti "aiutanti" della Gruber senza alcun "opponente", sono concordemente critici riguardo la comunicazione politica odierna e fra le righe esprimono commenti che certo non li fanno apparire come filogovernativi.

Quindi la trasmissione non è un dibattito, che prevede posizioni non allineate, ma semplicemente un copione in cui ciascuno recita a soggetto la sua parte, ma, come nel Teatro dell'Arte, conoscendo le "maschere" si prevedono i contenuti che saranno espressi o perlomeno lo spirito di essi.

Questa mancanza del ruolo dell'opponente rende in effetti la trasmissione un po'"spenta" e prevedibile, non particolarmente accattivante se non per i teorici e gli esperti di comunicazione visiva interessati (eventualmente) a sviscerare i significati reconditi di una foto che non parrebbe altro che gossip.



  • CODICI PARALINGUISTICI

Tono e volume di voce, velocità di dizione, sovrapposizioni, codici mimetici, gestuali e prossemici.

Vi è spesso una tripartizione dello schermo, in cui chi parla al centro e gli altri due ospiti sono ripresi per mostrare codici mimetici, che indicano al telespettatore la loro condivisione o meno delle parole di chi espone la sua tesi in quel particolare momento. In questa trasmissione, infatti, l'attenzione ai codici mimeticiè alta.

Vi è grande uso di codici mimetici fra ospiti per esprimere disappunto o contrarietà o non condivisione dei pensieri espressi da altri, ma in questa puntata, ben poche sovrapposizioni di voce e interruzioni..

La conduttrice infatti molto raramente interrompe l'ospite (anche perché non ne ha bisogno, essendo priva di "opponenti") e lo fa solo quando gli ospiti si interrompono tra loro. Solo al minuto 3,17 la Gruber parla sopra e interrompe la Prof. per mostrare la foto in analisi. Riaccade, sempre con la Ventura in collegamento, quando la prof paragona la vicenda di Salvini con altra simile accaduta ai Kennedy.

Interessante notare che quando la Ventura dice che la scelta di rendere pubblica questa foto da parte della Isoardi è stata adolescenziale e poco rispettosa, mostrando a tutto il mondo il ministro nudo nel suo letto, nella versione online su Youtube, al min. 4,07 è evidente che siano stati tagliati degli spezzoni che interrompono il suo pensiero e le sue esternazioni per intero, che quindi non ci è dato conoscere.

Da notare i codici gestuali della conduttrice che forma con il corpo linee diagonali ascendenti, che danno inconscia idea di dinamismo, di crescita.

Il fatto che è seduta in punta di sedia, invia un'idea di movimento, di tensione e, usando i codici dell'abbigliamento, con tacchi altissimi, riesce a generare l'idea di femminilità aggressiva, su cui ha costruito il suo personaggio televisivo, ma anche, secondo le categorie eidetiche, di forza, di leadership.

La Gruber, grande e navigata professionista, conosce e usa un gran numero di codici paralinguistici per influenzare la percezione del pubblico e orientarne il pensiero o almeno il "sentiment".

Non da meno sono i codici mimetici"indossati" dalla conduttrice come una maschera di eterno scetticismo, misto a curiosità, impertinenza, dominio dello spazio e della conversazione, pur senza (quasi) mai spingere su volume di voce o su tecniche della sovrapposizione.

Il curatore e voce narrante del servizio video che fa "il punto" della situazione, ha un tono di voce che per similitudine si avvicina ai codici mimetici della Gruber: esprime sarcasmo, cinismo, disillusione conditi da una lucida osservazione della realtà che però, giornalisticamente parlando, pecca per essere non neutrale.



  • CONTAMINAZIONE DI GENERI

Presenza o meno di contaminazione, quindi di infotainment

Iniziamo a dire che la puntata si intitola "Salvini - Isoardi, politica o amore", con una analisi delle motivazioni e conseguenze di una foto di Salvini con la Isoardi, prima del loro addio.  L'argomento è quindi, di per sé, molto poco di cultura, di politica, di approfondimento, quanto piuttosto di gossip, quindi spettacolare.

Durante la puntata si parla in modo negativo e quasi sprezzante del problema di contaminazione di generi nella politica dove si mischiano pubblico e privato, politica e spettacolo, informazione e intrattenimento e ciò è paradossale se detto in una trasmissione di infoteinment come è in effetti Otto e mezzo, dove soprattutto in questa puntata, si mescolano i vari generi.

Nonostante ciò, la conduttrice ci tiene a precisare che questo è un "programma serio", quando si espone con una excusatio non petita (e quindi accusatio manifesta potrebbe sussurrare qualcuno) al minuto 36,07 e parla di Otto e mezzo come di una trasmissione seria e non di gossip.

Poi, al minuto 31,05 ,  assistiamo a una sua autoassoluzione per cui, per scoprire la verità "ci tocca frugare nella vita provata dei politici".




  • USO FIGURE RETORICHE

Metafore, similitudini, allegorie per rendere più efficace la veicolazione del proprio messaggio.

Viene fatto spesso uso di figure retoriche per rendere più accattivante la trattazione dell'argomento e per veicolare meglio i messaggi che si vuol far introiettare al pubblico.

Per esempio vi è la prosopopea "sua maestà il gossip", citata dalla Gruber;

Abbiamo l'ossimoro"privato sofisticato" in 27,11, detto dalla politologa e ripreso da Gruber che lo accosta per similitudine al concetto di manipolazione.

La foto viene mostrata con il commento della Gruber "il riposo del guerriero", una metafora che vorrebbe irridere ma che inconsapevolmente rivela la natura archetipica del ministro Salvini, così come percepita dagli elettori.

"La ruota gira in fretta"è la metafora tratta dal servizio sul libro Ceccarelli, figura ripresa in studio da Gruber al minuto 33,26, in cui si ipotizza una consumazione veloce e quindi una implicita prossima (e, visti i preamboli, sospettiamo, auspicata dalla conduttrice e dai suoi ospiti) caduta del governo.

I "triumviri"è l'antonomasia per definire Salvini, Di Maio e Renzi (anche se effettivamente Renzi, non avendo vinto le elezioni, ha al momento ben poco potere nel governo del Paese, ma pare che questo sia un particolare irrilevante per la Gruber e per Ceccarelli).

Dal punto di vista stilistico assistiamo a una continua variatio nelle inquadrature sul monitor occupato da uno, due o tre ospiti.

Tutti gli ospiti criticano non tanto i politici al governo, ma tutti gli esponenti del potere della Terza Repubblica, notando come ci sia stato un climax discendente nella manifestazione pubblica dei detentori del potere che ora mischiano vita pubblica e vita privata, in uno spettacolo continuo, mentre gli uomini della Prima Repubblica "non avevano corpo" con una metafora che esprime che essi apparivano solo come funzioni, come ruoli, come uomini pubblici, portatori di un'idea e non di un vissuto privato, senza un'identità privata da mostrare, con le sue intimità.

Al minuto 28,17 Ceccarelli fa una allusione alla presenza di spin doctor nella comunicazione di Salvini, per spiegarne l'efficacia. Poi, usando un climax unito a una allitterazione, spiega che nella politica della Prima Repubblica avevamo i "retroscena" della vita dei politici, per passare nella Seconda Repubblica alla "messa in scena" e culminare nella "scena oscena" della Terza Repubblica, in cui privato e pubblico, politica e spettacolo si mescolano.

Ceccarelli è definito dal senatore PD (con una analogia con Petronio, l'arbiter elegantiarum di imperiale memoria), "maestro di costume italiano", per sottolinearne la sua competenza a esprimere pareri.

In tutta la puntata non si raccontano fatti, ma si esprimono opinioni personali, più o meno supportate dalla scienza della comunicazione, che però vengono sempre fatte passare per analisi scientifiche e non di parte.

Si tratta di una forma di, se non manipolazione, almeno di persuasione e orientamento percettivo, molto raffinata.



  • USO DI MESSAGGI SUBLIMINALI

Inferenze, impliciti, presupposizioni

Nella presentazione del libro di Filippo Ceccarelli intitolato INVANO, il potere in Italia da De Gasperi a questi qua, si fa già intendere chiaramente che Ceccarelli è estremamente critico con gli ultimi moderni governanti (li definisce questi qua, espressione gergale che connota poco rispetto), associando Renzi, Di Maio e Salvini, accomunati dall'uso dei social.

Interessante al min. 27,41 il commento della Gruber, relativo al fatto che "per noi giornalisti che ricerchiamo la verità" e che abbiamo innumerevoli informazioni e strumenti, poi è molto difficile  combattere le manipolazioni e scovare la verità... In questa ulteriore excusatio non petita, si nasconde un'implicazione di appartenenza al novero dei giornalisti "duri e puri", incorruttibili, orripilati dalle fake news e a servizio della Verità e del Pubblico.

Si intende quindi inviare al pubblico a casa il messaggio che nella redazione di Otto e Mezzo tutti lavorano a servizio esclusivo della libertà di opinione, slegati da qualunque pastoia o vincolo politico, obbedienti solo e unicamente alla propria coscienza e alla deontologia professionale.




  • USO DI MAXISCHERMI METATESTUALI

Interventi ospiti da esterni, sovradimensionati e quindi iperbolici. Si sottolinea la bontà o l'inanità delle opinioni degli ospiti inquadrando i maxischermi per catturare spesso le loro espressioni facciali o i gesti.

Due megaschermi "incombono" sulle figure della conduttrice e degli ospiti, ingigantendo, in positivo o, se serve, in negativo, la percezione delle opinioni espresse dagli ospiti collegati in studio da remoto.



  • CONCLUSIONE


Sono innegabili la professionalità di lungo corso della conduttrice e degli autori della trasmissione. Conoscono e usano con grande capacità e in modo raffinato molti trucchi comunicativi per ottenere il risultato che perseguono.

Il problema risiede nel fatto che, pur essendo una trasmissione di approfondimento, la puntata è troppo contaminata da altri generi, diventando a tutti gli effetti infotainment e nel fatto che in studio, per dirla con una metafora, la conduttrice "se la canta e se la suona" senza alcun contraddittorio e senza inserire il ruolo dell'opponente, per rendere le puntate più coinvolgenti e dinamiche.

Quindi, più che di approfondimento di fatti, l'analisi evidenzia che che Otto e Mezzo sia un punto di ritrovo di opinionisti, un talk show giornalistico in cui ci si trovi tutti più o meno d'accordo su un dato argomento, con lo scopo di fare una trasmissione e il sovrascopo di indirizzare la pubblica opinione.

LA NUOVA RAI IN CINQUE DOMANDE: CRISTIANO PUGLISI

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Nuova puntata di "5 domande",  la serie di interviste a intellettuali, giornalisti, comunicatori e pensatori sul futuro della Rai, sulla sua importanza nella vita sociale e politica e sulla sua influenza sulla percezione della realtà da parte del pubblico di telespettatori.

Oggi risponde alle 5 domande Cristiano Puglisi, giornalista che ha scritto per diversi siti e testate, locali e nazionali, tra cui "Libero", "Il Giornale Off", "Barbadillo.it" e "L'Intellettuale Dissidente".

Cura il blog Il Ghibellino che appare su Il Giornale.it.




Cosa promette la Rai che sta nascendo? Si tratta davvero di un cambiamento o stiamo assistendo a una riproposizione, come da gattopardesca memoria, del "che tutto cambi affinché tutto rimanga così com'è" ?

Penso sia presto per fare delle valutazioni ma i nomi indicati per la direzione dei telegiornali delle tre reti storiche sembrano una svolta epocale rispetto alle logiche volgarmente spartitorie viste fino a oggi.

Soprattutto mi ha favorevolmente sorpreso il nome di Gennaro Sangiuliano. Un giornalista e uno scrittore intellettualmente onesto, di quell'onestà intellettuale che può segnare un solco con l'imbarazzante storytelling visto per anni sulle reti RAI, ad esempio sul conflitto in Siria, sui rapporti con la Federazione Russa, su Trump, sui migranti, sull'economia...

Certo, un direttore, così come un consigliere d'amministrazione o un presidente, non può cambiare tutto da solo e quindi bisognerà capire quanto in profondità potranno incidere su un apparato collaudato per dirigersi nella direzione opposta. La RAI fa pienamente parte di quello che potremmo definire il deep state italiano.



L'intrattenimento e le fiction rischiano di alterare la percezione della realtà nel Pubblico o è sufficiente agire sulla veridicità e il pluralismo dell'Informazione, gestendo in modo obiettivo i telegiornali?

Qui torniamo al discorso sul deep state. No, i telegiornali non bastano e comunque l'obiettività piena è un'utopia. La cultura è politica e viceversa. Quindi la produzione culturale è anche, se non soprattutto, espressione di una volontà politica.

Del resto, già nella Seconda Guerra Mondiale, quando gli alleati sbarcarono in Italia, tra le prime cose che fecero ci fu quella di organizzare lo Psycological Warfare Branch, operazione che aveva lo scopo di orientare l'opinione pubblica attraverso i mezzi di informazione e la produzione cinematografica.

Fu lo PWB a portare in Italia il cinema statunitense, a promuovere il culto dell'American way of life.



L'aspetto culturale, intendendo con questo termine la divulgazione di sapere relativo all'Arte, alla Storia, alla Letteratura, potrebbe incidere sulla percezione della realtà da parte del Pubblico?

Poniamo un caso specifico. Se io fossi un anticlericale convinto e dovessi realizzare per la RAI uno speciale sulla Riforma Protestante, magari dipingerei Lutero come un salvatore del cristianesimo, cercando di far passare invece il cattolicesimo romano come un postribolo di corruzione morale e materiale. A quel punto influenzerei il mio pubblico ad avere un'opinione positiva del protestantesimo?

Forse non quello che già si è fatto un'opinione nel merito, quello informato, cultore della materia, che potrà decidere con sguardo critico. Ma, quello semplicemente curioso, composto da persone che non hanno sufficienti informazioni al riguardo, cioè la maggior parte, certamente ne sarà influenzato.

Sulla sua capacità di giudizio inciderà ovviamente l'autorevolezza del medium. E, attenzione, non parlo soltanto del cosiddetto “pubblico di massa”. Si immagini un dirigente di una multinazionale, che la sera torna a casa stanco, provato da una giornata di riunioni e telefonate, perennemente connesso. Quanto tempo avrà per informarsi su un tema di quel tipo? Poco o nullo.

E' chiaro che sarà allora maggiormente ricettivo rispetto alle fonti più tradizionali, come la televisione. Ecco, con i programmi di intrattenimento culturale accade esattamente questo. Solo un occhio allenato può accorgersene, ma a quel punto è abbastanza evidente quando questo si verifica. E si verifica nella maggior parte dei casi, anche quelli più insospettabili.



Basterà rinnovare i contenuti o occorrerà ripensare il "modus agendi" dei conduttori e presentatori? In altri termini, è possibile influenzare i telespettatori, oltre che con fake news anche con tono di voce, mimica facciale, uso di sinonimi con differente connotazione semantica e altri trucchi del genere?

Gli studi sulla PNL hanno dimostrato da tempo come sia possibile influenzare i propri interlocutori con il modo di parlare. Qui entrano in gioco anche l'esperienza e la malizia del conduttore.

Poniamo un altro caso concreto. Immaginiamo che io debba condurre una trasmissione economica e abbia come ospite un economista alternativo alla vulgata corrente, che io invece condivido (o che mi è stato imposto di condividere..). Probabilmente cercherei di metterlo in difficoltà psicologicamente con il mio atteggiamento, ma anche di farlo apparire come un folle, un visionario. Come? Semplice, potrei invitare differenti ospiti di diversa estrazione politica, ma concordi nel contrastare la linea economica del mio ospite. Nuovamente lo spettatore “influenzabile”, in questo caso privo cioè di nozioni economiche, sarebbe portato a credere che la posizione dell'economista sia assurda, se addirittura politici tra loro avversari concorrono a denigrarlo.

Bene, ciò che ho descritto è quello che puntualmente avviene da anni, quando in qualche trasmissione si presentano economisti contrari alla vulgata neoliberista... Fondamentale poi è il ruolo svolto dalle cosiddetta neo-lingua in quella che è chiamatala finestra di Overton, cioè il meccanismo con cui un'idea considerata tabù viene progressivamente fatta diventare opinione comune. Facciamo un esempio per assurdo.

Se da domani si facesse circolare nei principali salotti televisivi la notizia che ci sono studi che dimostrano come i rapporti sessuali tra adulti e minori non debbano essere repressi, supportati da una serie di evidenze scientifiche o pseudo tali e, contemporaneamente, si iniziasse a sostituire un termine ormai percepito come intrinsecamente negativo come “pedofili”, con una nuova definizione politicamente corretta, come, poniamo caso, “diversamente amatori”, e questo fenomeno venisse così descritto su tutti i principali quotidiani, le radio, i telegiornali a spron battuto, questo potrebbe influenzare il pubblico ad avere un atteggiamento meno repulsivo nei confronti della pedofilia? Non voglio dare una risposta, la lascio al senso critico di chi leggerà questa intervista...



Che impronta darebbe alla Rai se fosse lei a poter decidere in modo autonomo?

La RAI ha avuto responsabilità enormi nella riduzione di senso critico degli italiani. Senso critico che è fortunatamente stato risvegliato dal web, grazie a una serie di coraggiose iniziative “contro corrente” che hanno avuto fortunatamente successo.

Ecco, credo che se avessi il privilegio di un simile potere, di cui oggi non credo possa disporre neppure il presidente della RAI stessa, cercherei di dare maggiore spazio a queste voci critiche, fuori dal coro, sotto l'aspetto dei contenuti e, sotto l'aspetto tecnico, mi piacerebbe rendere la produzione più interattiva e meno cattedratica, più social insomma.

Ma non credo che gli attuali vertici RAI abbiano idee molto difformi da queste.
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